RASSEGNA DELLA SEZIONE TRIBUTARIA DELLA CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA 6 NOVEMBRE 2013, N. 24916 TRIBUTI IN GENERALE - CONTENZIOSO TRIBUTARIO DISCIPLINA POSTERIORE ALLA RIFORMA TRIBUTARIA DEL 1972 - PROCEDIMENTO - IN GENERE. Atti impugnabili - Elencazione di cui all’art. 19 del D.Lgs. 546/1992 - Tassatività - Facoltà di impugnare ulteriori tipologie di atti - Ammissibilità - Limiti - Diniego di revoca di un’istanza di rimborso IVA infrannuale - Impugnabilità - Fondamento. Il diniego di revoca di un’istanza di rimborso IVA infrannuale, incidendo immediatamente sul rapporto tributario afferente il debito IVA relativo al corrispondente anno di imposta e rifluendo sul disconoscimento del diritto del contribuente di portarne l’eccedenza in detrazione nelle liquidazioni periodiche successive, ovvero di esercitare, in alternativa, la compensazione prevista dall’art. 17 del D.Lgs. 241/1997, è suscettibile di impugnazione, riferendosi la tassatività dell’elencazione di cui all’art. 19 del D.Lgs. 546/1992, non a singoli provvedimenti nominativamente individuati, ma all’indicazione di categorie di atti considerati in relazione agli effetti giuridici da quelli prodotti, sicché l’ambito oggettivo del suo primo comma, lett. g , non può circoscriversi alla mera negazione del diritto di credito vantato dal contribuente, ma deve coerentemente ricomprendere anche le modalità di attuazione di tale credito nel rapporto tributario. Sul principio generale, si richiama Cass. Sez. 5, Sentenza 17010/2012 in tema di contenzioso tributario, l’elencazione degli atti impugnabili contenuta nell’art. 19 del D.Lgs. 546/1992 ha natura tassativa, ma non preclude la facoltà di impugnare anche altri atti, ove con gli stessi l’Amministrazione porti a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria, esplicitandone le ragioni fattuali e giuridiche, siccome è possibile un’interpretazione estensiva delle disposizioni in materia in ossequio alle norme costituzionali di tutela del contribuente artt. 24 e 53 Cost. e di buon andamento dell’amministrazione art. 97 Cost. , ed in considerazione dell’allargamento della giurisdizione tributaria operato con la legge 448/2001. Ne consegue che il contribuente ha la facoltà, non l’onere di impugnare il diniego del Direttore Regionale delle Entrate di disapplicazione di norme antielusive ex art. 37 bis, comma 8, del Dpr 600/1973, atteso che lo stesso non è atto rientrante nelle tipologie elencate dall’art. 19 del D.Lgs. 546/1992, ma provvedimento con cui l’Amministrazione porta a conoscenza del contribuente, pur senza efficacia vincolante per questi, il proprio convincimento in ordine ad un determinato rapporto tributario . SEZIONE QUINTA 24 LUGLIO 2013, N. 17953 TRIBUTI IN GENERALE - NORME TRIBUTARIE – RETROATTIVITÀ. Principio di non retroattività delle leggi tributarie ex art. 3 della legge 212/2000 Statuto del contribuente - Applicabilità alle leggi anteriormente vigenti - Esclusione - Fattispecie. TRIBUTI ERARIALI DIRETTI - ACCERTAMENTO DELLE IMPOSTE SUI REDDITI TRIBUTI POSTERIORI ALLA RIFORMA DEL 1972 - ACCERTAMENTI E CONTROLLI - POTERI DEGLI UFFICI DELLE IMPOSTE - RICHIESTE DI DATI, NOTIZIE, DOCUMENTI. Dati risultanti da conti correnti del contribuente - Utilizzazione - Divieto di doppia presunzione - Configurabilità - Esclusione – Ragioni. - In tema di efficacia nel tempo delle norme tributarie, le disposizioni della legge 212/2000 lo Statuto del contribuente , non hanno efficacia retroattiva, in base al principio di cui all’art. 11 disp. prel. cc, ad eccezione di quelle costituenti attuazione degli artt. 3, 23, 53 e 97 Cost., in quanto espressione di principi costituzionali vigenti. Ne consegue che anche l’art. 3 della medesima legge, che ha codificato il principio di irretroattività nella materia fiscale, non trova applicazione con riferimento alle leggi anteriormente vigenti. Fattispecie relativa alla tassazione dei proventi derivanti da attività illecita . - Il divieto di doppia presunzione cd. praesumptio de praesumpto” attiene esclusivamente alla correlazione di una presunzione semplice con altra presunzione semplice, ma non con altra presunzione legale e, dunque, non ricorre nel caso in cui l’Ufficio finanziario procede all’accertamento fiscale sulla base di proventi desumibili dalle indagini su conti correnti bancari compiute dalla Guardia di Finanza, dovendosi presumere, in assenza di prove contrarie e posto l’accertamento del reato di usura, nel proprio contenuto fattuale, nonostante il proscioglimento penale, imputati i relativi elementi a ricavi diretti dell’attività del contribuente. - In senso conforme, Cass. Sez. 5, Sentenza 9913/2008 in tema di efficacia nel tempo delle norme tributarie, le disposizioni della legge 212/2000 cosiddetto Statuto del contribuente , non hanno efficacia retroattiva, in base al principio di cui all’art. 11 delle disposizioni sulla legge in generale, ad eccezione delle norme che costituiscono attuazione degli artt. 3, 23, 53 e 97 della Costituzione, in quanto espressione di principi costituzionali vigenti. Pertanto, anche l’art. 3 della medesima legge, che ha codificato il principio di irretroattività nella materia fiscale, non trova applicazione con riferimento alle leggi anteriormente vigenti. In base a tale principio, la S.C. ha rigettato il motivo di impugnazione di una sentenza della Commissione Tributaria Centrale - che aveva applicato retroattivamente l’art. 14, quarto comma, della legge 537/1993, in tema di tassazione dei proventi derivanti da attività illecita - sul presupposto che, dopo l’approvazione della legge 212/2000, sarebbe stata abrogata l’efficacia retroattiva di tutte le norme tributarie promulgate precedentemente, in forza degli artt. 1, comma 2, e 3, commi 1 e 2, della stessa legge . - Si vedano, i Cass. Sez. 5, Sentenza 27032/2007 in tema di accertamento delle imposte, l’art. 32 n. 7 del Dpr 600/1973 e l’art. 51 del Dpr 633/1972 autorizzano l’Ufficio finanziario a procedere all’accertamento fiscale anche attraverso indagini su conti correnti bancari formalmente intestati a terzi, ma che si ha motivo di ritenere connessi ed inerenti al reddito del contribuente, acquisendo dati, notizie e documenti di carattere specifico relativi a tali conti, sulla base di elementi indiziari tra i quali può assumere rilievo decisivo la mancata risposta del contribuente alla richiesta di chiarimenti rivoltagli dall’Ufficio in ordine ai medesimi conti, e senza che l’utilizzabilità dei dati dagli stessi risultanti trovi ostacolo nel divieto di doppia presunzione, attenendo quest’ultimo alla correlazione tra una presunzione semplice ed un’altra presunzione semplice, e non già al rapporto con una presunzione legale, quale è quella che ricorre nella fattispecie in esame. ii Cass. Sez. 5, Sentenza 374/2009 in tema di infedeltà della dichiarazione IVA, derivante dall’omessa annotazione di operazioni imponibili ed omessa fatturazione, l’art. 54, secondo comma, del Dpr 633/1972 consente di procedere all’accertamento anche mediante il controllo di dati e notizie raccolti nei modi indicati dal precedente art. 51, incluse, quindi, le indagini bancarie, previste dal n. 7 di tale norma, le quali possono riguardare anche conti e depositi intestati a terzi, inclusi i familiari del socio nella specie la moglie , quando l’ufficio abbia motivo di ritenere, in base agli elementi indiziari raccolti, che gli stessi siano stati utilizzati per occultare operazioni commerciali, ovvero per imbastire una vera e propria gestione extra-contabile, a scopo di evasione fiscale. In questi casi, la presunzione di operazioni commerciali non registrate, discendente dalla riscontrata movimentazione di somme su conti formalmente intestati a terzi, non è qualificabile come inammissibile presunzione di doppio grado, poiché è l’art. 51, secondo comma, n. 2 , del Dpr 633 cit., a prevedere che i singoli dati ed elementi risultanti dall’indagine bancaria debbono essere posti a base delle rettifiche e degli accertamenti, se il contribuente non dimostra che ne ha tenuto conto nelle dichiarazioni o che non si riferiscono ad operazioni imponibili.