NOVITA’ FISCALI TRA SENTENZE E PRASSI

Mediazione sì o mediazione no? Almeno sul fronte tributario, però, la situazione sembra ben definita esemplare il ‘Protocollo d’intesa’ – con cui apriamo l’aggiornamento fiscale del week-end – tra Agenzia delle Entrate e Consiglio nazionale forense. Obiettivo è la diffusione del nuovo istituto, e, poi, il raggiungimento di soluzioni rapide nei rapporti tra Fisco e contribuenti. Rapporti sempre complessi, come testimoniano, anche questa volta, le diverse pronunce provenienti rispettivamente dalle Commissioni tributarie e dalla Corte di Cassazione, che ‘spulciamo’ per trovare gli spunti più interessanti Partiamo proprio dalle Commissioni tributarie, segnalando, tra i temi ‘caldi’ facoltà dell’Agenzia di produrre nuovi documenti invio della dichiarazione per raccomandata nullità della notifica. Su quest’ultimo punto, in particolare, i giudici chiariscono che non è ammissibile la notifica effettuata nelle mani della persona che si qualifica come amica del contribuente. Range ancora più ampio dalla Cassazione. Sul tavolo, tra l’altro niente accertamento per riscuotere l’imposta di registro impossibile addebitare la bancarotta all’amministratore senza delega ‘peso’ della sede effettiva per il fallimento. E una citazione a parte merita, senza dubbio, la pronuncia 18604 della Cassazione, con cui i giudici hanno stabilito che il possesso di un’automobile di grossa cilindrata può costituire un elemento ‘strano’ rispetto alla condizione reddituale del contribuente, legittimando l’accertamento del Fisco. Per chiudere, infine, spazio anche a una pronunzia del Tar Veneto in materia di imposta di soggiorno. Mediazione tributaria. Siglata l’intesa tra Entrate e Consiglio Nazionale Forense Con una nota congiunta l’Agenzia delle Entrate e il Consiglio Nazionale Forense hanno comunicato la stipula del Protocollo di intesa sul tema della mediazione tributaria. Obiettivo primario dell’accordo, come dichiarato in apertura del documento, è la diffusione della conoscenza e delle potenzialità del nuovo istituto della mediazione diretto al raggiungimento di soluzioni rapide, condivise, legittime e trasparenti nel rapporto Fisco-contribuenti. Ricordiamo che per le controversie di valore non superiore a 20mila euro la proposizione del ricorso alla Commissione tributaria deve essere preceduta dalla presentazione di un’istanza di reclamo-mediazione all’Agenzia delle Entrate. Infatti, al fine di prevenire le liti minori”, che possono essere risolte senza ricorrere al giudice, il Dl n. 98/2011 ha introdotto il nuovo istituto del reclamo-mediazione, che garantisce al contribuente tempi brevi e certi per ottenere una risposta dell’Agenzia e, in caso di accordo, sanzioni ridotte al 40%. La mancata presentazione dell’istanza di reclamo-mediazione è causa di inammissibilità del ricorso alla Commissione tributaria. Non serve l’accertamento per riscuotere l’imposta di registro Cassazione n. 19126 del 6 novembre 2012 Nessun obbligo di emissione dell’avviso di accertamento quando si tratta di riscuotere l’imposta di registro. Nel caso di compravendita di un immobile senza rendita catastale è quindi sufficiente il solo avviso di liquidazione. A stabilirlo la Cassazione con l’ordinanza n. 19126/12. Richiamando infatti una precedente sentenza n. 10192/03 , i giudici della Suprema Corte specificano come In tema di imposta, di registro e nel caso in cui il contribuente che abbia acquistato un immobile privo di rendita catastale dichiari di volersi avvalere - ai sensi dell’art. 12 del D.L. 14 marzo 1988, n. 70, convertito in legge n, 154 del 1988 - del criterio di valutazione automatica, con il conseguente atto di liquidazione l’Ufficio si limita ad operare sulla base dell’assegnazione della rendita da parte dell’UTE il quale non esercita alcun potere di accertamento, ma svolge un’attività d’informazione, frutto di un semplice calcolo matematico. Ne consegue che, in tal caso l’Ufficio deve riscuotere la maggiore imposta con avviso di liquidazione, senza obbligo di emettere avviso di accertamento, in assenza di alcuna rettifica ”. Non c’è bancarotta senza delega Cassazione n. 42519 del 2 novembre 2012 All’amministratore senza delega non può essere imputata la bancarotta. Questa, in estrema sintesi, la conclusione della lunga ed articolata sentenza della Cassazione chiamata a pronunciarsi in merito alla liquidazione coatta amministrativa di un istituto bancario. In particolare, specificano i giudici della Suprema Corte, compito primario di questi membri del Board non è quello della vigilanza bensì di valutazione dell’andamento generale della gestione. Non spetta quindi loro, ribadiscono i giudici, percepire segnali di allarme” in assenza di adeguata informativa da parte dei membri invece preposti a tale funzione nella fattispecie Presidente e Amministratore Delegato . Per la Cassazione, in particolare, La posizione di garanzia e l’obbligo di intervento dei consigliere non operativo postulano dunque, ai fini di un’affermazione di responsabilità a norma del combinato disposto dell’art. 40 cod. pen. e art, 2392 cod. civ., la rappresentazione dell’evento nella sua portata illecita e la volontaria omissione nell’impedirlo, per cui è responsabile colui che abbia avuto la rappresentazione del fatto pregiudizievole, quantomeno sotto il profilo eventuale, accettandone il rischio. D’altro canto la rappresentazione eventuale dell’evento e l’accettazione del rischio deve risultare, al di là ed anche in contrasto con le informazioni date dall’amministratore e/o dagli amministratori operanti, da segnali perspicui, peculiari nonché anomali ”. Sospetta” l’auto di grossa cilindrata Cassazione n. 18604 del 29 ottobre 2012 Onere a carico del contribuente provare come riesca a mantenere diverse auto di grossa cilindrata e, quindi, legittimo l’accertamento emesso dal Fisco se ritiene che i redditi dichiarati non siano idonei al tenore di vita dello stesso. Secondo consolidata giurisprudenza, ancora una volta i giudici della Suprema Corte confermano come in tema di accertamento delle imposte sui redditi, la determinazione del reddito effettuata sulla base dell’applicazione del cosiddetto redditometro” dispensa l’Amministrazione Finanziaria da qualunque ulteriore prova rispetto ai fatti-indici di maggiore capacità contributiva, individuati dal reddito metro stesso e posti a base della pretesa tributaria fatta valere, e pone a carico dei contribuente l’onere di dimostrare che il reddito presunto sulla base del reddito metro non esiste o esiste in misura inferiore”. Sarebbe spettato dunque alla parie contribuente fornire la prova contraria rispetto alla presunzione stabilita ex lege ”. Confisca uguale all’imposta evasa Cassazione n. 41494 del 24 ottobre 2012 Deve esserci corrispondenza tra il valore dei beni e dei conti correnti sequestrati al contribuente e l’imposta evasa accertata con le indagini della Guardia di Finanza. Annullando quindi l’atto di confisca emesso dal GIP, la Cassazione ha stabilito che Secondo la giurisprudenza più recente di questa Corte il Tribunale del riesame deve adeguatamente apprezzare il valore dei beni sequestrati in rapporto all’importo del credito che giustifica l’adozione del sequestro finalizzato alla confisca per equivalente art. 322-ter c.p. al fine di evitare che la misura cautelare si riveli eccessiva nei confronti del destinatario Cass. pen. Sez. III n. 17465 del 22.3.2012 . Sicché va annullato con rinvio il provvedimento del Tribunale del riesame che non contenga alcuna valutazione sul valore dei beni sequestrati, necessaria al fine di verificare il rispetto del principio di proporzionalità tra il credito garantito ed il patrimonio assoggettato a vincolo cautelare, non essendo consentito differire l’adempimento estimatorio alla fase esecutiva della confisca” Cass. pen. sez. III n. 41731 del 7.10.2010 ”. Per il fallimento vale la sede effettiva Cassazione n. 14676 del 28 agosto 2012 Chiamata a pronunciarsi relativamente alla competenza in ordine a varie istanze di fallimento, la Cassazione ha ribadito che la competenza territoriale per la dichiarazione di fallimento spetti al giudice del luogo in cui l’impresa debitrice ha la sede effettiva, ove cioè si trova il suo centro direttivo, ancorché essa sia diversa dalla sede legale, ossia quella ufficialmente dichiarata, pur dovendosi presumere, fino a prova contraria, la coincidenza della sede legale con la sede effettiva ”. In particolare, nella causa in corso il carattere fittizio della sede della società è dimostrato da un verbale di pignoramento negativo ove viene dato atto che quello indicato è semplicemente un recapito presso uno studio legale e che la società in quel luogo non ha alcunché. Il concordato non preclude la bancarotta Cassazione n. 33230 del 23 agosto 2012 Il manager non sfugge alle sanzioni penali della bancarotta impropria anche se precedentemente i giudici avevano ammesso l’azienda nella fattispecie una fondazione al concordato preventivo. In particolare, spiegano i giudici della Cassazione, la riforma ha provveduto all’eliminazione, nell’articolo 160 L.F., dei requisiti di meritevolezza per l’ammissione alla procedura, nonché all’esclusione di qualsiasi sindacato giudiziale sul merito della proposta di concordato preventivo, la cui omologazione, ai sensi del nuovo articolo 180 L.F., avviene ora per decreto sulla base della mera verifica del raggiungimento delle maggioranze prescritte nell’adunanza dei creditori e della regolarità formale della procedura seguita non v’è dubbio che la riforma si sia mossa nella direzione dell’esaltazione del profilo negoziale dell’accordo intervenuto tra l’imprenditore e i suoi creditori e del contestuale ridimensionamento degli aspetti processuali dell’istituto ”. Infine concludono affermando che Da ultimo va ricordato che la L.F., articolo 236, il cui comma 2, n. 1, estende, in caso di concordato preventivo agli amministratori, direttori generali, sindaci e liquidatori di società le incriminazioni di cui ai precedenti articoli 223 e 224, relativi ai reati propri dei medesimi soggetti, non ha subito, per quanto qui interessa, modifica alcuna. La lettura del R.D. 16 marzo 1942, n. 267, articolo 236, comma 2, n. 1, chiarisce che nel caso di concordato preventivo, si applicano le disposizioni degli articoli 223 e 224 della stessa legge agli amministratori, direttori generali, sindaci e liquidatori di società”. Norma che, quindi, rende applicabili le disposizioni sulla bancarotta impropria, quella commessa, cioè, dagli amministratori di società, alla ipotesi di concordato preventivo avendo parificato, quanto agli effetti penali, il decreto di ammissione al concordato preventivo alla sentenza dichiarativa di fallimento ”. Fisco ammesso con riserva Cassazione n. 14617 del 23 agosto 2012 La lite pendente sulla formazione del ruolo non esclude l’iscrizione del credito del Fisco al passivo fallimentare. Ma l’iscrizione deve avvenire con riserva. Questo, in sintesi, quanto stabilito dalla Cassazione. Richiamando il disposto dell’art. 88 DPR n. 602/1973, poi sostituito dal DLGS n. 546/1992, i giudici della Suprema Corte hanno così sentenziato che 1. Se sulle somme iscritte a ruolo sorgono contestazioni, il credito è ammesso al passivo con riserva, anche nel caso in cui la domanda di ammissione sia presentata in via tardiva a norma dell’articolo 101 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267. 2. Nel fallimento, la riserva è sciolta dal giudice delegato con decreto, su istanza del curatore o del concessionario, quando è inutilmente decorso il termine prescritto per la proposizione della controversia davanti al giudice competente, ovvero quando il giudizio è stato definito con decisione irrevocabile o risulta altrimenti estinto ”. Ravvedimento perfezionato solo con il pagamento integrale Cassazione n. 14298 dell’8 agosto 2012 Il contribuente deve versare interamente imposte, sanzioni e interessi perché il ravvedimento operoso si possa considerare perfezionato. A stabilirlo l’ordinanza 14298 della Cassazione ove stabilisce che dovendosi il ravvedimento operoso realizzarsi con l’integrale pagamento della sanzione ridotta e degli interessi art. 13 del DLgs. n. 472/1997 ed essendo pacifico che ciò non è avvenuto, non si vede come l’applicazione dei principi invocati dalla parte contribuente avrebbe potuto inficiare la corretta attuazione della disciplina di legge, imponendo il perfezionamento di una fattispecie non perfezionatasi. La norma invocata dalla parte contribuente appare in sostanza del tutto ultronea ed in conferente rispetto alla fattispecie qui in esame. Non resta che concludere che il ricorso può essere deciso in camera di consiglio per manifesta infondatezza ”. N on assoggettabilità TARSU e inidoneità a produrre rifiuti? La prova spetta al contribuente Cassazione n. 11351 del 6 luglio 2012 La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso di un contribuente che sosteneva la non soggettività TARSU di propri locali adibiti a uso autorimessa perché inidonei a produrre rifiuti, poiché il presupposto della tassa di smaltimento dei rifiuti ordinari solidi urbani, secondo il D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, art. 62, è l’occupazione o la detenzione di locali ed aree scoperte a qualsiasi uso adibiti l’esenzione dalla tassazione di una parte delle aree utilizzate perché ivi si producono rifiuti speciali, come pure l’esclusione di parti di aree perché inidonee alla produzione di rifiuti, sono subordinate all’adeguata delimitazione di tali spazi ed alla presentazione di documentazione idonea a dimostrare le condizioni dell’esclusione o dell’esenzione”. L’onere di provare la non assoggettabilità TARSU dell’area in questione incombe al contribuente. Nuovi documenti non significa nuove prove CTR Palermo n. 66/34/12 del 15 maggio 2012 Rigettando il ricorso presentato dall’Agenzia delle Entrate, i giudici della CTR siciliana hanno stabilito che la facoltà di produrre nuovi documenti prevista in via generale dall’art. 58 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, non può essere esercitata in contrasto con l’art. 57 il quale, escludendo l’introduzione di eccezioni e tematiche nuove, non consente l’ampliamento della materia del contendere neppure attraverso la produzione di documenti. Ne discende che la stessa deve ritenersi ammessa soltanto a supporto di pretese e considerazioni già svolte e non anche qualora determini,come nel caso che ci occupa, la necessità di ulteriori contestazioni e deduzioni. In altre parole l’Ente impositore è tenuto a provare il suo assunto nel primo grado del giudizio potendo in appello soltanto integrare quanto avvenuto in primo grado ”. Valido l’invio della dichiarazione per raccomandata CTR Firenze n. 55/8/12 del 4 maggio 2012 Rigettando il ricorso presentato dall’Agenzia delle Entrate, già soccombente in primo grado, la CTR fiorentina ha così stabilito che non appare fondata nel merito la pretesa dell’Amministrazione finanziaria di non riconoscimento del credito Iva per l’omissione, secondo l’Amministrazione, dell’invio della dichiarazione per l’anno 1999 ove era esposto il credito, inviata per posta come la società ricorrente ha dimostrato mediante deposito delle ricevute delle raccomandate e non mediante consegna ad una banca ovvero ad un ufficio postale come previsto dall’articolo 3 DPR n. 322/1998, per l’invio telematico. In proposito, non si possono non condividere le considerazioni della sentenza impugnata, la quale ha rilevato che l’invio mediante raccomandata non vale come omissione assoluta, quando invece l’articolo 1 DP.R n. 322/1998. limita la sanzione della nullità dell’invio a talune ipotesi da ritenere necessariamente tassative, tra le quali non è previsto omesso invio telematico ”. Nulla la notifica nelle mani dell’amica CTR Firenze n. 54/8/12 del 4 maggio 2012 Sì alla notifica effettuata direttamente nelle mani di familiari o addetti all’abitazione. No a quella effettuata nelle mani che semplicemente si qualifica come amica” del contribuente. A stabilirlo il giudici della CTR fiorentina nella sentenza dello scorso 4 maggio. Si legge così nelle motivazioni come l’articolo 139 c.p.c., graduando le persone alle quali l’atto da notificare può essere consegnato presso la residenza del destinatario, indica le persone di famiglia, addette alla casa, all’ufficio o all’azienda, e in secondo luogo il portiere ed il vicino di casa che accetti di ricevere l’atto. In altri termini L’indicazione nella relazione di notificazione, da parte dell’ufficiale giudiziario, delle generalità e della qualità della persona cui la copia è consegnata, è richiesta dall’art. 148 c.p.comma quale elemento necessario per verificare la sussistenza di quel rapporto familiare o professionale tra destinatario dell’atto e consegnatario sul quale l’art. 139 c.p.comma pone l’affidamento che l’atto stesso sarà portato a conoscenza del primo. Tale esigenza, invece, non ricorre nella diversa ipotesi in cui il soggetto trovato sul posto rifiuti - sempre che non si tratti dello stesso destinatario - di ricevere la copia, configurandosi in tale ipotesi una situazione sostanzialmente conforme a quella della irreperibilità delle persone legittimate alla ricezione.” Cassazione civile , sez. III, 31 marzo 2010, n. 7809 . Non è dunque previsto che tra le possibili relazioni tra la persona che riceve l’atto il destinatario della notificazione, che sia anche una mera relazione di amicizia, la quale non è apparsa al legislatore, elemento di collegamento sufficiente per assicurare che l’atto pervenga al destinatario, seppure l’amicizia fosse riferibile ad un convivente o ad un vicino, condizioni queste che nella relazione di notificazione non vengono indicate ”. V alida la dichiarazione di valore esterna all’atto introduttivo CTP massa carrara n. 239/1/12 del 12 giugno 2012 In mancanza della dichiarazione del valore della causa di cui al comma 3-bis dell’art. 14, il processo si presume del valore indicato al comma 6-quater, lettera f , vale a dire di valore superiore a € 200.000, con il conseguente versamento del contributo unificato pari a € 1.500,00. Tuttavia, seppure l’art. 14, comma 3-bis D.P.R. 115 del 30 giugno 2002 faccia espresso riferimento alla dichiarazione resa nelle conclusioni dell’atto introduttivo, deve considerarsi valida la dichiarazione di valore del procedimento resa al di fuori dell’atto introduttivo, purché la medesima sia antecedente all’iscrizione a ruolo della causa e sia sottoscritta dal difensore. Conseguentemente, l’effetto penalizzante per il contribuente della presunzione di valore di cui al comma 6-quater lett. f TU. Deve intendersi riferito soltanto alle ipotesi in cui non venga presentata, sia pure successivamente all’atto introduttivo, alcuna dichiarazione sul valore della controversia CTP Massa Carrara sent. n. 239_1 del 12 giugno 2012 . Paga l’imposta la cabina delle fototessere CTP Reggio Emilia n. 70/4/12 del 12 giugno 2012 La cabina delle fototessere è cosa ben distinta dalla sede secondaria della società. Ne consegue che sono assoggettati all’imposta comunale per la pubblicità i messaggi sopra affissi. A stabilirlo la CTP reggiana che respinge il ricorso presentato dalla società e avverso all’avviso di accertamento per il mancato versamento della predetta imposta. Per i giudici, in particolare, possono essere considerate insegne di esercizio quelle insistenti sul negozio-deposito-ufficio sito in via La pretesa di considerare strutture volte al rilascio di biglietti da visita o fototessera come sedi dell’azienda pare a questo Collegio una forzatura non condivisibile. Le cabine, come peraltro identificate da parte ricorrente sul proprio sito internet in un lungo elenco, non possono essere in alcun modo essere considerate sedi secondarie, filiali o similari anche perché non risultano in alcun modo inserite nella visura camerale in cui le sedi secondarie, comunque intese, devono essere indicate ”. Imposta di soggiorno. Nessuna responsabilità per gli albergatori TAR Veneto n. 1165 del 21 agosto 2012 Accogliendo parzialmente il ricorso di alcuni albergatori della città lagunare, il TAR del Veneto ha sentenziato l’illegittimità dell’utilizzo delle espressioni responsabile degli obblighi tributari” e di responsabile della riscossione” perché si richiamano alla figura del sostituto d’imposta” o del responsabile d’imposta” di cui all’art. 64 del DPR 29 settembre 1973, n. 600, che individuano quanti sono tenuti al pagamento dell’imposta in luogo di altri o insieme ad altri, e lamentano altresì che tale formulazione rende incerta ed indeterminata l’esatta individuazione degli obblighi che gravano sui gestori e conseguentemente le responsabilità che sugli stessi incombono in caso di mancato pagamento dell’imposta da parte del cliente della struttura ”. A cura di d.t.