RASSEGNA DELLA SEZIONE TRIBUTARIA DELLA CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA 6 LUGLIO 2012, N. 11352 TRIBUTI IN GENERALE - CONTENZIOSO TRIBUTARIO DISCIPLINA POSTERIORE ALLA RIFORMA TRIBUTARIA DEL 1972 - PROCEDIMENTO - IN GENERE. Esecuzione delle sentenze delle commissioni tributarie - Giudizio di ottemperanza - Ordinanza di chiusura del procedimento - Natura meramente ordinatoria - Possibilità di incidere sulla precedente sentenza - Esclusione - Sostanziale revisione di quanto statuito nella sentenza - Ricorribilità ex art. 111 Cost. - Ammissibilità . Nel processo tributario di ottemperanza, l’ordinanza emessa ai sensi dell’art. 70, comma 8, del D.Lgs. 546/1992 è un provvedimento a carattere meramente ordinatorio, che si limita a dichiarare chiuso il procedimento, una volta preso atto dell’avvenuta esecuzione di provvedimenti emessi con la sentenza che ha precedentemente pronunciato sull’istanza di ottemperanza, a norma dell’art. 70, comma 7, del medesimo D.Lgs., e di quelli eventualmente adottati dal commissario ad acta” . Ne consegue che tale ordinanza non può incidere in alcun modo sulla sentenza posta in esecuzione, e, ove ciò accada, operandosi una sostanziale revisione di quanto statuito con la sentenza, avverso la stessa è ammissibile il ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 111 Cost. Sul giudizio di ottemperanza in ambito tributario a Sez. 5, Sentenza 3435/2005 in tema di giudizio di ottemperanza agli obblighi derivanti dalle sentenze delle commissioni tributarie passate in giudicato, avverso l’ordinanza - prevista dall’art. 70, comma 8, del D.Lgs. 546/1992 - con la quale la commissione tributaria adita dichiara chiuso il procedimento è proponibile ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 111 Cost., qualora tale provvedimento abbia un contenuto decisorio nella fattispecie, la Suprema Corte ha riconosciuto detto contenuto all’ordinanza con la quale la commissione tributaria, pur utilizzando la formula impropria della presa d’atto”, aveva espresso un giudizio di conformità, in relazione alla liquidazione degli interessi, tra il dispositivo della sentenza da eseguire e la sua esecuzione . b Sez. 5, Sentenza 24196/2006 in tema di contenzioso tributario, il provvedimento con il quale, nel giudizio di ottemperanza, la commissione tributaria adotta i provvedimenti indispensabili per l’ottemperanza in luogo dell’Ufficio che li ha omessi e nomina un commissario ad acta”, al quale fissa un termine per i necessari provvedimenti attuativi, determinando il compenso a lui spettante, ha natura sostanziale di sentenza, tale essendo espressamente qualificato anche dall’art. 70, comma settimo, del D.Lgs. 546/1992, e non può quindi essere successivamente modificato dal giudice che lo ha emesso, indipendentemente dalla qualificazione in concreto attribuitagli da quest’ultimo . SEZIONE QUINTA 28 GIUGNO 2012, N. 10807 TRIBUTI IN GENERALE - IN GENERE. Elusione fiscale - Abuso del diritto - Nozione - Fondamento - Applicazione - Fattispecie in tema di trattamento fiscale degli immobili. In materia tributaria, l’abuso del diritto, nel cui ambito rientrano quelle pratiche che, pur formalmente rispettose del diritto interno o comunitario, siano mirate principalmente ad ottenere benefici fiscali contrastanti con la ratio” delle norme che introducono il tributo, è nozione che, trovando il suo fondamento nell’art. 53 Cost., si applica anche al trattamento fiscale degli immobili. In applicazione di questo principio, la S.C. ha ritenuto costituire un’ipotesi di abuso del diritto a fini fiscali la costruzione di vani di altezza minima tra pavimento e soffitto inferiore di soli 10 centimetri rispetto a quella prevista dalle disposizioni del regolamento edilizio comunale, e quindi assentibile ai fini del’abitabilità, in assenza di qualunque valida ragione . Sull’abuso del diritto a Sez. 5, Sentenza 4737/2010 in materia tributaria, il divieto di abuso del diritto si traduce in un principio generale antielusivo applicabile anche ai tributi non armonizzati e, quindi, alle imposte sui redditi , il quale preclude al contribuente il conseguimento di vantaggi fiscali ottenuti mediante l’uso distorto, pur se non contrastante con alcuna specifica disposizione, di strumenti giuridici idonei ad ottenere un’agevolazione o un risparmio d’imposta, in difetto di ragioni economicamente apprezzabili che giustifichino l’operazione, diverse dalla mera aspettativa di quei benefici. Esso comporta il disconoscimento degli effetti abusivi di negozi posti in essere al solo scopo di eludere l’applicazione di norme fiscali e la conseguente inopponibilità di essi all’Amministrazione finanziaria, per ogni profilo di indebito vantaggio tributario che il contribuente pretenda di far discendere dall’operazione elusiva, anche se esso sia diverso da quelli tipici eventualmente presi in considerazione da specifiche norme antielusive entrate in vigore in epoca successiva al compimento dell’operazione. In applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto inopponibili all’Amministrazione finanziaria i contratti, tra loro coordinati, attraverso i quali una società sportiva, nell’ingaggiare un atleta, aveva pattuito per le prestazioni di quest’ultimo un compenso, del quale una parte costituiva oggetto del contratto ufficialmente stipulato con l’atleta, un’altra costituiva oggetto di un contratto simulato di sfruttamento di immagine stipulato con una società cessionaria dei diritti di immagine medesimi . b Sez. 5, Sentenza 20029/2010 in materia tributaria, integra gli estremi del comportamento abusivo quell’operazione economica che, tenuto conto sia della volontà delle parti implicate, che del contesto fattuale e giuridico, ponga quale elemento predominante ed assorbente della transazione lo scopo di ottenere vantaggi fiscali, con la conseguenza che il divieto di comportamenti abusivi non vale ove quelle operazioni possano spiegarsi altrimenti che con il mero conseguimento di risparmi di imposta. La prova sia del disegno elusivo sia delle modalità di manipolazione e di alterazione degli schemi negoziali classici, considerati come irragionevoli in una normale logica di mercato e perseguiti solo per pervenire a quel risultato fiscale, incombe sull’Amministrazione finanziaria, mentre grava sul contribuente l’onere di allegare la esistenza di ragioni economiche alternative o concorrenti che giustifichino operazioni in quel modo strutturate. Fattispecie in cui l’Ufficio aveva contestato alla società contribuente di aver simulato la conclusione di contratti di soccida con diversi allevatori per eludere le limitazioni imposte dalla normativa comunitaria in tema di quote latte” e la S.C., pur condividendo il rilievo della deviazione dallo schema tradizionale dalla soccida, quale contratto associativo agrario, non ha ritenuto configurabile l’ abuso del diritto” in quanto non era stato provato dall’ufficio il vantaggio fiscale che sarebbe derivato alla società accertata dalla manipolazione degli schemi contrattuali classici . c Sez. 5, Sentenza 2178/2011 in materia tributaria, il divieto di abuso del diritto si traduce in un principio generale antielusivo, il quale preclude al contribuente il conseguimento di vantaggi fiscali ottenuti mediante l’uso distorto, pur se non contrastante con alcuna specifica disposizione, di strumenti giuridici idonei ad ottenere un’agevolazione o un risparmio d’imposta, in difetto di ragioni economicamente apprezzabili che giustifichino l’operazione, diverse dalla mera aspettativa di quei benefici. Nella specie, la S.C. ha ritenuto costituisse abuso del diritto l’assunzione, da parte di una società in perdita e senza dipendenti, nell’anno precedente alla fusione, di un dipendente con il ruolo di amministratore delegato, senza che ricorressero ragioni economiche che la giustificavano, essendo la stessa finalizzata ad integrare uno dei presupposti, previsti dal comma 5 dell’art. 123 Dpr 917/1986 - nel testo anteriore ala riforma di cui al D.Lgs. 344/2003 - per poter beneficiare della riportabilità delle perdite secondo cui le spese per lavoro dipendente debbono essere superiori al 40%, rispetto alla media degli ultimi due esercizi anteriori .