NOVITA’ FISCALI TRA SENTENZE E PRASSI

Dichiarazioni dei redditi emendabili, sì, ma solo entro certi limiti Perché se in gioco è una manifestazione di autonomia del contribuente, allora l’extrema ratio del rimedio viene meno. A chiarirlo è la Cassazione, da cui partiamo, questa volta, per le ‘pillole fiscali’ del week-end. A corredo ulteriori pronunce di rilievo, con in ballo, tra l’altro inammissibilità del ricorso dell’Agenzia delle Entrate contro una società cancellata cartella annullata ma Equitalia comunque ammessa al passivo impugnabilità degli avvisi bonari legittimo affidamento del contribuente imponibilità delle spese rintracciate nel conto corrente contribuente sanzionabile anche se la circolare è incerta induttivo extracontabile ‘peso’ della sede dell’agente della riscossione per il deposito del ricorso. Fronte altrettanto interessante, quello delle Commissioni tributarie. Di rilievo, anche in questo caso, il range delle tematiche affrontate riscossione unica per i tributi locali ruolo mai contestato e impugnabilità della stampa ricevuta allo sportello inesistenza della cartella notificata per posta documenti prodotti in ritardo e onere probatorio a carico del contribuente per provare l’impossibilità dell’adempimento. Per chiudere, infine, passaggio dedicato allo ‘spesometro’ sanzione ridotta per l’invio in ritardo. Spesometro. Sanzione ridotta per il ritardo dell’invio Solo” 32 euro da versare con F24 cod. 8911 entro il 30 maggio, conservandone poi copia per eventuali successive contestazioni. Questa la sanzione dovuta per chi ha effettuato in ritardo l’invio dello spesometro, la cui scadenza era fissata al 30 aprile scorso. La notizia è riportata dal quotidiano ItaliaOggi e richiama espressamente la circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 24/E del 30 maggio 2011 che espressamente indica come Scaduti i termini di presentazione della comunicazione, il contribuente che intende rettificare o integrare la stessa può presentare, entro l’ultimo giorno del mese successivo alla scadenza del termine per la presentazione della comunicazione originaria, una nuova comunicazione, senza che ciò dia luogo ad applicazione di alcuna sanzione. È consentito, quindi, inviare file integralmente sostitutivi dei precedenti, sempre riferiti al medesimo anno, non oltre trenta giorni dalla scadenza del termine previsto per la trasmissione annuale dei dati. Scaduto il suddetto termine, si rende applicabile, qualora sussistano le condizioni previste dall’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, l’istituto del ravvedimento operoso ”. Società cancellata, ricorso inammissibile Cassazione n. 7327 del 12 maggio 2012 Inammissibile il ricorso per Cassazione proposto dall’Agenzia delle Entrate nei confronti di una società nel frattempo cancellata dal registro delle imprese e quindi, a tutti gli effetti, estinta. Per la Suprema Corte, quindi, l’unica azione esperibile era quella nei confronti di soci, amministratori e liquidatori ove ricorrano le condizioni di cui all’art. 36 del DPR 602/73. In particolare, si legge nella sentenza, Con riguardo ai crediti per imposta sul reddito delle persone giuridiche i cui presupposti si siano verificati a carico della società, è riconosciuta all’amministrazione finanziaria dall’art. 36 d.p.r. 602/73 applicabile alle sole imposte sui redditi ex art. 19 d.lgs. 46/1999 azione di responsabilità nei confronti del liquidatore, nel caso in cui egli abbia esaurito le disponibilità della liquidazione senza provvedere al loro pagamento. Si tratta di azione esercitabile alla duplice condizione che i ruoli in cui siano iscritti i tributi della società possano essere posti in riscossione e che sia acquisita legale certezza che i medesimi non siano stati soddisfatti con le attività della liquidazione medesima cfr. SS.UU. 2820/1985 comma 2768/1989, 9688/1995, 8685/2002 . Il carattere proprio di tale obbligazione, che deriva dall’inosservanza da parte del liquidatore di uno specifico obbligo di legge su lui gravante, comporta, inoltre, che una tale responsabilità possa essere invocata dall’amministrazione finanziaria solo una volta realizzatesi le suddette due condizioni, nell’ordinario termine decennale di prescrizione. Essa, infatti, non è di per sé equiparabile all’obbligazione derivante dalla responsabilità verso i creditori art. 2394 e 2456 c.c., ora 2495 c.c. , né qualificabile come coobbligazione nei debiti tributari Cfr. SS.UU. 2079/1989 . Essa è, invece, riconducibile alle norme degli artt. 1176 e 1218 c.comma comma 12546/ 2001 , con onere per l’Amministrazione di provare d’avere iscritto i relativi crediti quantomeno in ruoli provvisori, dei quali poter pretendere il pagamento in via sussidiaria nei confronti del liquidatore comma 10508/2008 ”. Impugnabili gli avvisi bonari Cassazione n. 7344 dell’11 maggio 2012 Gli avvisi bonari possono essere impugnati in quanto contenenti una pretesa impositiva compiuta e, di conseguenza, L’elencazione degli atti impugnabili davanti al giudice tributario, di cui all’art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992, non esclude l’impugnabilità di atti non compresi in tale novero ma contenenti la manifestazione di una compiuta e definita pretesa Tributaria Cass. 8.10.2007, n. 21045 ”. In particolare, prosegue la Cassazione, il ricorso è sempre possibile contro gli atti emessi dall’ente impositore che, con l’esplicazione delle concrete ragioni fattuali e giuridiche che la sorreggono, porti comunque a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa Tributaria, senza necessità di attendere che la stessa, ove non sia raggiunto lo scopo dello spontaneo adempimento cui è naturaliter preordinato, si vesta della forma autoritativa propria di uno degli atti dichiarati espressamente impugnabili dall’art. 19 cit. atteso l’indubbio sorgere in capo al contribuente destinatario, già al momento della ricezione di quella notizia, dell’interesse art. 100 c.p.c. a chiarire, con pronuncia idonea ad acquistare effetti non più modificabili, la sua posizione in ordine alla stessa e, quindi, ad invocare una tutela giurisdizionale ormai, allo stato, esclusiva del giudice tributario comunque di controllo della legittimità sostanziale della pretesa impositiva e/o dei connessi accessori vantati dall’ente pubblico Cass., SS.UU., 27.3.2007 n. 7388 ”. Rimborso iva salvo anche senza mancata attivazione della procedura di variazione Cassazione n. 7330 dell’11 maggio 2012 La mancata attivazione della procedura di variazione dell’IVA non viola il diritto al rimborso del contribuente. A stabilirlo la Cassazione ove, richiamando consolidata giurisprudenza, afferma che in tema di IVA, nella ipotesi in cui l’imposta pagata sia stata calcolata, per ignoranza o falsa conoscenza delle norme applicabili, sulla base di un’aliquota superiore a quella effettivamente dovuta, l’art. 26 del d.P.R. n. 633 del 1972 va interpretato nel senso che la mancata attivazione della speciale procedura di variazione dell’imposta e dell’imponibile ivi prevista fa venir meno solo il diritto a recuperare il credito mediante detrazione, ma non preclude la possibilità di ottenere il rimborso della maggiore imposta, indebitamente versata, poiché il ricorso a tale procedura rappresenta una modalità di recupero dell’indebito rimessa alla libera scelta del contribuente, che potrebbe pertanto optare, del tutto legittimamente, per l’azione generale di rimborso prevista dalle norme sul contenzioso già art. 16 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, ora art. 21 del d.lgs. n. 546 del 1992 Cass. nn. 5427 del 2000, 2274 e 3306 del 2004, 4416 e 5094 del 2005, 9437 del 2006 ”. Dichiarazione dei redditi. Emendabili solo gli errori, non la volontà espressa Cassazione n. 7294 dell’11 maggio 2012 La Cassazione pone dei limiti all’emendabilità delle dichiarazioni dei redditi. Se agli errori commessi è quindi possibile sempre porvi rimedio, ben diversa è la situazione quando l’errore riguarda una manifestazione di autonomia negoziale del soggetto ”. In particolare, si legge nelle motivazioni della sentenza, L’affermazione di una generale ed automatica emendabilità degli errori commessi dal contribuente nella redazione della dichiarazione, tuttavia, non può ritenersi estesa alla dichiarazione dei redditi tout court”, ma deve correttamente circoscriversi alla indicazione di quei dati, relativi alla quantificazione delle poste reddituali positive o negative, che integrino errori tipicamente materiali ad esempio, errori di calcolo od anche errata liquidazione degli importi , ovvero anche formali concernenti la esatta individuazione della voce del modello da compilare nella quale collocare la posta , rimanendo a tali ipotesi estranea la concreta fattispecie in esame in cui come riconosciuto peraltro dalla stessa società ricorrente il contribuente, con la stessa dichiarazione, viene ad esercitare una facoltà di opzione riconosciutagli dalla norma tributaria art. 102 TUIR nel testo vigente ratione temporis” , potendo, alternativamente, scegliere liberamente o di portare in diminuzione dal reddito dichiarato le perdite maturate nel precedente quinquennio , oppure di riportare nelle dichiarazioni relative ai successivi anni di imposta le perdite verificatesi non anteriormente al quadriennio non utilizzate per la compensazione. Tale opzione integra esercizio di un potere discrezionale di scelta nell’ an” e nel quando” riconducibile ad una tipica manifestazione di autonomia negoziale del soggetto che è diretta ad incidere sulla obbligazione tributaria e sul conseguente effetto vincolante di assoggettamento alla imposta, e dunque eventuali errori della volontà espressa dal contribuente assumono rilevanza soltanto ove sussistano i requisiti di essenzialità e riconoscibilità ex art. 1428 c.c., norma che trova applicazione, ai sensi dell’art. 1324 c.c., anche agli atti negoziali unilaterali diretti ad un destinatario determinato cfr. Corte Cass. III sez. 1.10.1993 n. 9777. In termini, con riferimento alla opzione prevista dall’art. 36 bis del Dpr n. 633/72 per avvalersi del regime di dispensa dagli obblighi di fatturazione e registrazione relativi ad operazioni esenti, esercitata mediante la dichiarazione annuale IVA cfr. Corte Cass. I sez. 27.3.1997 n. 2732 id. I sez. 19.9.1997 n. 9310 id. I sez. 5.11.1998 n. 11102 ”. Confisca dei conti dell’imprenditore. ok nel caso di omesso versamento iva Cassazione n. 17485 del 10 maggio 2012 È legittimo il sequestro del conto corrente dell’imprenditore, precedente e disgiunto dal sequestro del patrimonio sociale, nel caso di omesso versamento dell’IVA. Rigettando il ricorso presentato dall’imprenditore, la Cassazione ha accolto la linea della Procura e confermato la tesi per cui l’onere della preventiva escussione del patrimonio societario non sussiste nel corso del procedimento penale, in quanto l’organo procedente all’accertamento del fatto reato può aggredire, ai fini della successiva confisca, qualsiasi bene riconducibile al responsabile persona fisica delle condotte contestate Cass. 27/1/2011, n. 7138 . Infatti nessuna norma impone di perseguire il patrimonio della persona giuridica, beneficiaria dell’utile determinato dal reato, prima di aggredire il soggetto concorrente nel reato stesso. In proposito, nei rapporti tra la persona fisica, alla quale è addebitato il reato, e la persona giuridica, chiamata a risponderne, non può che valere lo stesso principio applicabile a più concorrenti nel reato stesso, secondo il quale a ciascun concorrente devono imputarsi le conseguenze di esso Cass. 27/1/2011, n. 7178 . Sul punto questa Corte ha ritenuto che è legittimo il sequestro preventivo, funzionale alla confisca, ex art. 322 ter. cod. pen., eseguito in danno di un concorrente del reato, ex art. 316 bis cod. pen. per l’intero importo relativo al prezzo o profitto dello stesso reato, nonostante le somme illecite siano state incamerate, in tutto o in parte da altri coindagati, in quanto, da un lato, il principio solidaristico, che informa la disciplina del concorso di persone nel reato, implica la imputazione della intera azione delittuosa e dell’effetto conseguente in capo a ciascun concorrente e comporta solidarietà nella pena dall’altro, la confisca per equivalente riveste preminente carattere sanzionatorio e può interessare ciascuno dei concorrenti, anche per la intera entità del prezzo o profitto accertato, salvo l’eventuale riparto tra i medesimi concorrenti, che costituisce fatto interno a questi ultimi e che non ha alcun rilievo penale” Cass. n. 10810/2010 Cass. 9/11/2006, n. 38803 Cass. 16/1/2004, n. 15445 ”. Evasione fiscale. Non rileva la natura della documentazione Cassazione n. 16011 del 27 aprile 2012 È punibile per frode fiscale chi, utilizzando documenti materialmente o ideologicamente falsi, detrae indebitamente dall’imposta finale le spese sanitarie. Con la sentenza in oggetto la Cassazione punta quindi il dito nei confronti del valore probatorio attribuito alle fatture o agli altri documenti contabili. In particolare, si legge in un passo della sentenza, È dunque indifferente la distinzione sottolineata invece dal Tribunale tra falsità materiale e falsità ideologica mutuata dagli artt. 476 e ss. c.p., la quale serve ad inquadrare le possibili ipotesi di falsificazione di atti da parte del pubblico ufficiale o del privato in apposite fattispecie criminose. Come già ritenuto da questa Corte in fattispecie analoghe, le fatture o altri documenti per operazioni totalmente inesistenti di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 1, sia sotto il profilo oggettivo che soggettivo, vanno ricomprese tranne rari casi nella nozione di falso materiale piuttosto che in quella di falso ideologico, sulla base della distinzione figurante nel codice penale di rito infatti l’emissione di fatture per operazioni inesistenti non si distingue sui piano logico e fattuale dalla formazione da parte del pubblico ufficiale di un atto falso art. 476 c p. o di una scrittura privata falsa da parte del privato art. 485 c.p. ”. Contribuente sanzionabile anche se la circolare è incerta Cassazione n. 6259 del 20 aprile 2012 Non evita la sanzione il contribuente che non riesce a decodificare la circolare dell’Agenzia. Solo l’incertezza oggettiva, infatti, è ragione di esenzione dalla responsabilità. Per la Cassazione, si legge nella sentenza, per la giurisprudenza di questa Corte, l’incertezza normativa oggettiva, che costituisce causa di esenzione del contribuente dalla responsabilità amministrativa tributaria art. 10, c.3, st. contribuente art. 8 procomma trib. , postula una condizione d’inevitabile incertezza sul contenuto, sull’oggetto e sui destinatari della norma tributaria, ovverosia l’insicurezza ed equivocità del risultato conseguito attraverso il procedimento d’interpretazione normativa comma 24670/07 , e deve ritenersi sussistente quando la disciplina normativa, della cui applicazione si tratta, si articoli in una pluralità di prescrizioni, il cui coordinamento appaia concettualmente difficoltoso per l’equivocità del loro contenuto, derivante da elementi positivi di confusione, gravando sul contribuente l’onere di allegare la ricorrenza di siffatti elementi di confusione comma 22890/06 e 22252/11 . 18. Peraltro, l’insicurezza ed equivocità del risultato conseguito attraverso il procedimento d’interpretazione normativa, deve essere riferibile non già ad un generico contribuente, o a quei contribuenti che per la loro perizia professionale siano capaci d’interpretazione normativa qualificata studiosi, professionisti legali, operatori giuridici di elevato livello professionale , e tanto meno all’Ufficio finanziario, ma al giudice, unico soggetto dell’ordinamento cui è attribuito il potere-dovere di accertare la ragionevolezza di una determinata interpretazione comma 24670/07 . 19. Nulla di tutto ciò è rilevabile nell’insufficiente apparato motivazionale della sentenza d’appello, non valendo, ai ridetti fini, il generico riferimento alla Circolare dell’Agenzia delle entrate 40/E del 18 luglio 2003, che avrebbe finalmente chiarito i criteri applicativi del regime del margine. Si tratta, infatti, di rilievo logicamente scoordinato sia rispetto ai principi regolativi dettati da questa Corte per verificare i casi d’insicurezza ed equivocità interpretativa, sia rispetto all’enfatizzato tempo dei fatti” stante la posteriorità del termine per la dichiarazione annuale IVA per l’anno d’imposta 2003 cfr. art. 26 d.iva . Tali considerazioni — unite al riferimento della circolare al fatto che altra circolare 13 luglio 1998, n. 180/E aveva già chiarito che se l’errore dipende da imprudenza, negligenza o imperizia, non rileva ai fini dell’esclusione della responsabilità” ricomma pag. 9 — portano all’accoglimento anche del terzo motivo di ricorso principale ”. Cartella annullata? Equitalia sempre ammessa al passivo Cassazione n. 5494 del 5 aprile 2012 Non basta l’annullamento della cartella esattoriale, da parte della CTP, per estromettere Equitalia dal passivo fallimentare. Per la Cassazione, infatti, così come il creditore non può ottenere l’ammissione al passivo sulla base di una sentenza a lui favorevole ma inopponibile alla massa, in quanto resa nei soli confronti del fallito in data successiva alla dichiarazione dì insolvenza il curatore non può respingere la domanda di ammissione, fondata su di un titolo diverso, avvalendosi degli effetti favorevoli al fallito della sentenza di primo grado emessa in un giudizio al quale egli è rimasto estraneo e che, nonostante l’intervenuta dichiarazione di fallimento, è proseguito fra le parti originarie anche in grado d’appello la mancata formazione del giudicato tributario nei confronti dei Fallimento non è di ostacolo all’ammissione al passivo del credito dell’ente impostore infatti, come correttamente rilevato dalle parti ricorrenti, in base al comb. disp. degli artt. 33 del d.Igs. n. 112/99 ed 88 del d.P.R. n. 602/73, la domanda di insinuazione va proposta dal concessionario oggi agente della riscossione avvalendosi esclusivamente dell’estratto del ruolo e, anche qualora il credito risulti contestato dinanzi ai giudice tributario o il curatore intenda impugnare la cartella esattoriale, il G.D. non può negarne l’ammissione, ma è tenuto a disporla con riserva, da sciogliersi una volta che sia inutilmente decorso il termine per l’impugnazione, o il giudizio sia definito con decisione irrevocabile o venga dichiarato estinto ”. Legittimo affidamento. Irrilevanti le note illustrative dell’amministrazione Cassazione n. 5402 del 4 aprile 2012 Rigettando il ricorso del contribuente, ed accogliendo le doglianze dell’Agenzia, la Cassazione ha precisato che In tema di legittimo affidamento del contribuente di fronte all’azione dell’Amministrazione finanziaria, ai sensi dell’art. 10, commi primo e secondo, legge n. 212 del 2000 c.d. Statuto del contribuente , che tale tutela ha voluto esplicitamente offrire, costituisce situazione tutelabile quella caratterizzata a da un’apparente legittimità e coerenza dell’attività dell’Amministrazione finanziaria, in senso favorevole al contribuente b dalla buona fede del contribuente, rilevabile dalla sua condotta, in quanto connotata dall’assenza di qualsiasi violazione del dovere di correttezza gravante sul medesimo c dall’eventuale esistenza di circostanze specifiche e rilevanti, idonee a indicare la sussistenza dei due presupposti che precedono. Infatti, i casi di tutela espressamente enunciati dal comma secondo del citato art. 10 attinenti all’area della irrogazione di sanzioni e della richiesta di interessi , riguardanti situazioni meramente esemplificative e legate a ipotesi ritenute maggiormente frequenti, non limitano la portata generale della regola, idonea a disciplinare una serie indeterminata di casi concreti” Cass. n. 17576/2002, Cass. n. 2133/2002, Cass. n. 14782/2001. Le prospettate doglianze non offrono concreti elementi idonei a far ritenere la fattispecie tutelabile in base al trascritto principio, in quanto fanno riferimento alla mancata applicazione, da parte dei Giudici di appello, dell’art. 10 citato, ricollegando l’erroneità di tale operato, alla sola considerazione che, nel caso, il comportamento sanzionato era conseguenza di esternazioni riconducibili alla stessa Amministrazione Finanziaria, senza indagare in ordine alla sussistenza del requisito della apparente legittimità del comportamento dell’Amministrazione, né in ordine alla buona fede della contribuente e neppure in merito alla ricorrenza di circostanze idonee a confermare la sussistenza dei due presupposti ”. Non paga l’Irap il legale presso terzi” Cassazione n. 5396 del 4 aprile 2012 Il legale che esercita la propria attività utilizzando un ufficio di terzi” non è soggetto all’IRAP. Accogliendo la domanda di rimborso dell’imposta versata, presentata da un professionista, la Cassazione ha così confermato che l’utilizzo dei mezzi strettamente necessari alla professione nella fattispecie autovettura e telefono cellulare comporta il venir meno del presupposto impositivo dell’IRAP. Dichiarazione integrativa e domanda di rimborso su binari distinti Cassazione n. 5373 del 4 aprile 2012 Fattispecie diverse che hanno ripercussioni sul contenuto dell’art. 38 del DPR 602/73, ora ampiamente spostato” a favore della dichiarazione integrativa. Sembra questo, ad una prima lettura, il contenuto della sentenza n. 5373/12 della Cassazione. In particolare, leggendo la sentenza della Suprema Corte, si evince come non sia più possibile, con decorrenza 1 gennaio 2012, attribuire al predetto art. 38 la qualità di norma che consente la domanda di rimborso di imposte indebitamente pagate, a qualunque titolo, stante quanto introdotto dall’art. 2 co. 8-bis del DPR 322/98, che consente di inviare una dichiarazione integrativa a favore del contribuente. L’Iva assolta non salva dalla confisca Cassazione n. 12490 del 3 aprile 2012 L’assolvimento dell’imposta sulla fattura falsa non mette al sicuro l’imprenditore dalla confisca per equivalente sui propri beni. Per la Cassazione, si legge nella sentenza, i giudici del riesame hanno escluso, con un ragionamento ineccepibile, la rilevanza del debito Iva da parte delle due compagini sociali, atteso che tale operazione aveva reso comunque evidente lo scopo di evadere le imposte attraverso l’indicazione di elementi passivi fittizi” nelle dichiarazioni fiscali, comportamento che configura il reato di cui all’art. 2 D.lgs. n. 74 del 2000 Del resto la giurisprudenza ha affermato il principio che il delitto di frode fiscale si connota come reato di pericolo o di mera condotta, avendo il legislatore inteso rafforzare la tutela del bene giuridico protetto anticipandola al momento della commissione della condotta tipica In tal senso Sez. U., n. 1235 del 23/10/2010, dep. 19/1/2011, Giordano, Rv. 248869 e comunque per integrare l’utilizzazione fraudolenta In dichiarazione di fatture per operazioni inesistenti basta che le stesse siano inesistenti dal punto di vista oggettivo, ossia che vi sia diversità, totale o parziale, tra costi indicati e costi sostenuti” in tal senso, Sez. 3ª, n. 10394 del 14/1/2010, dep. 16/3/2010 ”. Irap. Outsourcing e tecnologia condannano” il professionista Cassazione n. 5320 del 3 aprile 2012 L’utilizzo di moderne attrezzature tecnologiche e l’esternalizzazione di alcuni servizi da parte del professionista nella fattispecie un medico configurano un’attività autonomamente organizzata e quindi soggetta ad IRAP. In particolare, come più volte chiarito da questa Corte sentenze 3672/07, SS.UU. 12108/09, 10240/10, 21122/10, 8556/11 , in tema di IRAP l’esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, di attività di lavoro autonomo diversa dall’impresa commerciale costituisce, secondo l’interpretazione costituzionalmente orientata fornita dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 156 del 2001, presupposto dell’imposta soltanto qualora si tratti di attività autonomamente organizzata Alla stregua di tali consolidati principi devono ritenersi integrativi del requisito dell’autonoma organizzazione tanto l’utilizzo di attrezzature tecnologiche di rilevante valore quanto l’impiego non occasionale di lavoro altrui, anche se non prestato nelle torme del contratto di lavoro dipendente cfr. Cass. 10151/10 In tema di IRAP, il ricorso al lavoro di terzi per la fornitura di tutti i necessari servizi dalla telefonia al segretariato in forma rilevante e non occasionale, ma continuativa, integra il presupposto dell’esercizio abituale di una attività autonomamente organizzala, previsto dall’art. 2, comma 1, del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, non rilevando che la struttura posta a sostegno e potenziamento dell’attività professionale de! contribuente sia fornita da personale dipendente o da un terzo in base ad un contratto di fornitura ”. I documenti integrativi della dichiarazione mettono fuori gioco la liquidazione automatica Cassazione n. 5318 del 3 aprile 2012 Liquidazione automatica utilizzabile dal Fisco solo ove non sia richiesta interpretazione delle norme o si renda necessario produrre documenti aggiuntivi ulteriori alla dichiarazione. Per la Cassazione, in particolare, La sentenza impugnata si è discostata dalla condivisibile giurisprudenza di questa Corte Cass. n. 14070 del 2011, 12762 del 2006 secondo cui la diretta iscrizione a ruolo della maggiore imposta, ex artt. 36 bis del dPR n. 600 del 1973 e 54 bis del dPR n. 633 del 1972, è ammissibile, e può evitare l’attività di rettifica, quando il dovuto sia determinato mediante un controllo della dichiarazione meramente cartolare, sulla base dei dati forniti dal contribuente, o di una mera correzione di errori materiali o di calcolo. Con tali modalità non possono, invece, risolversi questioni giuridiche o esaminarsi atti diversi dalla dichiarazione stessa senza previamente contestare al contribuente il relativo accertamento con il prescritto avviso ”. Leasing traslativo. Anche l’utilizzatore è ammesso al passivo Cassazione n. 5253 del 2 aprile 2012 Anche l’utilizzatore del bene in leasing traslativo deve essere ammesso al passivo del fallimento per l’importo pari al deposito cauzionale già versato dai rispettivi conduttori. Per la Cassazione, si legge nella sentenza, il terzo acquirente, a cui fa riferimento l’art. 1602 c.comma non è unicamente colui che per atto tra vivi sia divenuto proprietario dell’immobile locato, ma qualunque soggetto a cui in base a titolo non contrario a norme di ordine pubblico l’originario locatore-proprietario abbia trasferito il possesso dell’immobile stesso ed il suo godimento”. Né potrebbe ritenersi che la qualifica di locatore sia rimasta in capo alla Banca, nonostante il contratto di leasing, stante la non configurabilità del titolo a percepire due autonomi corrispettivi per il godimento, uno dall’utilizzatore e l’altro dalla conduttrice, e l’insostenibilità della prospettazione del pagamento del canone di leasing parzialmente senza causa, atteso che 1’utilizzatore, a fronte dei pagamento del canone, nulla potrebbe pretendere dalla conduttrice ”. Prove semplicissime” per l’induttivo extracontabile Cassazione n. 5213 del 30 marzo 2012 Prove semplicissime” prive di gravità, precisione e concordanza quando si tratta di accertamento induttivo extracontabile. E onere della prova contraria in capo al contribuente. Questo il contenuto dell’ordinanza con cui la Cassazione ha respinto il ricorso del contribuente, In particolare, si legge nelle motivazioni, la CTR, nel richiamare la decisione di questa Corte Sez. 5ª, sentenza n. 20708 del 03/10/2007 secondo cui, nelle ipotesi di omessa presentazione della dichiarazione da parte del contribuente, la legge abilita l’Ufficio delle imposte a servirsi di qualsiasi elemento probatorio ai fini dell’accertamento del reddito e, quindi, a determinarlo anche con metodo induttivo ed anche utilizzando, in deroga alla regola generale, presunzioni semplici prive dei requisiti di cui al terzo comma dell’art. 38 del D.P.R. 29.9.1973, n. 600, sul presupposto dell’inferenza probatoria dei fatti costitutivi della pretesa tributaria ignoti da quelli noti, di tal che, a fronte della legittima prova presuntiva offerta dall’Ufficio, incombe sul contribuente l’onere di dedurre e provare i fatti impeditivi, modificativi o estintivi della predetta pretesa ha rilevato che la contribuente non ha assolto all’onere probatorio su di lei gravante. La circostanza che i registri IVA fossero stati trattenuti dall’Ufficio fatto dedotto dalla contribuente a fondamento dell’appello e richiamato dalla CTR laddove si riferisce che la contribuente fosse formalmente non in possesso della documentazione contabile” non costituisce ragione contrastante con le conclusioni adottate dalla CTR, circa il mancato assolvimento dell’onere probatorio ben potendo la contribuente assolvere allo stesso, anche in mancanza dell’originale dei registri IVA, e potendo tale circostanza, al più, rendere maggiormente gravosa l’acquisizione di materiale probatorio a sostegno delle proprie ragioni ”. Amministrazione straordinaria. Ok la notifica al domicilio del commissario Cassazione n. 4955 del 28 marzo 2012 Valida la notifica effettuata presso il domicilio del Commissario Straordinario di una società in amministrazione straordinaria. A stabilirlo la Cassazione che richiama espressamente il dettato dell’art. 145 cpc e stabilisce come Al commissario straordinario compete la gestione dell’impresa, costituendo il centro motore dell’attività della stessa e va, quindi, affermato che la notifica dei predetti avvisi di rettifica Iva, emessi nei confronti di una società posta in Amministrazione straordinaria può anche essere effettuata, ai sensi dell’art. 145 cod. procomma civ.,all’epoca vigente, richiamato dall’art. 60 del d P.R. 29 settembre 1973, n. 600T nei confronti della società stessa, non già presso la sua sede legale, bensì presso il domicilio del commissario straordinario. Infatti, similmente a quanto avviene per la liquidazione coatta amministrativa, l’assoggettamento alla procedura di amministrazione straordinaria, pur non determinando la nascita di un soggetto nuovo e diverso e anche se, a differenza della prima procedura, non comporta il venir meno dell’attività di impresa, ha quale effetto l’attribuzione della rappresentanza legale e della legittimazione processuale al commissario straordinario in tale situazione deve ritenersi che il centro motore dell’attività opera, secondo l’id quod plerumque accidit”, presso il domicilio del commissario straordinario, sicché pretendere che la notifica debba essere comunque tentata presso la sede legale costituisce una pura formalità, anche perché, sovente, l’azienda viene ceduta a terzi. Il Commissario straordinario, infatti, costituisce il centro motore e il punto di riferimento della società di cui ha la rappresentanza. Non rileva, ai fini della notifica, la distinzione tra la fase conservativa e liquidatoria della procedura che non potrebbe giustificare regole diverse al procedimento notificatorio, imponendo al notificante un onere ulteriore di verificare la fase in cui si trova la procedura ”. Imponibili le spese rintracciate nel conto corrente Cassazione n. 4688 del 23 marzo 2012 Se non adeguatamente documentate, le spese scoperte” nei conti correnti dell’azienda si considerano imponibili in quanto assimilabili, in tutto e per tutto, a ricavi in nero. Respingendo il ricorso, la Cassazione ha così ribadito che Le presunzioni fondate sulle movimentazioni bancarie legittimano l’Ufficio a considerare come ricavi i versamenti e i prelevamenti dei quali il contribuente non riesca a dare giustificazione per poter accertare la natura di costi degli addebiti, in particolare, al fine della loro deducibilità, é necessario che il contribuente fornisca prova contraria alla rilevanza fiscale delle movimentazioni bancarie Cass., 17/6/2008, n. 16341 . La presunzione legale relativa posta dal D.P.R. n. 600 dei 1973, art. 32, costituisce una eccezione al principio del libero apprezzamento delle prove da parte del giudice ed alla regola dell’onere della prova. La motivazione dei giudici d’appello è esente da censura, in ordine ad entrambi i vizi denunciati, avendo fatto corretta applicazione, con un’adeguata motivazione, dei principi in tema di presunzione ricavabile dalla movimentazione bancaria in quanto ogni accredito nel conto corrente bancario equivale a ricavo che aumenta il reddito, in mancanza di prova contraria. Anche i costi relativi ad acquisti non documentati devono considerarsi ricavo operando fa presunzione di operazioni non fatturate e, nel caso di specie, in base alla motivazione della sentenza impugnata, non specificamente contestata sul punto, la ricorrente non è stato in grado di produrre fatture emesse o ricevute riconducibili alle operazioni bancarie indicate ”. Deposito del ricorso. Attenzione alla sede dell’agente della riscossione Cassazione n. 4682 del 23 marzo 2012 Attenzione al luogo in cui depositare il ricorso contro la cartella di pagamento. Rileva infatti la sede dell’agente della riscossione e quindi l’atto deve essere notificato nella segreteria della Commissione Tributaria corrispondente. A nulla, infine, rilevano eventuali vizi del ruolo. Per la Cassazione, quindi, l’individuazione della Commissione tributaria di primo grado territorialmente competente debba operarsi, come si desume dalla lettera dell’art. 4 del d.lgs. n. 546/92, con riferimento al luogo ove ha sede l’Ufficio finanziario che ha emesso il provvedimento impugnato, ovverosia nel caso di specie il Concessionario della riscossione per la Provincia di , che ha emesso la cartella di pagamento impugnata dalla contribuente. D’altra parte, tale conclusione appare coerente con il rilievo che in via di principio la competenza per territorio non è determinata dalla legge sulla base di criteri contenutistici, inerenti alla specifica materia, di volta in volta, controversa, essendo, invece, normativamente individuata sulla base di criteri di collegamento tra una specifica controversia ed una determinata zona del territorio, per lo più, fondati fatte salve tassative eccezioni previste dalla legge sull’allocazione spaziale dei soggetti in causa residenza o domicilio della persona fisica, sede della persona giuridica ”. Riscossione unica per i tributi locali CTR Palermo n. 32/30/12 del 17 febbraio 2012 Riscossione unica per i tributi locali in pendenza del processo tributario. A stabilirlo la CTR di Palermo che riconosce diverso trattamento di questi rispetto ai tributi erariali per cui è invece prevista la riscossione frazionata. Ne consegue, prosegue la sentenza, che l’ente locale, a fronte di una avviso di accertamento emesso nei confronti del contribuente, può richiedere la riscossione unificata ed integrale di tutti i tributi locali. I giudici, nella sentenza, ben specificano come l’art. 68 del D.L. 546/92, che prevede la provvisoria esecuzione delle sentenze delle commissioni tributarie, graduando la riscossione dell’imposta in relazione al grado di giudizio e all’esito della controversia, non è applicabile ai tributi locali. Ruolo mai contestato. Impugnabile la stampa fornita allo sportello CTR Lazio n. 332/10/11 È ammissibile l’impugnazione di un ruolo mai contestato, nel caso in cui lo stesso non sia stato portato a conoscenza del contribuente mediante notifica della cartella di pagamento, e di cui il contribuente stesso è venuto a conoscenza attraverso una semplice stampa ricevuta allo sportello. A fronte del diniego, da parte dell’ente di riscossione, ad esibire prova dell’avvenuta regolare attestazione della cartella, la CTR laziale non ha potuto fare altro che annullare il ruolo accogliendo le ragioni del contribuente. Al contribuente, sembra evincersi da questa sentenza, è quindi data la possibilità di impugnare direttamente quanto rilasciato allo sportello dell’agente della riscossione senza dover attendere un atto impositivo successivo, pignoramento o ipoteca che sia con l’innegabile vantaggio ulteriore di evitare il rischio di sanare l’eventuale difetto di notifica della cartella per raggiungimento di scopo, che si avrebbe in caso di impugnazione diretta dell’atto stesso piuttosto che del suo estratto. Ricorso respinto, interessi dovuti CTP Milano n. 57/50/11 del 3 maggio 2011 Interessi da sospensione dovuti quando l’atto impugnato, e sospeso dalla CT, viene quindi respinto definitivamente. In particolare, si legge nella sentenza, la sospensione intervenuta nel caso non ha inciso sull’efficacia del provvedimento il quale ha conservato i suoi effetti e la sua validità. Essa ha esercitato influenza soltanto su uno di contenuti del provvedimento, cioè sull’esecutività che è stata resa quiescente Con la conseguenza che la decisione intervenuta in prime cure di reiezione della domanda proposti parallelamente ha determinato la revoca della sospensione concessa. In altre parole gli effetti dell’atto di cui al contendere sono rimasti solo temporaneamente sospesi e non estinti ”. Documenti tardivamente prodotti. Al contribuente l’onere di provare l’impossibilità dell’adempimento CTP Firenze n. 52/10/12 del 13 marzo 2012 Compete al contribuente provare che il mancato adempimento alle richieste del Fisco sia dipeso da cause a lui non imputabili o a propria negligenza. Solo in questo modo potranno così essere presi in considerazione i documenti tardivamente prodotti in giudizio. Non si discosta dal consolidato orientamento giurisprudenziale il giudizio emesso dai giudici fiorentini che hanno così confermato il principio espresso congiuntamente dagli artt. 32, comma 4, DPR 600/1973 e 51, ultimo comma, DPR 633/1972. Inesistente la cartella notificata per posta CTP Vicenza nn. 33/07/12 e 37/01/12 Ben due sentenze a confermare l’inesistenza delle cartelle di pagamento notificate al contribuente a mezzo posta. Per i giudici vicentini, che confermano anche la non sanabilità degli atti, l’agente della riscossione deve avvalersi esclusivamente dei soggetti previsti dalla legge ovvero di ufficiali della riscossione, messi comunali e di notificazione abilitati. L’attenzione dei giudici della CTP si è concentrata in particolare sull’originario art. 26, comma 1 del DPR 602/73 e sulla successiva cancellazione nel 1999 dell’inciso da parte dell’esattore ”. Per i giudici, tale modifica ha chiaramente esplicitato una volontà del legislatore di escludere il concessionario dall’elenco dei soggetti abilitati alla notifica dell’atto mediante raccomandata a.r A cura di d.t.