NOVITA’ FISCALI TRA SENTENZE E PRASSI

Partiamo dalla tecnologia, questa settimana, per l’usuale aggiornamento in materia fiscale, partiamo, per la precisione, dai telefoni cellulari. Su questo fronte, difatti, l’Agenzia delle Entrate ha stabilito che tutti devono pagare la tassa sui telefonini, anche le amministrazioni pubbliche non statali, in assoluta controtendenza con quanto stabilito dalle Commissioni tributarie territoriali. Da queste ultime arrivano spunti altrettanto rilevanti, anche se su tematiche differenti, tra le più significative segnaliamo obbligatorietà del contraddittorio per contestare la deducibilità dei costi per operazioni con fornitori in ‘black list’ illegittimità dell’accertamento induttivo basato su presunzioni semplici discordanti dagli studi di settore necessità della denuncia penale per il raddoppio dei termini per l’accertamento valore delle cartelle munite di relata sul frontespizio differenze tra accertamenti sintetici e standardizzati. Citazione a parte, però, per un provvedimento della Commissioni tributaria provinciale di Firenze, che affronta il tema, attualissimo, delle automobili di lusso per i giudici nessuna ‘stranezza’ se l’acquisto è compatibile col reddito del nucleo familiare. Rimanendo in Italia, infine, riflettori puntati sulla Cassazione. Su questo fronte, ecco alcuni degli spunti più rilevanti sovrafatturazione e parcelle alte ‘scomparsa’ delle scritture contabili tempestività della notifica sequestrabilità per le somme Ires evase responsabilità dei pagamenti accertamento con adesione valido anche senza convocazione del contribuente legittimità della confisca per l’amministratore che evade. Per chiudere, infine, un salto in Europa, con una pronuncia della Corte di giustizia europea, che affronta il tema degli interessi sui rimborsi Iva, ribadendo l’autonomia dei singoli Stati. Per gli interessi su rimborsi Iva ogni stato fa da sé Corte di Giustizia Ue n. C-591/10 del 12 gennaio 2012 Ogni stato membro è competente ed autonomo per quanto attiene le modalità di determinazione degli interessi sui rimborsi IVA. Unico obbligo rimane il rispetto dei più generali principi di effettività ed equivalenza. Tutto verteva su un contrasto tra fisco del Regno Unito e un proprio creditore, che richiedeva il riconoscimento degli interessi composti rispetto a quelli semplici previsti dalla normativa fiscale di Sua Maestà. Per la Corte Ue, in mancanza di comune disciplina, è quindi demandato ad ogni singolo stato membro stabilire le modalità procedurali in materia di rimborso IVA. Purché tali modalità non siano meno favorevoli rispetto a quelle del rimborso di altri tributi nazionali ovvero non devono essere tali da rendere impossibile o oneroso l’esercizio di tale diritto. Tassa sui telefonini. Il fisco prova a mettere tutti d’accordo Ris. Ag. Entrate n. 9/e del 18 gennaio 2012 Mal comune, mezzo gaudio In risposta ad un interpello sull’interpretazione dell’articolo 21 della Tariffa allegata al DPR 26 ottobre 1972, n. 641 la ormai famosa tassa sulle concessioni governative per l’utilizzo dei telefonini , l’Agenzia delle Entrate, con salomonica decisione, ha stabilito che tutti devono pagare la predetta tassa, incluse le amministrazioni pubbliche non statali. Si tratta, in ogni caso, di una interpretazione che si discosta dal più recente orientamento delle CTP e CTR che hanno prevalentemente riconosciuto le ragioni addotte dagli enti locali. Rischia grosso il manager che copre i debiti di un’altra società del gruppo Cassazione n. 1217 del 16 gennaio 2012 In particolare se poi l’azienda che si è assunta il finanziamento poi fallisce. Per la Cassazione, il reato in cui incorre l’amministratore è quindi quello di bancarotta per distrazione in quanto pone in essere una interposizione giuridica proibita dalle vigenti leggi. Si legge nella sentenza, infatti, che nel caso di specie non di simulazione si sia trattato, ma semmai, di condotte rapportabili allo schema del negozio indiretto. Come osservato da giurisprudenza e dottrina il negozio indiretto si distingue dalla simulazione relativa perché mentre in quest’ultima le parti vogliono porre in essere un atto reale, nascondendolo sotto le diverse e fittizie apparenze di un atto diverso, palese ma meramente illusorio, e rivolto a nascondere l’atto vero, con il primo denominato anche procedimento indiretto , invece, le parti, proponendosi di realizzare una particolare finalità, ricorrono alla combinazione di più atti, tutti veri e reali e non illusori, collegandoli insieme, in modo da giungere al fine ultimo propostosi per via indiretta ed attraverso il concorso e la reciproca reazione delle varie forme giuridiche collegate, tutte corrispondenti al vero e tutte conformi alla dichiarata volontà dei contraenti Sez. 3, sentenza n. 8098 del 06/04/2006 Rv. 588734 . Nel caso di specie nulla vi è di simulato negli accordi tra e X , avendo, la prima, per erogare il finanziamento, con gli effetti giuridici conseguenti, necessità di stipulare il connesso negozio giuridico con società non affetta da eccessive esposizioni debitorie, quale era la X , a prescindere dagli scopi dalla stessa perseguiti con quell’atto ”. Conferimento del ramo ad una sas Dove c’è fumus” c’è anche l’evasione Cassazione n. 1200 del 16 gennaio 2012 La creazione ad hoc di una sas e il successivo conferimento del ramo di azienda nasconde la fattispecie di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifizi di cui all’art. 3 DLGS 74/00. Per la Cassazione, che ha respinto il ricorso dell’imprenditore-evasore e confermato la legittimità del provvedimento di sequestro per equivalente sui beni personali degli indagati, ha così stabilito che Correttamente i giudici rinvenivano, nella suddetta condotta, un comportamento maliziosamente teso all’evasione delle imposte, la cui natura ritenevano confermata dalla presenza di ulteriori dati obiettivi, individuati nella scelta della società in accomandita semplice che non richiede alcun vaglio da parte di esperto nella circostanza che il ramo di azienda conferito riguardava lavori già eseguiti ed il valore dichiarato era di soli 2.000 euro, mentre il valore delle attrezzature indicato in bilancio di soli 12.000 euro nella breve durata della società, composta dai soli due indagati e nella inverosimiglianza delle motivazioni del successivo scioglimento, nonché della natura sospetta delle operazioni contabili esaminate nel corso delle indagini. Si tratta, infatti, di dati certamente sintomatici della sussistenza del reato contestato, per l’integrazione del quale si richiede che il soggetto agente ponga in essere una falsa rappresentazione nelle scritture contabili obbligatorie e si avvalga di mezzi fraudolenti idonei ad ostacolare l’accertamento di tale falsa rappresentazione cfr. Sez. III n. 8962, 8 marzo 2011 . La correttezza della valutazione espressa dai giudici del riesame evidenzia, dunque, la palese infondatezza dei motivi di ricorso avendo il Tribunale chiaramente evidenziato l’azione fraudolenta posta in essere dagli indagati, che analizzava anche con riferimento alla tempistica dell’artificioso meccanismo ideato chiarendo, così, che i ricavi e costi di cui si è detto in precedenza andavano indicati nella dichiarazione dell’anno 2009 ”. Non è responsabile il manager che utilizza la cassa per attività ordinarie dell’impresa Cassazione n. 434 del 16 gennaio 2012 È onere in capo alla società provare che l’utilizzo della cassa societaria sia avvenuto senza autorizzazione del CdA e per motivi estranei alla normale attività dell’impresa. Per la Cassazione, in particolare, possono rientrare tra le attività ordinarie anche la transazione di una lite con un ex dipendente e il pagamento dei propri emolumenti. Nulla da eccepire quindi nell’operato del manager e ricorso rigettato. La parcella alta non è sintomo di sovrafatturazione Cassazione n. 920 del 13 gennaio 2012 Di conseguenza non sussistono i presupposti perché si possa operare il sequestro dei conti dell’azienda. Per la Cassazione, si legge nelle motivazioni della sentenza, il tribunale di Trieste, con motivazione sufficiente e non contraddittoria, ha ritenuto in punto di fatto che la prestazione di servizi, di cui si dibatte, è effettivamente stata resa dal percettore della somma fatturata in favore degli indagati, titolari della ditta s.n.comma per la realizzazione di un sito Internet in favore della società. Il tribunale ha anche espresso riserve sulla congruità del compenso corrisposto al professionista che tale sito Internet aveva realizzato, ritenendo in sostanza l’esosità dello stesso. Però ha anche affermato che non vi sono sufficienti e gravi indizi per ritenere una sovrafatturazione mirata a costituire elementi passivi fittizi per la società. È questa una valutazione di merito non censurabile in sede di legittimità essendo l’ordinanza del tribunale impugnabile soltanto per vizio di violazione di legge ”. Dichiarazione fraudolenta quando si falsificano le schede carburanti Cassazione n. 912 del 13 gennaio 2012 L’auto percorre poco meno di due chilometri con un litro di gasolio e il costruttore ne dichiara oltre 15 ? Il gestore del punto di rifornimento disconosce timbri e firme apposte sulla scheda carburante? Per la Cassazione, che ha comunque confermato il giudizio già espresso dalla CTR competente, c’è ne abbastanza per condannare l’imprenditore per dichiarazione fraudolenta. In particolare, sentenzia la Suprema Corte, Si tratta, come emerge chiaramente, di dati incontrovertibili che i giudici del gravame hanno correttamente valutato anche con riferimento alla qualificazione giuridica del fatto, certamente inquadrabile nell’ipotesi di cui all’articolo 2 D.Lv. 74/2000, stante l’oggettiva ed accertata inesistenza delle operazioni documentate e non anche nella residuale ipotesi di cui all’articolo 3. applicabile fuori dei casi previsti dal menzionato articolo 2 ”. Imponibile al 50% la maggiorazione per i trasfertisti Cassazione n. 396 del 13 gennaio 2012 La Cassazione respinge il ricorso del contribuente in quanto L’art. 51, sesto comma del T.U.I.R. - il quale prevede che le indennità e le maggiorazioni di retribuzione spettanti ai lavoratori tenuti per contratto all’espletamento delle attività lavorative in luoghi sempre variabili e diversi, anche se corrisposte con carattere di continuità, concorrono a formare il reddito, anche ai fini contributivi, nella misura del 50% del loro ammontare - si riferisce al caso in cui la normale attività lavorativa si debba svolgere contrattualmente al di fuori di una sede di lavoro prestabilita - ancorché l’assunzione del dipendente sia formalmente avvenuta per una determinata sede - e con riguardo al pagamento di una indennità o una maggiorazione retributiva erogata in ragione di tale caratteristica, anche se non nei giorni di assenza dal lavoro per ferie, malattia, etcomma e anche se in misura variabile in relazione alle località di volta in volta assegnate ”. La responsabilità dei pagamenti non grava sul vertice della società Cassazione n. 390 del 13 gennaio 2012 In quanto la responsabilità degli organi apicali è limitata alla verifica della corrispondenza delle poste che emergono dal conto economico con la contabilità della società. La stessa correttezza della contabilità, del resto, verte sul fatto che i dati contabilizzati registrino operazioni effettivamente compiute nella specie i pagamenti eseguiti ma non implicano valutazioni sulla validità dei titoli di pagamento e sulla loro efficacia liberatoria le registrazioni, se corrispondenti ad effettive uscite di cassa, non potrebbero essere, in sede di bilancio, omesse, o espunte dal conto economico, con l’argomento che quei pagamenti non dovevano essere eseguiti ”. Inoltre, prosegue la sentenza, il bilancio, che trae la sua validità ed efficacia dall’approvazione dell’assemblea e non dalla diligenza dei suoi redattori, vincola i soci e la società, ma non i terzi, qual è lo stesso amministratore nel suo rapporto contrattuale di lavoro con la società. Esso dunque, se approvato e non tempestivamente impugnato, non consente ai soci e alla società di mettere in discussione l’avvenuto pagamento che ha concorso a determinare il risultato di esercizio, ma non comporta che il pagamento al terzo debba ritenersi valido, e idoneo ad estinguere l’obbligazione per il creditore che lo richieda in giudizi o”. Sequestro anche per le somme Ires evase Cassazione n. 647 del 12 gennaio 2012 Non solo IVA in caso di fatture soggettivamente inesistenti. Possono infatti essere oggetto di sequestro anche le somme imponibili IRES evase dall’imprenditore. Respingendo il ricorso del contribuente, la Cassazione ha così concluso che L’esame complessivo della giurisprudenza di questa Corte impone di considerare che la infedeltà intenzionale dell’intera o di parte del documento fattura” priva tale documento dell’efficacia di attestazione che gli è attribuita dal sistema tributario e impedisce di prenderlo come riferimento per le sole parti che non risultano affette da falsità. Ciò non impedisce al contribuente di addurre gli elementi attestanti l’effettività e l’entità delle operazioni sottostanti il documento affetto da falsità, ma si tratta di questione che introduce valutazioni di merito non esaminabili in questa sede. In conclusione, a prescindere dal tema se in sede di giudizio si potranno includere quei costi nella contabilità ai fini delle imposte dirette, deve affermarsi il principio che in fase cautelare qualora si sia in presenza di contestazione relativa a fatture soggettivamente false non è possibile escludere la sussistenza del fumus” della dichiarazione infedele anche in tema di imposte dirette ”. L’amministratore che non trova le scritture contabili ha l’obbligo di impiantarle ex novo Cassazione n. 591 del 12 gennaio 2012 Rischia la condanna per bancarotta documentale semplice l’amministratore che, avendo preso incarico e non rintracciando le scritture contabili presso la sede societaria, non si attivi per il recupero delle stesse o provveda ad attivarle ex novo. Per la Cassazione, quindi, La condanna dunque è intervenuta con riferimento a tale condotta omissiva la mancata consegna è, ovviamente, una conseguenza della mancata tenuta e/o del mancato recupero. Trattasi di condotta alternativa recupero o tenuta , con riferimento alla quale, la seconda azione la tenuta doveva essere posta in essere una volta accertato che la prima recupero era divenuta impossibile per la mancata collaborazione dei precedenti tenutari. Così stando le cose, non si vede quale immutazione del fatto potrebbe mai essersi realizzata da giustificare la censura dedotta per seconda ”. Ok la risposta è giusta! Tocca al fisco trovare l’errore Cassazione n. 263 del 12 gennaio 2012 Il contribuente adempie interamente al proprio dovere rispondendo al questionario. Tocca poi al fisco dimostrare la non veridicità delle risposte fornite se vuole contestare la correttezza dei costi dedotti. Respingendo il ricorso del Fisco, la Cassazione ha così stabilito che in tema di accertamento delle imposte sui redditi, nella procedura improntata al principio del contraddittorio, quale quella prefigurata con la richiesta di informazioni e documenti mediante questionari, ai sensi dell’art. 32 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, una volta che il contribuente abbia ottemperato alla richiesta di chiarimenti, grava sull’Amministrazione finanziaria l’onere di contestarne in modo specifico la completezza, la veridicità, l’idoneità probatoria, la qualificazione giuridica del fatto rappresentato e, più in generale, la correttezza in termini di effettiva deducibilità dei costi documentati. Solo dopo l’adempimento di tale onere di contestazione, può sorgere, in capo al contribuente, l’onere di provare le circostanze di fatto rilevanti per smentire le contestazioni dell’ufficio Cfr. anche Cass. sentenze n. 9892 del 05/05/2011, n. 28049 del 2009 ”. Confisca ok per l’amministratore che evade Cassazione n. 448 del 11 gennaio 2012 Confisca per equivalente sulle somme depositate su un conto corrente della società da parte dell’amministratore di una società già indagato per evasione fiscale. Respingendo il ricorso presentato dal curatore fallimentare della società, la Cassazione ha così stabilito che trattasi, dunque, di danaro passibile di confisca per equivalente in quanto riferibile all’attività delittuosa del e che non doveva essere restituito alla W ” poiché corrispondente ad imposta effettivamente dovuta dalla società medesima ”. Giro di vite sulla bancarotta fraudolenta impropria Cassazione n. 224 del 10 gennaio 2012 Il dettato dell’art. 223, c.2 del RD 267/42 è norma di chiusura del sistema della bancarotta fraudolenta di amministratori, direttori generali, sindaci e liquidatori. La disposizione presenta, secondo una pacifica interpretazione, una valenza omnicomprensiva, poiché estende la sua applicabilità ad ogni condotta da cui sia scaturito il fallimento, con residuale funzione repressiva di ogni trasgressione gestionale che abbia causato il fatale dissesto. Costituiscono, quindi, bersaglio punitivo della norma tutte quelle condotte non riconducibili alla casistica di cui all’art. 223 cpv. n. 1, o ad altri criteri classificatori ”. Con queste motivazioni la Cassazione ha respinto il ricorso presentato dai soci e dagli amministratori di una Snc dichiarata fallita. Credito inesistente? Il fisco si salva con la fideiussione Cassazione n. 65 del 10 gennaio 2012 Il negozio autonomo di garanzia con il quale si è garantita all’Amministrazione Finanziaria la restituzione delle somme indebitamente rimborsate da questa in sede di procedura di rimborso anticipato tramite conto fiscale, è esistente e valido non nullo - avendo tra l’altro legittima causa - anche se il soggetto beneficiario del rimborso tramite conto fiscale è inesistente e mai è stato contribuente e legato da rapporto di imposta con l’Erario ”. Con questa motivazione, all’interno di una lunga ed articolata sentenza, la Cassazione ha così respinto i rilievi della società assicuratrice confermando invece il diritto dell’amministrazione finanziaria di usufruire della predetta fideiussione. Beni inerenti l’attività di impresa. Acquisti come misura” per l’induttivo Cassazione n. 30402 del 30 dicembre 2011 Il valore dei beni acquistati, inerenti l’attività di impresa, è indicatore per l’accertamento induttivo. Con questa principio, la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso del contribuente e confermato l’operato dell’amministrazione finanziaria che aveva proceduto alla rettifica utilizzando quale indicatore l’acquisto di biancheria, lenzuola e coperte si trattava di un’attività di affittacamere . In particolare, si legge nelle motivazioni dell’ordinanza, La indebita fatturazione al contribuente dei servizi e degli acquisti effettuati per conto e nell’interesse dei proprietari degli immobili non costituisce argomentazione sufficiente per contraddire le considerazioni espresse dall’Ufficio con l’atto di appello con riferimento all’acquisto per importi considerevoli per biancheria, coperte, asciugamani etc., al contenuto delle fatture attive es. fattura 102 del 3177/97 , al totale dei versamenti e bonifici effettuati sul c/c 3479/70 del intestato allo ”. Convocazione non necessaria per l’accertamento con adesione Cassazione n. 29127 del 28 dicembre 2011 Per la Cassazione è da ritenersi comunque valida la cartella di pagamento, che segue l’istanza di accesso alla definizione proposta dal contribuente, anche nel caso in cui non vi sia stata la convocazione del contribuente stesso. Accogliendo il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, la Suprema Corte ha infatti stabilito che il principio di diritto espresso nella sentenza gravata, secondo cui l’omissione dell’obbligo dell’Ufficio di procedere alla convocazione D.Lgs. n. 218 del 1997, ex art. 6, determinerebbe la illegittimità degli atti impositivi e delle conseguenti cartelle di pagamento, è stato giudicato erroneo dalle Sezioni Unite di questa Corte, che, con la sentenza n. 3676/2010, hanno affermato l’opposto principio che in tema di accertamento con adesione, la mancata convocazione del contribuente, a seguito della presentazione dell’istanza D.Lgs. 16 giugno 1997, n. 218, ex art. 6, non comporta la nullità del procedimento di accertamento adottato dagli Uffici, non essendo tale sanzione prevista dalla legge ”. Il recesso unilaterale sconta l’imposta ipotecaria Cassazione n. 28143 del 21 dicembre 2011 Sono soggetti all’imposta ipotecaria i contratti di finanziamento che prevedono la clausola di recesso unilaterale senza preavviso. In particolare, si legge nelle motivazioni dell’ordinanza, In tema di agevolazioni tributarie per il settore creditizio, l’esenzione fiscale concessa dal D.P.R. n. 601 del 1973, art. 15 per le operazioni di finanziamento a medio e a lungo termine non è applicabile a quelle convenzioni che, pur prevedendo una durata del finanziamento non inferiore a diciotto mesi, contengano, ai sensi dell’art. 1341 c.c., comma 2, e art. 1845 cod. civ., una clausola di recesso unilaterale e senza preavviso da parte dell’azienda o istituto di credito o loro articolazioni, atteso che tale clausola viene a privare il credito della necessaria caratteristica temporale richiesta dalla disposizione agevolatrice Cass. n. 4792/2002 ”. Tempestività della notifica. Vale la data di spedizione Cassazione n. 26053 del 5 dicembre 2011 È la data di spedizione, e non quella di ricezione da parte del contribuente, che fa testo per verificare la tempestività della notificazione dell’avviso di accertamento spedito a mezzo posta. In particolare, si legge nelle motivazioni dell’ordinanza, il principio secondo cui gli effetti della notificazione eseguita a mezzo del servizio postale si producono per il notificante al momento della consegna del piego all’ufficiale giudiziario ovvero al personale del servizio postale e per il destinatario al momento della ricezione, ha carattere generale e trova applicazione non solo con riferimento agli atti processuali, ma anche con riferimento agli atti d’imposizione tributaria. Ne consegue che il termine per verificare la tempestività della notificazione dell’avviso di accertamento spedito a mezzo posta coincide con la data di spedizione del plico e non con quella della sua ricezione da parte del contribuente v. Cass. 15298/08, 1647/04 ”. Sequestro ok solo se il credito è in pericolo Ctr Roma n. 715 del 12 dicembre 2011 È, dunque, necessario che sussista il fondato timore di perdere la garanzia del proprio credito”, ossia il fondato timore che il contribuente disperda il proprio patrimonio ”, perché si possa procedere a sequestro conservativo dei beni mobili ed immobili del contribuente. Con tale motivazione la CTR laziale accoglie il ricorso del contribuente e revoca l’autorizzazione a procedere a sequestro conservativo in danno della società. Nessuna differenza tra accertamenti sintetici e standardizzati Ctr Torino n. 76/14/11 del 24 novembre 2011 La CTR di Torino sposa in pieno quanto stabilito dalla Cassazione con la sentenza n. 13289/11 e stabilisce che L’orientamento che l’adito giudice intende far proprio è quello suggerito dalla sopra citata, nonché più recente, sent. Cass. n. 13289, conformandosi al pensiero espresso da secondo il quale pare difficile ingabbiare in una struttura della rigidità della presunzione legale sia pure relativa un fenomeno tanto proteiforme e sfuggente come la produttività delle attività economiche e il suo correlarsi ai fattori produttivi” e da secondo il quale la conclusione preferibile sia l’inquadramento dei coefficienti come catalogo di presunzioni semplici utilizzabili dall’ufficio, da collocarsi nel più ampio insieme dei poteri di accertamento caso per caso”, così come si legge, in materia di dottrina sulla natura dei coefficienti presuntivi, nella relazione tematica, presentata alla Corte di Cassazione dall’Ufficio del Massimario e del Ruolo, ispiratrice dei principi contenuti nella menzionata sentenza a sezioni unite n. 26635 in materia di studi di settore e parametri ”. Senza contraddittorio cadono le accuse black list” Ctr Milano n. 175/14/11 del 14 novembre 2011 Senza contraddittorio effettivo non è possibile contestare la deducibilità dei costi per operazioni effettuati con fornitori black list”. La CTR lombarda respinge l’appello del fisco e riconosce invece le ragioni del contribuente. In particolare, si legge nelle motivazioni, L’eccezione preliminare dell’Ufficio non può essere accolta in quanto la documentazione prodotta in sede di giudizio faceva seguito ed era di completamento di altra abbondante documentazione fornita in sede di contraddittorio. La norma dell’art. 32, commi 4 e 5 del DPR 600/73, è volta a contrastare comportamenti reticenti ed ostruzionistici dei contribuenti, comportamenti che non possono essere ragionevolmente attribuiti alla società in questione. Inoltre, lo stesso sviluppo del contraddittorio dimostra che, dopo la produzione dei documenti richiesti, non è stata richiesta altra documentazione integrativa prima della notifica dell’accertamento, per cui alla contribuente non sarebbe stato consentita altra adeguata difesa. La contribuente è venuta cioè a conoscenza che l’Ufficio non riteneva sufficiente la documentazione prodotta per vincere la presunzione di cui all’art. 110 DPR 917/1986 solamente con la notifica dell’avviso di accertamento. L’ulteriore documentazione offerta in sede di ricorso, dunque, risponde al giusto diritto alla difesa che deve essere garantito al contribuente ”. Infondato l’accertamento senza motivazione delle rettifiche apportate Ctr Lazio n. 407/38/11 del 17 ottobre 2011 Al Fisco l’onere di provare e motivare gli elementi che hanno determinato una rettifica dei valori relativi all’imposta di registro e catastale nel caso di trasferimento di beni immobili. La mancanza di tale attestazione in sede di contenzioso rende annullabile per infondatezza l’accertamento. La CTR di Roma respinge il ricorso del Fisco in quanto lo stesso deve provare, in sede contenziosa, il fondamento della propria pretesa, con ricorso a quei criteri, e solo a essi, ai quali ha ritenuto riferirsi per motivare il proprio accertamento. Nella specie, invece, l’Ufficio non ha in alcun modo provato il proprio assunto, avendo omesso di fornire qualsiasi elemento al riguardo in particolare, non ha dato e neppure offerto la minima prova di quei trasferimenti, divisioni, perizie giudiziarie riguardanti il cespite in riferimento o altri similari dai quali, giusta l’enunciato avviso impugnato, dovrebbero essere desunti la giustificazione e la congruità della rettifica ”. Inesistenza giuridica per le cartelle munite di relata sul frontespizio Ctp Palermo n. 12/12 del 9 gennaio 2012 La CTP di Palermo accoglie il ricorso del contribuente avverso la cartella di pagamento e fondato sull’art. 128 cpc, ove stabilisce che il messo notificatore certifica l’eseguita notificazione mediante relazione da lui datata e sottoscritta, apposta in calce all’originale o alla copia dell’atto. E motiva la propria decisione stabilendo che essendo stata la relata di notifica della cartella di pagamento apposta sul frontespizio e non già in calce all’atto da notificare, ed essendo essa priva oltretutto anche della sottoscrizione del soggetto che ha proceduto alla notificazione, questa per costante orientamento giurisprudenziale, è da considerarsi giuridicamente inesistente tra l’altro Cass. n. 24442 del 2.10.2008 ”. Gerico batte le presunzioni semplici Ctp Bari n. 214/15/11 del 29 dicembre 2011 È da ritenersi illegittimo l’accertamento induttivo basato su presunzioni semplici discordanti dagli studi di settore. Soprattutto nella fattispecie che ha visto i giudici baresi riconoscere le ragioni del contribuente, questi ultimi appaiono essere più affidabili di altri metodi. In particolare, si legge nelle motivazioni, Di particolare interesse risulta la sentenza n. 13915 del 15.06.2009 della Suprema Corte con cui è stato affermato che lo strumento di stima degli studi di settore deve essere inteso come più affidabile rispetto ad altri criteri di stima dei ricavi che si basino su presunzioni semplici, pur se dotate dei requisiti di gravità, precisione e concordanza ”. Auto di lusso? Ok se trova giustificazione nel reddito del nucleo familiare Ctp Firenze 168/11/2011 del 16 dicembre 2011 Accertamento sintetico nei confronti di una contribuente che, pur possedendo un’automobile di grossa cilindrata, non presenta alcuna dichiarazione dei redditi. Via libera dalla CTP ma solo se l’Agenzia tiene in considerazione il reddito complessivo del nucleo familiare della contribuente. Spetta quindi al contribuente l’onere di produrre tutta la documentazione idonea a dimostrare tale disponibilità. Per i giudici fiorentini, in particolare, il principio è quello già espresso dalla sentenza della Cassazione n. 9549/11. Accertamento horror”. Dalla bara esce l’evasione fiscale Ctp Ravenna n. 243/02/11 del 4 novembre 2011 Anche il business del caro estinto a rischio evasione fiscale ed il Fisco ricorre al conteggio delle bare utilizzate e dei funerali curati dall’impresa. Con questo espediente, oltre a documenti attestanti una contabilità in nero rintracciati in sede di verifica, è stato contestato il reato ad un’impresa di servizi funebri. È quindi da considerarsi legittimo l’accertamento analitico-induttivo, di cui all’art. 39, comma 1, lettera d del DPR 600/1973, basato proprio su tali elementi, presunzioni gravi, precise e concordanti ”, per la ricostruzione di maggiori ricavi operata dal Fisco. E la CTP di Ravenna ha definitivamente sepolto” il ricorso dell’impresa. Antieconomicità della gestione. Al contribuente l’onere della prova Ctp Lecce n. 607/2/11 del 3 novembre 2011 Il contribuente può sfuggire” all’avviso di accertamento documentando la reale situazione di antieconomicità della gestione della propria attività posta a base della rettifica induttiva operata dal Fisco. In particolare, si legge nelle motivazioni della sentenza, l’Agenzia delle Entrate non doveva fermarsi al dato matematico, ma avrebbe dovuto approfondire la propria indagine al fine di verificare la realtà aziendale ed individuare i motivi della incongruenza emersa. L’Agenzia delle Entrate, invece, rilevata tale incongruenza, ha rideterminato i maggiori ricavi, effettuando una semplice operazioni aritmetica, e prendendo, quindi, come base per il calcolo dei maggiori ricavi per il 2004 l’incidenza dei costi sui ricavi dell’anno d’imposta 2003. Tale modus operandi è, però, illegittimo ed è in palese violazione del principio di autonomia dei singoli periodi di imposta, atteso che nella vita di un’azienda non vi possono essere automatismi ma ogni periodo di imposta può essere caratterizzato da circostanze particolari che ne influenzano il risultato economico finale ”. Tocca quindi al contribuente oggetto della contestazione attivarsi per produrre le prove necessarie e, nella fattispecie oggetto della sentenza, Alla luce delle precisazioni fornite, le incongruenze rilevate risultano ampiamente giustificate e, pertanto, non sono frutto di comportamenti di evasione di imposte posti in essere dalla ricorrente ”. A cura di d.t.