RASSEGNA TRIBUTARIA DELLA CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA 15 APRILE 2011, N. 8613 RISCOSSIONE DELLE IMPOSTE - A MEZZO RUOLI TRIBUTI DIRETTI DISCIPLINA ANTERIORE ALLA RIFORMA TRIBUTARIA DEL 1972 - RISCOSSIONE ESATTORIALE - PAGAMENTO DELLE IMPOSTE - CARTELLE. Omessa indicazione del responsabile del procedimento - Cartelle emesse precedentemente al 1 giugno 2008 - Nullità - Esclusione - Ragioni. TRIBUTI IN GENERALE - CONTENZIOSO TRIBUTARIO DISCIPLINA POSTERIORE ALLA RIFORMA TRIBUTARIA DEL 1972 - PROCEDIMENTO - PROCEDIMENTO DI PRIMO GRADO - RICORSO INTRODUTTIVO - IN GENERE. Ricorso avverso cartella di pagamento - Contestazione di vizi non attinenti la cartella - Legittimazione passiva - Dell'ente impositore - Configurabilità - Ragioni. In tema di atti tributari, l'art. 7, comma 2, lett. a della legge 212/2000, il quale dispone che per qualsiasi atto dell'Amministrazione finanziaria e dei concessionari della riscossione - e, quindi, anche per le cartelle esattoriali - si debba tassativamente indicare il responsabile del procedimento, non comporta, nel caso di omissione di tale indicazione, la nullità dell'atto, non equivalendo la predetta espressione ad una previsione espressa di nullità, come confermato anche dall'art. 36, comma 4 ter, del Dl 248/2007, convertito nella legge 31/2008 - norma ritenuta dalla Corte costituzionale, con sentenza 58/2009, non in contrasto con gli artt. 3, 23, 24, 97 e 111 Cost. - che, nell'introdurre specificamente la sanzione di nullità per le cartelle non indicanti il nome del responsabile del procedimento, fissa la decorrenza di tale disciplina dal 1° giugno 2008, precisando, con portata interpretativa, che la mancata indicazione dei responsabili dei procedimenti nelle cartelle di pagamento relative a ruoli consegnati prima di tale data non è causa di nullità delle stesse . In tema di contenzioso tributario, qualora il contribuente abbia impugnato una cartella esattoriale, emessa dal concessionario per la riscossione, per motivi che non attengono a vizi della cartella medesima, il ricorso deve essere notificato all'ente impositore nella specie l'Agenzia delle Entrate quale titolare del credito oggetto di contestazione nel giudizio, essendo il concessionario un mero destinatario del pagamento, o più precisamente, mutuando lo schema civilistico dell'art. 1188 cc, il soggetto incaricato dal creditore ed autorizzato a ricevere il pagamento. Il principio deriva da Sez. U, Sentenza 16412/2007 nella disciplina della riscossione delle imposte vigente in epoca anteriore alla riforma introdotta dal D.Lgs. 46/1999, la cartella di pagamento svolge la funzione di portare a conoscenza dell'interessato la pretesa tributaria iscritta nei ruoli, entro un termine stabilito a pena di decadenza della pretesa tributaria, ed ha un contenuto necessariamente più ampio dell'avviso di mora, la cui notifica è prevista soltanto per il caso in cui il contribuente, reso edotto dell'imposta dovuta, non ne abbia eseguito spontaneamente il pagamento nei termini indicati dalla legge. La mancata notificazione della cartella di pagamento comporta pertanto un vizio della sequenza procedimentale dettata dalla legge, la cui rilevanza non è esclusa dalla possibilità, riconosciuta al contribuente dall'art. 19, comma terzo, del D.Lgs. 546/1992, di esercitare il proprio diritto di difesa a seguito della notificazione dell'avviso di mora, e che consente dunque al contribuente di impugnare quest'ultimo atto, deducendone la nullità per omessa notifica dell'atto presupposto o contestando, in via alternativa, la stessa pretesa tributaria azionata nei suoi confronti. In entrambi i casi, la legittimazione passiva spetta all'ente titolare del credito tributario e non già al concessionario, al quale, se è fatto destinatario dell'impugnazione, incombe l'onere di chiamare in giudizio il predetto ente, se non vuole rispondere dell'esito della lite, non essendo il giudice tenuto a disporre d'ufficio l'integrazione del contraddittorio, in quanto non è configurabile nella specie un litisconsorzio necessario. In senso conforma già la sentenza 10805/2010. SEZIONE QUINTA 11 APRILE 2011, N. 8204 TRIBUTI ERARIALI DIRETTI - IMPOSTA SUL REDDITO DELLE PERSONE FISICHE I.R.P.E.F. TRIBUTI POSTERIORI ALLA RIFORMA DEL 1972 - REDDITI DI IMPRESA - DETERMINAZIONE DEL REDDITO - PLUSVALENZE PATRIMONIALI. Plusvalenza da cessione di cessione di azienda - Onerosità del trasferimento - Accertamento della natura intrinseca dell'atto - Necessità - Fattispecie in tema di cessione di azienda tra padre e figlio. Ai fini della configurazione della natura onerosa dell'atto di cessione di azienda e della conseguente soggezione all'imposta sui redditi della relativa plusvalenza, ai sensi dell'art. 54, comma 5, del Dpr 917/1986 numerazione anteriore a quella introdotta dal D.Lgs. 344/2003 , occorre interpretare l'atto, secondo i canoni legali di ermeneutica contrattuale, allo scopo di accertarne la natura intrinseca, anche prescindendo dal contenuto di clausole o dichiarazioni inserite per finalità incoerenti rispetto agli elementi essenziali del tipo di contratto concluso. Nella specie la S.C. ha affermato che costituiscono elementi presuntivi della natura onerosa di una cessione di azienda tra padre e figlio la denominazione della scrittura privata quale compravendita, con indicazione del relativo prezzo, il difetto di una vera collaborazione nell'esercizio dell'attività da parte del figlio cessionario e l'ubicazione dell'azienda . In senso conforme, Sez. 5, Sentenza 2807/2002 nella cessione di azienda, ai fini della configurazione di una plusvalenza da avviamento commerciale ai sensi dell'art. 54 del Dpr 917/1986 , deve farsi riferimento alla natura intrinseca ed alla configurazione giuridica dell'atto che ha operato il trasferimento del bene prescindendo dal contenuto di clausole o dichiarazioni, inserite per finalità dell'atto stesso e comunque incoerenti rispetto agli elementi essenziali del tipo di contratto concluso ed al fatto che la stessa cessione risulta realizzata e tassabile, in presenza di negozio oneroso. Deve invece ritenersi insussistente nel caso di trasferimento mortis causa o per atto gratuito a familiari. SEZIONE QUINTA 11 APRILE 2011, N. 8177 IMPUGNAZIONI CIVILI - CASSAZIONE RICORSO PER - GIURISDIZIONI SPECIALI IMPUGNABILITÀ - COMMISSIONI TRIBUTARIE. Proposizione del ricorso per cassazione nei confronti del Ministero dell'economia delle finanze - Inammissibilità - Costituzione dell'Agenzia delle entrate - Sanatoria - Fattispecie. IMPUGNAZIONI CIVILI - IMPUGNAZIONI IN GENERALE - LEGITTIMAZIONE ALL'IMPUGNAZIONE - PASSIVA. Proposizione dell'impugnazione nei confronti di parte priva della legittimazione passiva - Nullità - Sussistenza - Costituzione della parte legittimata passivamente - Sanatoria ex tunc - Fattispecie. La nullità del ricorso proposto nei confronti di soggetto privo di legittimazione ad causam è sanabile, con effetto ex tunc , dal momento della costituzione in giudizio del soggetto passivamente legittimato, impedendo detta costituzione sempre e comunque l'inammissibilità per tardività del gravame, nel caso dei giudizi iniziati dopo il 30 aprile 1995, cui si applica l'art. 164, terzo comma, cod. proc. civ., come novellato dall'art. 9 della legge 353/1991. Sulla base di tale principio, la S.C., rilevato che il ricorso contro la cartella di pagamento per la restituzione della tassa di concessione governativa di iscrizione nel registro delle imprese, erroneamente rimborsata due volte al contribuente, era stato proposto nei confronti del Ministero dell'economia e delle finanze, lo ha dichiarato inammissibile, peraltro ritenendo sanato il difetto di contraddittorio per la spontanea costituzione dell'Agenzia delle entrate, quale parte legittimata . Contrasto di giurisprudenza. In senso conforme, Sez. 5, Sentenza 27452/2008 il ricorso per cassazione proposto nei confronti di soggetto privo di legittimazione ad causam è affetto da nullità, la quale è, peraltro, sanabile, con effetto ex tunc , dal momento della costituzione in giudizio del soggetto passivamente legittimato, impedendo detta costituzione sempre e comunque l'inammissibilità per tardività del gravame, anche se il controricorso risulti notificato oltre il termine di cui all'art. 370 Cpc, non avendo tale termine iniziato il suo decorso a causa della nullità della notifica del ricorso. Nella specie, relativa all'impugnazione di un avviso di accertamento IRPEF, il ricorso per cassazione era stato proposto nei confronti del Ministero dell'economia e delle finanze, tacitamente estromesso dal giudizio di appello a seguito dell'istituzione dell'Agenzia delle Entrate, nei confronti delle quali il giudizio era proseguito. In applicazione del principio di cui in massima, la S.C. ha affermato che la nullità del ricorso era stata sanata dalla costituzione del soggetto legittimato passivamente . In senso difforme, Sez. 5, Sentenza 26321/2010 in tema di contenzioso tributario, qualora il giudizio di appello si sia svolto nei confronti dell'Agenzia delle Entrate, in epoca successiva al 1° gennaio 2001, con la conseguente estromissione del Ministero dell'Economia e delle Finanze, costituito in primo grado, la notifica del ricorso in cassazione effettuata al solo Ministero dell'Economia e delle Finanze è da considerarsi inesistente. L'eventuale costituzione in giudizio dell'Agenzia delle Entrate, soggetto avente effettiva legittimazione, ha efficacia sanante ma soltanto ex nunc , e pertanto l'inammissibilità del ricorso non è esclusa dalla notifica del controricorso, ove questa sia avvenuta oltre il termine previsto per l'impugnazione. SEZIONE QUINTA 11 APRILE 2011, N. 8166 TRIBUTI IN GENERALE - CONTENZIOSO TRIBUTARIO DISCIPLINA POSTERIORE ALLA RIFORMA TRIBUTARIA DEL 1972 - PROCEDIMENTO - IN GENERE. Accertamento in rettifica delle dichiarazioni dei redditi di società di persone e dei soci - Autonomia dei rispettivi avvisi - Configurabilità - Diritto di difesa dei soci - Contenuto. In materia tributaria, l'unitarietà dell'accertamento che è a base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società di persone e delle associazioni di cui all'art. 5 Dpr 917/1986 e dei soci delle stesse e la conseguente automatica imputazione dei redditi a ciascun socio, proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili ed indipendentemente dalla percezione degli stessi, comporta la configurabilità di un'ipotesi di litisconsorzio necessario originario tuttavia ciò non esclude che sia la società che i soci, ciascuno in relazione alla pretesa vantata nei loro confronti dal fisco, siano destinatari di avvisi autonomi ancorché riferentisi ad un accertamento unitario e debbano essere posti in condizione di esercitare compiutamente e tempestivamente il proprio diritto di difesa in relazione ad essi. L'accertamento del rispetto del diritto di difesa anche del socio di una società di persone deve, pertanto, essere effettuato con riguardo ai tempi della notifica, al contenuto e alla motivazione dell'avviso impugnato, verificando che esso sia ben motivato, ossia contenga tutte le informazioni necessarie a consentirgli di difendersi anche riportando, ad esempio, i passi rilevanti dell'accertamento nei confronti della società, sulla base del quale è stato calcolato il suo reddito di partecipazione , a prescindere dall'unitarietà dell'accertamento rispetto alla società e dai tempi di notifica dell'avviso riguardante il reddito della stessa. Continuano le variazioni sul tema dell'accertamento nell'ambito dei redditi di partecipazione, in conseguenza del noto principio posto dalle Sez. U, Sentenza 14815/2008 in materia tributaria, l'unitarietà dell'accertamento che è alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società di persone e delle associazioni di cui all'art. 5 Dpr 917/1986 e dei soci delle stesse e la conseguente automatica imputazione dei redditi a ciascun socio, proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili ed indipendentemente dalla percezione degli stessi, comporta che il ricorso tributario proposto, anche avverso un solo avviso di rettifica, da uno dei soci o dalla società riguarda inscindibilmente sia la società che tutti i soci - salvo il caso in cui questi prospettino questioni personali -, sicché tutti questi soggetti devono essere parte dello stesso procedimento e la controversia non può essere decisa limitatamente ad alcuni soltanto di essi siffatta controversia, infatti, non ha ad oggetto una singola posizione debitoria del o dei ricorrenti, bensì gli elementi comuni della fattispecie costitutiva dell'obbligazione dedotta nell'atto autoritativo impugnato, con conseguente configurabilità di un caso di litisconsorzio necessario originario. Conseguentemente, il ricorso proposto anche da uno soltanto dei soggetti interessati impone l'integrazione del contraddittorio ai sensi dell'art. 14 D.Lgs. 546/92 salva la possibilità di riunione ai sensi del successivo art. 29 ed il giudizio celebrato senza la partecipazione di tutti i litisconsorzi necessari è affetto da nullità assoluta, rilevabile in ogni stato e grado del procedimento, anche di ufficio.