NOVITÀ FISCALI IN PILLOLE

Panorama ricchissimo, in questo week-end, per le novità fiscali di maggiore rilievo. Così come ricchissima è la platea delle fonti utilizzate. Partiamo, questa volta, dall'Europa, con una pronuncia della Corte di Giustizia, che affronta il tema dell'applicabilità dell'Iva e del 'peso' specifico della sede dell'attività. Ritornando in Italia, invece, spazio all'Agenzia delle Entrate, con una curiosità i beni prodotti e gestiti dai detenuti non sono assoggettati ad Iva. Molto più corposo, invece, il 'pacchetto' di segnalazioni che arriva dalle Commissioni tributarie da un lato e dalla Cassazione dall'altro. Prendiamo il 'la' da quest'ultima, citando alcuni dei più importanti temi trattati 'frodi carosello' sequestro non applicabile per un'azienda con patrimonio consistente rettifica dell'Iva bancarotta risarcimento del danno valutato come sopravvenienza pegno a favore di terzi come eventuale limite al sequestro confisca e accertamento stock affittato con l'azienda e termine per la presunzione di vendita Iva e operazioni intracomunitarie accertamento e 'peso' dei conti correnti dei parenti. Per chiudere, infine, spazio alle Commissioni tributarie. Anche in questo caso riportiamo alcune delle tematiche affrontate raddoppio dei termini e retroattività transfer pricing indeducibilità dei costi da reato studi di settore con pareri controcorrente . FALLIMENTO TERMINE ANNUALE ANCHE PER IL FISCO CASSAZIONE N. 20910 DEL 11 OTTOBRE 2011 Nessun canale privilegiato per il Fisco che ha diritto ad insinuarsi nel passivo entro l'anno dal fallimento. Non lascia quindi spazio ad altre interpretazioni l'ordinanza della Cassazione ove stabilisce che l'Amministrazione finanziaria, come tutti gli altri creditori, debba in linea di principio rispettare il termine annuale di cui all'art. 101 L.F. per la presentazione delle istanza tardive di insinuazione senza che i diversi e più lunghi termini previsti per la formazione dei ruoli e la emissione delle cartelle possano costituire una esimente di carattere generale dal rispetto del citato termine di cui all'art 101 L.F In altri termini, una volta che l'amministrazione finanziaria abbia avuto conoscenza della dichiarazione di fallimento, la stessa deve immediatamente attivarsi per predisporre i titoli per la tempestiva insinuazione dei propri crediti al passivo in termini inferiori a quelli massimi attribuiti dalla legge per l'espletamento di tali incombenze . NON BASTA LA FATTURA A PROVARE IL CREDITO CASSAZIONE N. 20802 DEL 10 OTTOBRE 2011 Servono prove più forti della semplice fattura per provare il credito. La Cassazione detta quindi precise indicazioni in merito ove sottolinea come La fattura commerciale, per la sua formazione unilaterale e la sua inerenza ad un rapporto già formato tra le parti, ha natura di atto partecipativo e non di prova documentale, o di indizio circa l'esistenza del credito in essa riportato cfr. ex multis, Cass. nn. 15383/10 e 9593/04 , di talché, contestatone in giudizio l'importo, incombe sull'emittente l'onere di provare l'esatto ammontare del proprio credito. Tale regola non varia allorché il debitore convenuto, oltre a contestare la cifra fatturata, deduca e provi, sia pur genericamente, di aver già pagato la diversa e inferiore somma dovuta. Infatti, poiché le dichiarazioni ammissive complesse o qualificate, in virtù dell'aggiunta di fatti favorevoli alla parte che le ha rese, sono inscindibili come si desume dall'art. 2697 c.comma assegna ai soggetti del rapporto dedotto in giudizio, resta pur sempre a carico dell'attore dimostrare che una frazione del proprio credito sia rimasta comunque insoddisfatta . BANCAROTTA ANCHE PER IL LIQUIDATORE CHE OMETTE I CONTROLLI SULLE SCRITTURE CONTABILI CASSAZIONE N. 36435 DEL 7 OTTOBRE 2011 Il liquidatore che omette il controllo dell'esistenza delle scritture contabili e della loro regolare tenuta risponde di bancarotta fraudolenta documentale. Per la Cassazione, infatti, la responsabilità del liquidatore deriva non solo dall'articolo 223 della legge fallimentare, ma anche dall'articolo 2489 del Codice Civile, che rinvia alle norme in tema di responsabilità degli amministratori e quindi anche all'articolo 2932, che, come questa corte ha già più volte affermato, fissa un principio di ordine generale, secondo cui l'amministratore deve vigilare sulla gestione ed impedire il compimento di atti pregiudizievoli, oltre che attenuarne le conseguenze dannose. Se ne inferisce, anche per i liquidatori, una posizione di garanzia del bene giuridico penalmente tutelato, con il corollario, ineludibile, che in capo ad essi si profila la responsabilità alla stregua dell'art. 40 cpv c.p., se i detti obblighi siano stati disattesi senza contare che proprio in relazione alle scritture contabili esiste per i liquidatori il preciso obbligo di ricevere in consegna i libri sociali art. 2487-bis, comma terzo, del codice civile , obbligo che evidentemente si estende anche al liquidatore successivamente nominato in sostituzione del precedente. Ne consegue che non può comunque ritenersi esente da responsabilità il liquidatore che non riceve i libri contabili e che omette ogni controllo sulla loro esistenza e sulla loro regolare tenuta si veda, sul punto, la pagina 3 della sentenza di primo grado . FRODE CAROSELLO A TUTTO CAMPO CASSAZIONE N. 36394 DEL 7 OTTOBRE 2011 La cartiera è sempre responsabile penalmente della frode carosello art. 8 DLGS. 74/2000 quando la società interponente utilizza le fatture fittizie per operazioni inesistenti in sede di dichiarazione annuale. Si legge così in un passaggio dell'articolata sentenza come Il riflesso penale immediato di tale frode è quindi remissione, da parte delle imprese interposte/cartiere , di fatture per operazioni inesistenti nei confronti dell'interponente, condotta prevista e punita dall'art. 8 del D.Lgs. 74/2000 mentre, di riflesso, nei confronti di quest'ultimo potrà ravvisarsi il reato di cui all'art. 2 del D.Lgs. 74/2000, allorché egli, in sede di dichiarazione annuale, si sia avvalso degli elementi passivi fittizi originati dalle dette fatture per operazioni inesistenti. Più in particolare, nel caso in cui le fatture, per quanto false, sottendano ad uno scambio reale di merci non provenienti però dall'interposto ma direttamente dal fornitore di questo le fatture saranno soggettivamente inesistenti in quanto recanti quale fornitore un soggetto non realmente parte contrattuale e cioè l'interposto/cartiera mentre se addirittura non vi è stata, in realtà, alcuna cessione di merci si avranno fatture oggettivamente inesistenti . IL CALCOLO DEGLI INTERESSI DECORRE DALLA LIQUIDAZIONE DELLA SOMMA CASSAZIONE N. 20600 DEL 7 OTTOBRE 2011 Termine quinquennale con decorrenza dalla data di avvio della liquidazione e non dalla data di presentazione della dichiarazione. Per la Cassazione, si legge infatti nelle conclusioni della sentenza, soltanto successivamente alla presentazione della dichiarazione ed all'esito delle predette operazioni di controllo l'Ufficio finanziario è posto nella condizione di liquidare l'esatto imposto dovuto che può essere riscosso dal contribuente idest diviene esigibile solo con la consegna del ruolo significativo in proposito l'intervento del Legislatore che, con l'art. 2 co 10 lett. a DI. 30.9.2005 n. 203 conv. con modificazioni nella legge 2.12.2005 n. 248 -norma che non trova applicazione ratione temporis alla fattispecie in esame ha introdotto il comma 2 bis all'art. 36 bis Dpr n. 600/73 autorizzando l'Ufficio finanziano se vi è pericolo per la riscossione a provvedere alle operazioni di controllo concernenti i versamenti delle imposte e ritenute anche prima della presentazione della dichiarazione annuale . Da ciò deriva che il credito inerente agli interessi non è esigibile dalla Amministrazione finanziaria fino a che non sia definitivamente liquidata e non sia divenuta esigibile la somma dovuta a titolo di imposta o di ritenuta di acconto -alla quale accedono gli interessi-, con la conseguenza che solo a partire da detto momento inizia a decorrere il relativo termine quinquennale di prescrizione artt. 2935 e 2948 comma 1, n. 4 cod. civ. . DIVERSE SEDI, UNICA REGIA. È STABILE ORGANIZZAZIONE CASSAZIONE N. 20597 DEL 7 OTTOBRE 2011 La verifica fiscale deve mirare alla sostanza e non limitarsi esclusivamente all'aspetto formale dell'organizzazione dell'azienda estera sul territorio nazionale. Ne risulta così che più sedi dislocate sul territorio nazionale, ancorché formalmente distinte ma di fatto dirette da una unica regia, rappresentano stabile organizzazione di un soggetto estero. LA CONFISCA NON FERMA L'ACCERTAMENTO CASSAZIONE N. 20583 DEL 7 OTTOBRE 2011 La confisca dell'intero patrimonio sociale non ferma l'accertamento fiscale. Accogliendo il ricorso del fisco, la Suprema Corte ha così concluso che È infatti corretto ritenere che il sequestro e la confisca penale concernono il patrimonio della società e quindi non influiscono sulla esistenza della società stessa, e sulla sua capacità ad essere titolare di rapporti giuridici, tra cui quello in oggetto da ciò deriva anche che il legale rappresentante della società rimane in carica, con ritualità della avvenuta notificazione dell'avviso di accertamento. Peraltro ove la società sia stata cancellata dal registro della imprese fatto che peraltro non risulta acclarato in sentenza la stessa sopravvive fino alla estinzione dei rapporti giuridici pendenti, e della contestazioni giudiziali, secondo la normativa civilistica vigente ratione temporis ed in ogni caso rimane la responsabilità dei soci illimitatamente responsabili . D'UFFICIO LA RETTIFICA DELL'IVA CASSAZIONE N. 20580 DEL 7 OTTOBRE 2011 Sempre legittima la rettifica dell'IVA, anche se non viene preceduta dalla verifica delle Fiamme Gialle, quando la contabilità è irreperibile perché sottratta o andata persa in un incendio. Grava quindi sul contribuente l'onere di ricostruire gli acquisti complessivi, e l'imposta detratta, recuperando la documentazione dai propri fornitori. La Cassazione conclude infatti che nel caso in cui il contribuente, o il curatore nominato a seguito di suo fallimento, dimostri di trovarsi nell'incolpevole impossibilità di produrre le fatture ed il registro, nella specie, a causa di incendio avvenuto nella sede della società prima della dichiarazione di fallimento, e di non essere neppure in grado di acquisire copia delle fatture presso i fornitori dei beni o dei servizi, trova applicazione la regola generale prevista dall'art. 2724, n. 3, cod. civ., secondo cui la perdita incolpevole del documento occorrente alla parte per attestare una circostanza a lei favorevole non costituisce motivo di esenzione dall'onere della prova, né trasferisce lo stesso a carico dell'Ufficio, ma autorizza soltanto il ricorso alla prova per testimoni o per presunzioni, in deroga ai limiti per essa stabiliti Cass. n. 5182 del 2011, n. 21233 del 2006 . Quanto alla previa ispezione della contabilità del contribuente, l'ufficio finanziario può procedere alla rettifica indipendentemente da essa, ai sensi dell'art. 54, secondo comma, del d.P.R. n. 633 del 1972, quando l'inesattezza delle indicazioni relative alle operazioni che danno diritto alla detrazione'' risulti, tra l'altro, come nel caso in esame, da questionari di cui al precedente art. 51 . L'IVA CEE ALLA PROVA DEL TRASPORTO CASSAZIONE N. 20575 DEL 7 OTTOBRE 2011 Operazioni intracomunitarie esenti da IVA solo se viene provato, dal contribuente, l'effettivo trasporto della merce al di fuori del territorio nazionale. Per la Cassazione, in particolare, l'onere di provare l'esistenza dello scambio intracomunitario cioè l'effettivo trasferimento del bene nel territorio di altro Stato membro va posto a carico del contribuente che emette la fattura, dichiarando che la operazione non è imponibile art. 46 co. 2 DL n. 331/93 senza applicare l'imposta nei confronti del cessionario art. 50 co. 1 DL n. 331/93 , in ragione del principio generale ex art. 2697 c.comma secondo il quale l'onere di provare la sussistenza dei presupposti di fatto che legittimano la deroga al normale regime impositivo è a carico di chi invoca la deroga agevolativa cfr. Corte Cass. V sez. 13.2.2009 n. 3603, in motivazione, che richiama a supporto la costante giurisprudenza della Corte in tema di prova, della quale è onerato il contribuente, del trasporto o spedizione del bene ceduto nel caso di cessioni alla esportazione disciplinate dall'art. 8 Dpr n. 633/72 cfr. Corte Cass. V sez. 3.5.2002 n. 6351 id. 21.6.2002 n. 9104 id. 26.5.2006 n. 1260 -. Si veda anche Corte Cass. V sez. 27.10.2010 n. 21956 che, sempre in tema di cessione all'esportazione nel caso di cd. triangolazione richiede che il cedente fornisca la prova dell'avvenuta uscita della merce dal territorio doganale della Comunità . SEDE DELL'ATTIVITÀ DETERMINANTE PER L'IVA CORTE DI GIUSTIZIA UE CAUSA C-421/10 DEL 6 OTTOBRE 2011 Ai fini IVA determinante il collegamento effettivo che esiste tra contribuente e stato membro in cui a sede l'attività economica. A nulla rileva invece lo stato in cui lo stesso contribuente ha mantenuto la propria residenza. Per i giudici, infatti, la qualità di soggetto passivo non residente all'interno del paese presuppone che il soggetto passivo non disponga in tale paese, nel corso del periodo di riferimento, di alcuno dei criteri di collegamento ivi individuati v., in tal senso, sentenza Commissione/Italia, cit., punto 27 . Orbene, al primo posto di tali criteri figurano la sede dell'attività economica e l'esistenza di un centro di attività stabile a partire dal quale sono svolte le operazioni v., in tal senso, sentenza Commissione/Italia, cit., punto 28 . Come risulta dal tenore letterale dell'art. 1 dell'ottava direttiva, gli altri criteri di collegamento ivi menzionati, ad esempio l'esistenza del domicilio o della residenza abituale del soggetto passivo, possono essere presi in considerazione per la determinazione del luogo in cui il soggetto passivo è considerato stabilito solo in mancanza di informazioni pertinenti relative alla sede dell'attività economica o al centro di attività stabile a partire dal quale sono svolte le operazioni . Ne consegue che, in una situazione come quella di cui trattasi nella causa principale, caratterizzata, da un lato, dal fatto che la sede dell'attività economica del soggetto passivo è nota e si trova all'esterno del paese del destinatario e, dall'altro, dalla circostanza che non è contestato che si tratta della sede effettiva e reale e non di una sede o di un insediamento fittizi, non si può tener conto di un'eventuale residenza privata del soggetto passivo all'interno di tale paese . IL PEGNO NON FERMA IL SEQUESTRO CASSAZIONE N. 36293 DEL 6 OTTOBRE 2011 Sequestro per equivalente ammissibile anche sul dossier titoli nonostante il gravame esistente di un pegno a favore di terzi. Per la Cassazione, infatti, La misura cautelare della quale si controverte è, infatti, un sequestro preventivo preordinato alla confisca non direttamente del profitto del reato, ma di una quantità di beni di cui il reo ha la disponibilità che sia equivalente rispetto al profitto stesso. Tale istituto, previsto dall'art. 322-ter, secondo comma, c.p., è applicabile anche ai reati tributari e tali sono quelli per cui si procede a norma dell'art. 1, comma 143, della legge n. 244 del 2007. Ne deriva, con riferimento al caso di specie, che l'estraneità rispetto al reato dei beni oggetto di sequestro non assume alcuna rilevanza in relazione alla legittimità del sequestro stesso, ben potendo esso avere ad oggetto il diritto di proprietà degli indagati su dossier titoli pignorati a favore di un terzo sulla sequestrabilità di beni oggetto di diritti reali da parte di terzi, cfr., ex multis, Cass., sez. un. 18 maggio 1994, n. 9 Sez. I, 16 giugno 2009, n. 32648 Sez. II, 7 novembre 2008, n. 45400 . LA CARTELLA ANNULLATA NON FERMA LA CONFISCA PER EQUIVALENTE CASSAZIONE N. 36290 DEL 6 OTTOBRE 2011 Non rileva l'annullamento delle cartelle di pagamento ai fini della confisca per equivalente nelle situazioni di sottrazione fraudolenta dei beni aziendali al Fisco. Conclude così la sentenza che la fattispecie di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, di cui all'art. 11 del D.Lgs. n. 74/2000, è diversa rispetto all'omologa fattispecie, oggi abrogata, di cui all'art. 97, comma 6°, del DPR. n. 602/1973 come modificato dall'art. 15, comma 4°, della legge n. 413/1991 , in quanto a fronte della identità sia dell'elemento soggettivo costituito dal fine di evasione ed integrante il dolo specifico, che della condotta materiale rappresentata dall'attività fraudolenta la nuova fattispecie, da un lato, non richiede che l'amministrazione tributaria abbia già compiuto un'attività di verifica, accertamento o iscrizione a ruolo e, dall'altro, non richiede l'evento che, nella previgente previsione, era essenziale ai fini della configurabilità del reato, ossia la sussistenza di una procedura di riscossione in atto e la effettiva vanificazione della riscossione tributaria coattiva. La nuova fattispecie delittuosa costituisce reato di pericolo e non più di danno e l'esecuzione esattoriale, quindi, non configura un presupposto della condotta illecita, ma è prevista solo come evenienza futura che la condotta tende e deve essere idonea a neutralizzare. Ai fini della perfezione del delitto, pertanto, è sufficiente la semplice idoneità della condotta a rendere inefficace anche parzialmente la procedura di riscossione idoneità da apprezzare con giudizio ex ante e non anche l'effettiva verificazione di tale evento vedi Cass. Sez. III, 9.4.2008, n. 14720 Sez. V, 26.2.2007, n. 7916 e Sez. III, 18.5.2006, n. 17071 . È SOPRAVVENIENZA IL RISARCIMENTO PER DANNO LIEVE CASSAZIONE N. 20465 DEL 6 OTTOBRE 2011 Il risarcimento assicurativo, a fronte di un danno lieve che permette la riparazione del bene e quindi il mantenimento del valore dello stesso iscritto a bilancio, deve essere contabilizzato quale sopravvenienza attiva ai sensi dell'art. 88 del TUIR. Diverso trattamento per le predette spese di riparazione che seguono, invece, quanto stabilito dall'art. 102 del TUIR. Inoltre, per la Cassazione, Va da sé che tale plusvalenza, con i calcoli connessi, si realizza quando danno e risarcimento si collocano nelle stesso esercizio ove ciò non si verifichi come nella fattispecie, in cui il danno si verificò nel 1993 ed il risarcimento fu erogato nel 1994, trova applicazione l'art. 55 comma 1 TUIR, secondo cui, salva l'ipotesi che il credito relativo al risarcimento sia stato iscritto a bilancio nel medesimo periodo di imposta dell'evento dannoso, il risarcimento stesso costituisce sopravvenienza attiva completamente tassabile sul presupposto che il danno abbia generato una posta negativa già considerata nell'esercizio di competenza . LIEVE RITARDO NIENTE ACCERTAMENTO CASSAZIONE N. 20461 DEL 6 OTTOBRE 2011 Rispondere al questionario o fornire documenti all'amministrazione finanziaria con lieve ritardo non legittima l'accertamento induttivo. Accogliendo il ricorso del contribuente, i giudici della Cassazione hanno così concluso che che il legislatore, lungi dallo stabilire una sorta di automatismo, ha graduato le conseguenze in relazione a tipo di inadempimento del contribuente all'invito a produrre documenti e/o risposte a questionari, mettendo il solo totale inadempimento sullo stesso piano delle altre ipotesi previste dall'art. 39 dpr 600/73, soprattutto quando come nel caso di specie, l'invito alla produzione dei documenti era stato preceduto da altri due inviti regolarmente evasi . Può dunque affermarsi il seguente principio di diritto il solo non grave ritardo da parte del contribuente nel riscontro ad una richiesta di documenti da parte dell'ufficio, accompagnata dalla concessione del termine minimo di gg. 15, specie se già preceduta da altre richieste regolarmente evase, non legittima il ricorso al metodo di accertamento induttivo ex art. 39, co. 2° dpr 600/73 . IL MERCATO COME RIFERIMENTO. TUTTI DA PROVARE I COSTI SOSTENUTI PER VALORI SUPERIORI CASSAZIONE N. 20451 DEL 6 OTTOBRE 2011 Facile per il fisco rilevare come costi fittizi quelli sostenuti dall'azienda a valori superiori a quelli normali di mercato, più difficile per l'azienda stessa dimostrarne la deducibilità. Accogliendo il ricorso dell'Agenzia delle Entrate, e ribaltando l'esito dei precedenti gradi di giudizio, la Cassazione ha stabilito che nella fattispecie si tratta di un istituto di credito che ha acquistato titoli da una propria controllata la spesa iscritta a bilancio era superiore al valore di mercato dei titoli acquistati quale definito dall'articolo 9 del D.P.R. 917 e che il sovraprezzo non aveva funzione di corrispettivo ma di finanziamento presumibilmente gratuito. Nessun rilievo ha la circostanza che i titoli acquistati siano stati appostati al valore fittizio di acquisto, né che in tal modo la società cessionaria dei titoli non abbia potuto far valere la minusvalenza collegata alla riduzione di valore dei titoli in questione, né che la società controricorrente dovrà-potrà prima o poi far valere la minusvalenza corrispondente alla differenza tra il prezzo pagato e il minor valore di mercato ed anzi tale eventualità conferma ulteriormente l'illegittimità della deduzione del prezzo artificiosamente gonfiato . allorquando il prezzo sia in tutto o in parte fittizio come tale trattandosi di una maggiorazione del prezzo non giustificata sul piano della corrispettività è indiscutibile la sua non inerenza e comunque la mancanza di prova in ordine a tale requisito . L'ACCERTAMENTO NON ESCLUDE I CONTI CORRENTI DEI PARENTI CASSAZIONE N. 20449 DEL 6 OTTOBRE 2011 Onere della prova a carico del contribuente quando, trattandosi di società a ristretta base familiare, l'indagine del Fisco coinvolge anche i coni correnti dei parenti ritenuti direttamente riferibili invece al contribuente stesso. Per la Cassazione, si legge così nella sentenza, in tema di poteri di accertamento degli uffici finanziari devono ritenersi legittime le indagini bancarie estese ai congiunti del contribuente persona fisica, ovvero a quelli degli amministratori della società contribuente, in quanto sia l'art. 32, n. 7, del d.P.R. 29 settembre 1973 , n. 600, riguardo alle imposte sui redditi, che l'art. 51 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 , riguardo all'IVA, autorizzano l'ufficio finanziario a procedere all'accertamento fiscale anche attraverso indagini su conti correnti bancari formalmente intestati a terzi, ma che si ha motivo di ritenere connessi ed inerenti al reddito del contribuente, ipotesi, questa, ravvisabile nel rapporto familiare, sufficiente a giustificare, salva prova contraria, la riferibilità al medesimo accertato delle operazioni riscontrate su conti correnti bancari degli indicati soggetti, come nella specie in particolare quando si tratti di movimentazioni bancarie cospicue senza che gli amministratori o terzi diano valida giustificazione di tali operazioni Cfr. anche Cass. Sentenze n. 18083 del 04/08/2010, n. 374 del 2009 . NON È SANZIONABILE IL RITARDATO VERSAMENTO DELLA RATA DEL CONDONO CASSAZIONE N. 20444 DEL 6 OTTOBRE 2011 Richiamando quanto già indicato nella precedente sentenza 1124/06, i giudici della Cassazione, accogliendo il ricorso della Cassazione, hanno così ribadito che In tema di condono fiscale e con riguardo al beneficio, accordato dall'art. 62 bis della legge 30 dicembre 1991, n. 413, della non applicazione delle sanzioni amministrative comminate per la violazione dell'obbligo di versamento delle imposte o delle ritenute risultanti dalle dichiarazioni annuali presentate, l'omesso pagamento, entro il termine prescritto, della seconda rata delle imposte o delle ritenute anzidette, dopo il regolare pagamento della prima, non determina la decadenza totale dal beneficio, permanendo gli effetti della dichiarazione integrativa, in ordine all'ammontare delle sanzioni applicabili, fino alla concorrenza della somma tempestivamente versata . STOCK AFFITTATO CON L'AZIENDA. TERMINE DI UN ANNO PER LA PRESUNZIONE DI VENDITA CASSAZIONE N. 20443 DEL 6 OTTOBRE 2011 Termine di un anno per contestare la presunzione di cessione delle merci quando il magazzino è affittato insieme all'azienda. Per la Cassazione, quindi, Errata è l'applicazione alla fattispecie, come rilevata in concreto ai Giudici di merito, dell'art. 6 comma 1 Dpr n. 633/1972 che fa riferimento alle cessioni di beni i cui effetti traslativi o costitutivi si producono posteriormente e che considera effettuate, ai fini IVA, tal operazioni nel momento in cui si producono tali effetti e, comunque, se riguardano beni mobili, dopo il decorso di un anno dalla consegna o spedizione , tanto più che la tesi della Amministrazione finanziaria recepita dalla sentenza impugnata è carente anche sotto il profilo logico non fornendo alcuna giustificazione in ordine all'ipotizzato differimento degli effetti traslativi della proprietà sulle rimanenze di magazzino al tempo della restituzione della azienda anziché all'atto della consegna di beni aziendali successiva alla stipula del contratto . NIENTE SEQUESTRO SE IL PATRIMONIO È CONSISTENTE CASSAZIONE N. 35183 DEL 28 SETTEMBRE 2011 Quando il patrimonio dell'azienda è consistente , e sufficiente a garantire le richieste della parte civile, allora non si applica il sequestro. Davide, almeno per la Cassazione, non vince contro Golia. Si legge così nella sentenza che La corte . ha poi esposto in modo sufficientemente approfondito e logico i motivi per cui ha ritenuto che, indipendentemente dalla quantificazione del danno ipotizzato dalle parti civili, non sussistesse il rischio di insufficienza della garanzia patrimoniale per la Y , fondando le proprie considerazioni su dati oggettivi di bilancio e sulla condivisibile considerazione che la consistenza patrimoniale di una società non deve essere conteggiata solo sulle somme che la società ha deciso di accantonare in bilancio, ma va misurata anche considerando il complesso dello stato patrimoniale della società medesima . LA SANZIONE RESTA A CARICO DEL VECCHIO RAPPRESENTANTE LEGALE CASSAZIONE N. 18899 DEL 16 SETTEMBRE 2011 La sanzione irrogata al rappresentante legale della società, prima dell'introduzione dell'art. 7 del DL n. 269/2003, poi convertito dalla legge n. 326/2003, rimane in capo al soggetto stesso e non si trasferisce alla società di capitali. In particolare, si legge tra le motivazioni della sentenza, La pendenza di una procedura concorsuale nei confronti della società di capitali rappresentata, pertanto, non incide sulla personale responsabilità per le sanzioni del legale rappresentante, personalmente non toccato dalla procedura . NON SI APPLICA IVA AI PRODOTTI REALIZZATI DAI DETENUTI AG. ENTRATE NOTA N. 954/119678 DEL 15 SETTEMBRE 2011 Non sono assoggettati ad IVA i beni, industriali ed agricoli, prodotti e gestiti dagli istituti di detenzione. Nella nota fornita dall'Agenzia al Ministero, infatti, si precisa che tali attività sono escluse dal campo di applicazione dell'imposta in quanto non riconducibili all'esercizio di un'attività economica come indicato dall'art. 4 del DPR 633/72. Per l'Agenzia, in particolare, tale attività non presentano il carattere dell'economicità presupposto necessario all'applicazione dell'imposta. RIMBORSO IVA. SEMPRE DOVUTO QUANDO LE PROVE SONO CERTE CTR LAZIO N. 359/04/11 DEL 27 SETTEMBRE 2011 Quando il contribuente presenta prove certe fattura, atto notarile . il Fisco non può disconoscere il rimborso IVA derivante dalle operazioni immobiliari. Ribaltando il giudizio di primo grado, i giudizi laziali hanno così dato ragione al contribuente. Al Fisco, quindi, l'onere di contestare in modo specifico e puntuale tutta la documentazione prodotta dal contribuente, pena l'illegittimità dell'intera verifica. TRANSFER PRICING LIBERTÀ ALL'IMPRESA SE ENTRO I LIMITI OCSE CTR ROMA N. 580/1/2011 DEL 19 SETTEMBRE 2011 In tema di transfer pricing l'unico limite alla libertà dell'azienda è dato dalle linee guida dell'OCSE. Per i giudici capitolini, quindi, il Fisco non ha potere di rettificare la metodologia scelta dal contribuente in tema di determinazione del prezzo delle operazioni infragruppo se tale metodologia risulta conforme alle predette norme. In particolare, l'utilizzo dell'indice ROCE Return On Capital Employed rappresenta strumento idoneo per individuare la redditività della controllata italiana da sottoporre a tassazione in quanto sistema di calcolo ricompreso tra quelli indicati nel predetto rapporto Ocse. QUANDO LA CONTABILITÀ È PER CASSA RILEVA ANCHE IL MANCATO PAGAMENTO CTR LAZIO N. 266/04/11 Nel caso di imprese personali in contabilità semplificata il Fisco non può prescindere, in sede di accertamento basato sui parametri, dei mancati incassi di somme dovute a fronte di lavori già eseguiti. Un evento eccezionale, come può quindi essere il mancato incasso, anche rilevante, di somme per lavori svolti, costituisce un valido e giustificato motivo di scostamento rispetto agli standard degli anni precedenti. Con queste motivazioni i giudici romani hanno accolto il ricorso del contribuente e ribaltato il giudizio di primo grado. INDEDUCIBILI SOLO PER LE DIRETTE I COSTI DA REATO CTR ROMA N. 531/2011 L'indeducibilità dei costi da reato è limitata solo all'IRES mentre ne sono indenni IVA e IRAP. Per i giudici romani la norma di legge art. 14, comma 4-bis Legge n. 537/1993 che richiama l'articolo del TUIR deve essere interpretata in modo non estensivo e ciò ne preclude l'applicazione in via analogica agli altri tributi. Il giudice fiscale, si legge ancora nelle motivazioni della sentenza, è così obbligato ad un esame separato di ogni singola imposta ai fini della legittimità dell'intero accertamento. RADDOPPIO DEI TERMINI. ONERE DELLA PROVA AL FISCO CTP MILANO N. 231/40/11 DEL 26 SETTEMBRE 2011 Richiamando il dettato della sentenza n. 247/2011 della Corte Costituzionale, i giudici milanesi hanno confermato in capo alla parte resistente l'onere della prova circa l'esistenza di seri indizi di reato da cui scaturisce la conseguente denuncia penale. Il Fisco in generale, Agenzia delle Entrate o Guardia di Finanza, non può quindi limitare il proprio operato ad un semplice dichiarazione che colleghi la condotta del contribuente al reato di infedele dichiarazione. SOCIETÀ NON OPERATIVE. IMPUGNABILE AUTONOMAMENTE IL DINIEGO DI DISAPPLICAZIONE CTP REGGIO EMILIA N. 154/4/11 DEL 21 SETTEMBRE 2011 Per i giudici emiliani, infatti, tale atto è assimilabile ai dinieghi di agevolazione e quindi autonomamente impugnabile. Il richiamo è ad una recente sentenza della Cassazione e in particolare al fatto che nelle more della discussione del ricorso è stata pronunciata, da parte della Corte di Cassazione, la sentenza n. 8663/2011 che ha affermato il seguente principio di diritto Le determinazioni del Direttore regionale delle Entrate sulla istanza del contribuente volta ad ottenere il potere di disapplicazione di una norma antielusiva ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37 bis, comma 8, costituiscono presupposto necessario ed imprescindibile per l'esercizio di tale potere. Le determinazioni in senso negativo costituiscono atto di diniego di agevolazione fiscale e sono soggette ad autonoma impugnazione ai sensi del D.Lgs. n. 542 del 1992, art. 19, comma 1, lett. h. Tale atto rientra tra quelli tipici previsti come impugnabili da detta disposizione normativa, e pertanto la mancanza di impugnazione nei termini di legge decorrenti dalla comunicazione delle determinazioni al contribuente ai sensi del DM. 19 giugno 1998, n. 259, art. 1, comma 4, rende definitiva la carenza del potere di disapplicazione della norma antielusiva in capo all'istante, il giudizio innanzi al giudice tributario a seguito della impugnazione si estende al merito delle determinazioni impugnate, la sentenza risulta così massimata . In tema di contenzioso tributario, il diniego da parte del direttore regionale delle entrate di disapplicazione di una legge antielusiva, effettuato ai sensi del comma ottavo dell'art. 37-bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, è un atto definitivo in sede amministrativa così indicato espressamente dal d.m. Finanze 19 giugno 1998, n. 259, attuativo della procedura di cui al comma 8 del citato art. 37-bis e recettizio con immediata rilevanza esterna, da qualificarsi come un'ipotesi di diniego di agevolazione, come tale impugnabile innanzi alle Commissioni tributarie, ai sensi dell'art. 19, comma 1, lett. h del d.lgs 31 dicembre 1992 n. 546. Il relativo giudizio instaurato dinanzi al giudice tributario, vertendo in materia di diritti soggettivi e non di meri interessi legittimi, è a cognizione piena e si estende, quindi, al merito della pretesa e non è limitata alla mera illegittimità dell'atto per cui, all'esito, potrà essere emessa una decisione sulla fondatezza della domanda di disapplicazione, con conseguente attribuzione, ove ne ricorrano le condizioni applicative, dell'agevolazione richiesta . NON C'È RETROATTIVITÀ PER IL RADDOPPIO DEI TERMINI CTP BARI N. 192/4/11 DEL 29 LUGLIO 2011 Non è retroattivo il raddoppio dei termini, quando si parla di accertamento fiscale, nei casi in cui alla violazione consegue l'obbligo di denuncia penale. Con questa motivazione i giudici pugliesi hanno così accolto il ricorso del contribuente. In particolare, nelle conclusioni, si legge che non può ritenersi applicabile il raddoppio dei termini previsto nel caso, tra l'altro non confermato, che si verserebbe in ipotesi di reato tributario, in quanto l'invocato art. 37 co. 24 D.L. n. 223/2006, non può trovare applicazione retroattiva, tenuto conto del carattere afflittivo sanzionatorio che ne deriverebbe al ricorrente . COMMISSIONI CONTROCORRENTE SUGLI STUDI DI SETTORE CTP AOSTA N. 25/4/10 DEL 26 NOVEMBRE 2010 E CTP BERGAMO N. 189/8/11 DEL 26 SETTEMBRE 2011 Presunzione qualificata, dotata dei requisiti di gravità, precisione e concordanza sono due le sentenze delle Commissioni Tributarie Provinciali, e a distanza di quasi un anno l'una dall'altra, che assegnano agli studi di settore tale caratteristica. E questo anche avverso ad alcune sentenze delle Sezioni Unite della Cassazione. La conclusione delle due CTP alpine riconoscono quindi al Fisco la possibilità di accertare il contribuente senza ulteriori indagini rispetto alla situazione effettiva del contribuente stesso, a cui invece compete la prova contraria. A cura di d.t.