RASSEGNA TRIBUTARIA DELLA CASSAZIONE di Francesco Antonio Genovese

di Francesco Antonio Genovese SEZIONE QUINTA 21 APRILE 2011, N. 9197 TRIBUTI ERARIALI DIRETTI - IMPOSTA SUL REDDITO DELLE PERSONE GIURIDICHE I.R.P.E.G. TRIBUTI POSTERIORI ALLA RIFORMA DEL 1972 - SOGGETTI PASSIVI. Interessi conseguiti da banca di San Marino su depositi bancari costituiti presso istituti di credito italiani - Reddito di impresa imponibile - Configurabilità - Esclusione - Ragioni. Gli interessi conseguiti da una banca di San Marino su depositi bancari costituiti presso istituti di credito italiani configurano redditi d'impresa che, tuttavia, in difetto di una stabile organizzazione del percipiente nello Stato, mancando il requisito della territorialità ex artt. 19 del Dpr 597/1973 e 20 del Dpr 917/1986, sono esenti da tributo, né divengono redditi di capitale tale regime si applica a tutte le annualità, come nella specie, dal 1984 al 1990, pur se assoggettate a discipline formalmente diverse, in quanto, relativamente ai proventi dal 1984 al 1987, la considerazione del reddito come non prodotto nel territorio è prevista dall'art. 19, comma 1, n. 5 del Dpr 597/1973, mentre l'art. 44 esclude trattarsi di reddito di capitale e infine, l'art. 26, comma 3, del Dpr 600/1973 esclude la ritenuta sugli interessi corrisposti da banche italiane a banche con sede all'estero quanto, invece, alle annualità dal 1988 al 1990, gli artt. 20 e 45 del Dpr 917/1986 riproducono le citate previsioni degli artt. 19 e 44 del Dpr 597/1973 e l'art. 112 del Dpr 917/1986 fissa la non imponibilità dei redditi prodotti nello Stato ma esenti da imposta. Nulla di specifico in termini. Si veda, tuttavia, Sez. 1, Sentenza 2229/1996 per la tassazione, quale reddito d'impresa, di proventi percepiti in Italia da non residente , non è sufficiente la loro qualificabilità come reddito d'impresa in base alle previsioni dell'art. 51 del Dpr 597/1973, occorrendo, ai sensi dell'art. 19 primo comma n. 5 dello stesso decreto, l'ulteriore requisito non richiesto per i residenti della loro inerenza ad attività esercitata in territorio italiano mediante stabile organizzazione. Pertanto, i profitti di attività d'intermediazione, svolta personalmente e senza rilevanti apporti di capitale o lavoro altrui, si sottraggono a detta imposizione salva restando la loro tassabilità, in base al n. 4 del citato art. 19 primo comma, come redditi di lavoro autonomo . SEZIONE QUINTA 21 APRILE 2011, N. 9183 TRIBUTI IN GENERALE - CONTENZIOSO TRIBUTARIO DISCIPLINA POSTERIORE ALLA RIFORMA TRIBUTARIA DEL 1972 - PROCEDIMENTO - IN GENERE. Atto tributario - Impugnabilità per i soli vizi propri - Configurabilità - Atto precedente non reso oggetto di diretta ed autonoma impugnazione - Delibazione in base a cognizione meramente incidentale - Inammissibilità - Fondamento - Fattispecie. Il processo tributario è strutturato secondo le regole proprie del processo impugnatorio di provvedimenti autoritativi e, in particolare, di quelli enumerati all'art. 19 del D.Lgs. 546/1992, per cui l'oggetto del giudizio, da promuovere nei confronti del soggetto che ha emanato l'atto, è circoscritto agli elementi della sequenza procedimentale propria del provvedimento impugnato, con rigida preclusione di qualsiasi contestazione coinvolgente fasi precedenti ne deriva che la legittimità di un atto a contenuto concreto ed autonomamente impugnabile davanti al giudice adito, non reso oggetto di diretta ed autonoma impugnazione, non è suscettibile di delibazione in base a cognizione meramente incidentale, essendo consentita la disapplicazione e, quindi, la cognizione meramente incidentale solo di atti e provvedimenti a contenuto normativo o generale. Principio affermato dalla S.C., con riguardo all'impugnativa avverso l'avviso di liquidazione dell'INVIM e dell'imposta di registro che trovi quale presupposto un atto di classamento catastale, non impugnato in via autonoma in confronto all'Agenzia del territorio . Si richiama Sez. 5, Sentenza 9999/2006 il processo tributario è strutturato secondo le regole proprie del processo impugnatorio di provvedimenti autoritativi, e, in particolare, di quelli enumerati all'art. 19 D.Lgs. 546/1992, onde l'oggetto del giudizio è circoscritto agli elementi della sequenza procedimentale propria del provvedimento impugnato, con rigida preclusione di qualsiasi contestazione coinvolgente fasi precedenti. Inoltre, la legittimità di un atto a contenuto concreto ed autonomamente impugnabile non è suscettibile di delibazione in base a cognizione meramente incidentale, essendo consentita la disapplicazione e, quindi, la cognizione meramente incidentale solo di atti e provvedimenti a contenuto normativo o generale art. 7, ult. cpv., D.Lgs. 546/1992 ed è ammissibile la sospensione tra processi tributari, ex art. 295 Cpc nella specie la pronuncia cassata era stata decisa in base all'esito non definitivo della causa pregiudiziale - concernente il rifiuto di riconoscimento del diritto alle agevolazioni per il Mezzogiorno - portata alla cognizione di altro giudice tributario . SEZIONE QUINTA 21 APRILE 2011, N. 9178 TRIBUTI IN GENERALE - CONDONO FISCALE. Definizione agevolata delle liti pendenti ex art. 16 della legge 289/2002 - Controversia concernente avviso di liquidazione emesso sulla base della volontà del contribuente di avvalersi del sistema automatico di valutazione catastale di cui all'art. 12 del Dl 70/1988 - Applicabilità - Condizioni - Fattispecie. In tema di condono fiscale, va esclusa la definizione agevolata delle liti pendenti disciplinata dall'art. 16 della legge 289/2002 e, quindi, la possibilità di sospendere il giudizio, prevista dal comma 6 del citato art. 16, nel caso di impugnazione di avviso di liquidazione emesso sulla base della volontà, espressa dal contribuente nella compravendita immobiliare, di avvalersi, per la determinazione dell'imponibile ai fini dell'imposta di registro, del sistema automatico di valutazione di cui all'art. 12 del Dl 70/1988 convertito nella legge 154/1988 , non essendo in tal caso ipotizzabile un importo che formi oggetto di contestazione e, dunque, una lite fiscale definibile, cui parametrare una somma da corrispondere per la chiusura della lite stessa, poiché - salvo il caso in cui si neghi che l'amministrazione finanziaria abbia osservato i limiti entro i quali la propria attività doveva svolgersi, ovvero si contesti la rendita catastale assegnata dall'UTE - la valutazione dei beni necessariamente corrisponde alla richiesta formulata dal soggetto obbligato al pagamento e l'Ufficio del registro procede ad una liquidazione, vincolata, sul valore che risulta da detta applicazione automatica del moltiplicatore previsto dalla rendita accertata dall'UTE. In applicazione di detto principio, la S.C. ha confermato l'inammissibilità dell'appello, per essere spirato il termine lungo, escludendo che il contribuente potesse avvalersi della sospensione della lite fino al 1° giugno 2004 . In senso conforme i Sez. 5, Sentenza 13856/2004 in tema di condono fiscale e con riguardo alla definizione agevolata delle liti pendenti disciplinata dall'art. 16 della legge 289/2002, va esclusa la sospensione del giudizio, prevista dal comma 6 del citato art. 16, nel caso di impugnazione di avviso di liquidazione emesso sulla base della volontà espressa dal contribuente di avvalersi, per la determinazione dell'imponibile ai fini dell'imposta di registro e dell'INVIM, del sistema automatico di valutazione di cui all'art. 12 del Dl 70/1988 convertito nella legge 154/1988 . In tale ipotesi, infatti, non è ipotizzabile un importo che formi oggetto di contestazione al quale parametrare una somma da corrispondere per la chiusura della lite secondo quanto previsto dalla citata legge 289/2002 , poiché - salvo il caso non ravvisabile nella specie in cui si neghi che l'amministrazione finanziaria abbia osservato i limiti entro i quali la propria attività doveva svolgersi, ovvero si metta in discussione la rendita catastale assegnata dall'UTE - la valutazione dei beni necessariamente corrisponde alla richiesta formulata dal soggetto obbligato al pagamento. ii Sez. 5, Sentenza 7797/2006 in tema di condono fiscale, con riguardo alla definizione agevolata delle liti pendenti disciplinata dall'art. 16 della legge 289/2002, costituisce lite pendente ai sensi del comma 3 la controversia nella quale sia impugnato come nella specie un avviso di accertamento di maggior valore ed il successivo avviso di liquidazione emessi sulla base della volontà espressa dal contribuente di avvalersi, per la determinazione dell'imponibile ai fini dell'imposta di registro e dell'INVIM, del sistema automatico di valutazione di cui all'art. 12 del Dl 70/1988 convertito nella legge 154/1988 , qualora il contribuente si dolga di entrambi gli avvisi sostenendo l'erroneità dell'atto di classamento dell'immobile posto a fondamento dell'imposta al fine di dimostrare una valutazione del bene erronea e non conforme ai parametri legali, mettendo pertanto in discussione la rendita catastale assegnata dall'UTE. In tale ipotesi, infatti, oggetto della lite non è la sola contestazione di un atto impositivo meramente liquidatorio sulla base dei dati forniti dal contribuente, come tale non riconducibile nel novero delle liti definibili di cui al detto art. 16 della legge 289/2002, ma anche l'atto di classamento. SEZIONE QUINTA 21 APRILE 2011, N. 9174 TRIBUTI IN GENERALE - CONTENZIOSO TRIBUTARIO DISCIPLINA POSTERIORE ALLA RIFORMA TRIBUTARIA DEL 1972 - PROCEDIMENTO - IN GENERE. Ricorso del contribuente avverso avviso di mora - Ufficio fiscale - Autoannullamento dell'iscrizione a ruolo e richiesta al concessionario per la riscossione di annullare l'avviso di mora - Mancato accoglimento di tale richiesta - Condanna alle spese in solido a carico dell'Ufficio fiscale e del concessionario - Legittimità - Fondamento. In tema di contenzioso tributario, qualora dopo la notificazione dell'impugnazione dell'avviso di mora da parte del contribuente, l'Ufficio fiscale, riconoscendo non dovuta la pretesa, annulli l'iscrizione a ruolo richiedendo, senza esito, al concessionario per la riscossione di annullare il conseguente avviso di mora impugnato, è corretta la condanna dell'Ufficio stesso e del concessionario in solido al pagamento delle spese processuali, in quanto le condotte di entrambi, per quanto diverse e riferibili a soggetti distinti, hanno cagionato un danno al contribuente, provocando la necessità del processo, senza che rilevi, ai fini di un diverso riporto delle spese processuali, quanto al concessionario, l'aver ritardato od omesso l'autoannullamento degli avvisi di mora e, quanto all'Ufficio impositore, l'aver esercitato il potere di autotutela. In precedenza a Sez. 5, Sentenza 634/2006 in tema di contenzioso tributario, qualora dopo la notificazione dell'impugnazione esperita dal contribuente in sede di legittimità, l'ufficio annulli in autotutela il contrastato atto, la Corte di cassazione, dichiarato inammissibile il ricorso per sopravvenuta carenza di interesse, può, ai sensi dell'art. 46, comma 3, del D.Lgs. 546/1992 nel testo risultante a seguito della sentenza della Corte costituzionale 274/2005 , condannare la parte intimata al pagamento delle spese processuali. b Sez. 5, Sentenza 1230/2007 in tema di contenzioso tributario, alla cessazione della materia del contendere, a seguito di annullamento dell'atto impugnato, in sede di autotutela, dopo la definizione del giudizio di merito, non può meccanicamente correlarsi la compensazione delle spese, non essendo improntata una siffatta soluzione esegetica, che riserva alla parte pubblica un trattamento privilegiato privo di obbiettiva giustificazione, ad un'ottica rispettosa dei principi costituzionali di ragionevolezza, di parità delle parti e del giusto processo . Pertanto, in una prospettiva di equiparazione del processo tributario a quello civile ordinario, deve farsi ricorso alla regola, propria del secondo, della soccombenza virtuale , la cui applicazione nel primo è stata in passato esclusa proprio per essere stata ritenuta, in modo non convincente, di ostacolo all'esercizio dell'autotutela, cui possa seguire la condanna dell'amministrazione alle spese. c Sez. 5, Sentenza n. 19947 del 2010 In tema di processo tributario, nell'ipotesi di estinzione del giudizio ai sensi dell'art. 46, primo comma del D.Lgs. 546/1992, per cessazione della materia del contendere determinata dall'annullamento in autotutela dell'atto impugnato dovuta all'accoglimento di uno dei motivi preliminari d'invalidità dedotti dal contribuente , può essere disposta la compensazione delle spese di lite ai sensi dell'art. 15, primo comma, del medesimo D.Lgs., in quanto intervenuta all'esito di una valutazione complessiva della lite da parte del giudice tributario, trattandosi di un'ipotesi diversa dalla compensazione ope legis prevista dal terzo comma dell'art. 46 sopra citato, come conseguenza automatica di qualsiasi estinzione del giudizio, dichiarata costituzionalmente illegittima dalla pronuncia della Corte costituzionale 274/2005.