RASSEGNA TRIBUTARIA DELLA CASSAZIONE di Francesco Antonio Genovese

di Francesco Antonio Genovese SEZIONE QUINTA 4 MARZO 2011, N. 5211 TRIBUTI ERARIALI INDIRETTI RIFORMA TRIBUTARIA DEL 1972 - IMPOSTA SULLE SUCCESSIONI E DONAZIONI - IMPOSTA SULLE SUCCESSIONI - ACCERTAMENTO, LIQUIDAZIONE E RISCOSSIONE DELL'IMPOSTA - DICHIARAZIONE - IN GENERE. Minore chiamato all'eredità - Dichiarazione di successione - Termine - Decorrenza - Entro un anno dalla maggiore età - Possesso dei beni al momento dell'apertura della successione - Rilevanza - Esclusione. In tema di imposta di successione, il termine per la presentazione della dichiarazione di successione, nel caso in cui il chiamato all'eredità sia un minorenne, decorre - in base alla lettura coordinata dell'art. 31, comma 2, lett. d , del D.Lgs. 346/1990 nel testo ratione temporis vigente e degli artt. 484, 485 e 489 cc - dalla scadenza del termine ultimo per la redazione dell'inventario e, quindi, decorso un anno dal compimento della maggiore età, senza che abbia rilievo alcuno la circostanza che il minorenne, all'apertura della successione, si trovi o meno nel possesso dei beni ereditari. Si vedano i Sez. 5, Sentenza 25666/2008 in tema di imposta di successione, il termine semestrale per la presentazione della dichiarazione di successione, fissato dall'art. 31, comma 2, lettera d , del D.Lgs. 346/1990 nel testo ratione temporis vigente con riferimento al comma 1, e dunque alla data di apertura della successione decorre, nel caso in cui il chiamato all'eredità sia un minore, dalla scadenza del termine per la redazione dell'inventario o dalla scadenza del termine ultimo previsto dall'art. 489 cod. civ., per il compimento dell'inventario. Ne consegue che, ove il legale rappresentante del minore chiamato abbia omesso il predetto adempimento, protraendo tale mancanza anche oltre il termine fissato in via ordinaria per la redazione dell'inventario, ciò non pregiudica per il minore, fino al primo anno dal compimento della maggiore età, né il diritto di accettare con beneficio d'inventario, né il diritto di evitare la decadenza dal beneficio né infine la facoltà di rinunziare all'eredità.§ ii Sez. 5, Sentenza 13856/2010 in tema di imposta di successione, il termine per la presentazione della dichiarazione di successione, nel caso in cui il chiamato all'eredità accetti con beneficio di inventario, decorre - in mancanza di un'apposita disciplina e sulla base di un'interpretazione sistematica volta ad assicurare il coordinamento tra l'art. 31, comma 2, lett. d , del D.Lgs. 346/1990 nel testo ratione temporis vigente e la disciplina civilistica artt. 484 e ss. cc - dalla scadenza del termine ultimo, comprensivo delle eventuali proroghe, per la redazione dell'inventario, in modo da consentire al chiamato di effettuare una precisa e non affrettata dichiarazione dei beni ereditari. In applicazione del principio, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che, in un caso in cui gli eredi accettanti con beneficio di inventario avevano prima richiesto al tribunale la nomina di un notaio per la redazione dell'inventario e successivamente avevano ottenuto una proroga di tre mesi ex art. 485 cod. civ., aveva ritenuto che i termini per la denuncia di successione decorressero dal momento in cui era scaduta la proroga . SEZIONE QUINTA 2 MARZO 2011, N. 5076 TRIBUTI ERARIALI DIRETTI - IMPOSTA SUL REDDITO DELLE PERSONE FISICHE I.R.P.E.F. TRIBUTI POSTERIORI ALLA RIFORMA DEL 1972 - REDDITI DI CAPITALE - IN GENERE. Società di capitali - A ristretta base partecipativa - Presunzione di distribuzione degli utili ai soci - Configurabilità. In tema di accertamento delle imposte sui redditi, nel caso di società di capitali a ristretta base partecipativa, è legittima la presunzione di attribuzione ai soci degli eventuali utili extracontabili accertati, rimanendo salva la facoltà del contribuente di offrire la prova del fatto che i maggiori ricavi non sono stati distribuiti, ma accantonati dalla società, ovvero da essa reinvestiti, non risultando tuttavia a tal fine sufficiente né la mera deduzione che l'esercizio sociale ufficiale si sia concluso con perdite contabili, né il definitivo accertamento di una perdita contabile, circostanza che non esclude che i ricavi contabilizzati, non risultando né accantonati né investiti, siano stati distribuiti ai soci. In senso conforme, Sez. 5, Sentenza 2390/2000 nel caso di una società di capitali, pur non sussistendo - a differenza di quanto previsto per le società di persone - una presunzione legale di distribuzione dell'utile ai soci, l'appartenenza della società ad una stretta cerchia familiare può costituire, sul piano degli indizi, elemento di prova dell'avvenuta distribuzione degli utili in questione. SEZIONE QUINTA 2 MARZO 2011, N. 5070 TRIBUTI ERARIALI DIRETTI - IMPOSTA SUL REDDITO DELLE PERSONE FISICHE I.R.P.E.F. TRIBUTI POSTERIORI ALLA RIFORMA DEL 1972 - REDDITI DI IMPRESA - DETERMINAZIONE DEL REDDITO - PLUSVALENZE PATRIMONIALI. Cessione di un ramo d'azienda - Plusvalenze realizzate - Utilizzo del valore di mercato determinato ai fini dell'imposta di registro - Legittimità - Prova contraria - Onere a carico del contribuente. In tema di accertamento del reddito d'impresa, il valore di mercato determinato in via definitiva in sede di applicazione dell'imposta di registro può essere legittimamente utilizzato dall'Amministrazione finanziaria come dato presuntivo ai fini dell'accertamento di una plusvalenza patrimoniale realizzata a seguito di cessione di un ramo d'azienda, restando a carico del contribuente l'onere di provare un diverso valore, anche dimostrando di non aver interamente realizzato, in concreto, il valore di mercato dell'azienda. In senso conforme, si vedano i Sez. 5, Sentenza 21055/2005 in tema di accertamento delle imposte sui redditi, l'amministrazione finanziaria è legittimata a procedere in via induttiva all'accertamento del reddito da plusvalenza patrimoniale relativa al valore di avviamento, realizzata a seguito di cessione di azienda, sulla base dell'accertamento di valore effettuato in sede di applicazione dell'imposta di registro, ed è onere probatorio del contribuente superare anche con ricorso ad elementi indiziari la presunzione di corrispondenza del prezzo incassato con il valore di mercato accertato in via definitiva in sede di applicazione dell'imposta di registro, dimostrando di avere in concreto venduto ad un prezzo inferiore. ii Sez. 5, Sentenza 4057/2007 in tema di accertamento del reddito d'impresa, il valore di mercato determinato in via definitiva in sede di applicazione dell'imposta di registro può essere legittimamente utilizzato dall'Amministrazione finanziaria come dato presuntivo ai fini dell'accertamento di una plusvalenza patrimoniale realizzata a seguito di cessione dell'azienda, restando a carico del contribuente l'onere di superare la presunzione di corrispondenza tra il valore di mercato ed il prezzo incassato, mediante la prova, desumibile dalle scritture contabili o da altri elementi, di avere in concreto venduto ad un prezzo inferiore. La diversità dei due tributi, escludendo la necessaria coincidenza dei predetti valori, comporta peraltro che la riduzione eventualmente conseguente alla definizione in via agevolata del valore di mercato inizialmente assunto come parametro per l'accertamento non spiega alcuna incidenza ai fini della determinazione della plusvalenza, consistendo quest'ultima nella differenza tra il valore di acquisto e quello di cessione del bene. SEZIONE QUINTA 2 MARZO 2011, N. 5066 TRIBUTI ERARIALI INDIRETTI RIFORMA TRIBUTARIA DEL 1972 - IMPOSTA DI REGISTRO - APPLICAZIONE DELL'IMPOSTA - IN GENERE. Conferimento in società di azioni rappresentative della totalità o maggioranza del capitale - Imposta proporzionale di registro - Applicabilità - Contrasto con l'art. 7 della direttiva CEE 69/335 e succ. mod. - Esclusione - Ragioni. In tema di imposta di registro, l'operazione di conferimento delle azioni rappresentative di tutto il capitale di una società per azioni o di una parte maggioritaria oltre il 75% di esso deve essere assoggettata ad imposta proporzionale, ai sensi dell'art. 4 della tariffa allegata al Dpr 131/1986 nel testo originario, applicabile ratione temporis , senza che sia di ostacolo ad essa l'applicazione delle norme comunitarie, in quanto la fattispecie - anche alla luce della sentenza della Corte di giustizia del 13 dicembre 1991 in causa C - 164/90 - non rientra fra quelle esentate dall'imposta ai sensi dall'art. 7 numero 1 lett. b della direttiva del Consiglio 17 luglio 1969, 69/335/CEE come modificata dalle direttive 73/79/CEE, 73/80/CEE e 85/303/CEE , non trattandosi di conferimento di ramo d'azienda o della totalità del patrimonio di una società, ma in quella regolata dall'art. 7, numero 1, lett. b - bis, che conferisce agli Stati membri la facoltà di riduzione dell'imposta, opzione quest'ultima non esercitata dallo Stato italiano. In senso conforme, già a Sez. 5, Sentenza 6079/2001 in tema d'imposta di registro, gli artt. 7 e 9 della direttiva del Consiglio 17 luglio 1969, 69/335/CEE, come modificata dalle direttive del Consiglio 9 aprile 1973, 73/79 CEE e 73/80 CEE, e 10 giugno 1985, 85/303/CEE, concernente le imposte indirette sulla raccolta di capitali - direttiva d'immediata applicabilità in toto - non ostano, anche alla luce della sentenza della Corte di Giustizia del 13 dicembre 1991 in causa C - 164/90 Muwi Bouwgroep BV contro Staatssecretaris vn Financien , alla riscossione della imposta proporzionale di registro, in base al Dpr 131/1986, in caso di aumento del capitale sociale di una società per azioni nella specie deliberato il 15 giugno 1989 , operato mediante conferimento da parte di società di capitale socie, di partecipazioni societarie da esse detenute in altra società, non trattandosi di conferimento di ramo d'azienda o di totalità del patrimonio di una società, ai sensi dell'art. 7, numero 1, lett. b della stessa direttiva 69/335/CEE secondo il concetto di autonomia funzionale espresso dalla Corte di Giustizia nel punto 22 della motivazione della citata pronuncia e ribadito nella sentenza 13 ottobre 1992 in causa C-50/91, Commerz - Credit - Bank, nella quale si definisce come ramo di attività un insieme di beni e di persone capaci di concorrere alla realizzazione di un'attività determinati , e non avendo esercitato lo Stato italiano la facoltà di riduzione dell'imposta concessagli dal medesimo art. 7, numero 1, lett. b bis. b Sez. 5, Sentenza 22527/2007 in tema di imposta di registro, nel caso di conferimento di partecipazioni societarie, anche se rappresentanti l'intero capitale sociale, l'operazione deve essere assoggettata ad imposta proporzionale, ai sensi dell'art. 4 della tariffa allegata al Dpr 131/1986 nel testo originario, applicabile ratione temporis , atteso che - anche alla luce della sentenza della Corte di giustizia del 13 dicembre 1991 in causa C - 164/90 - non trova applicazione l'art. 7 della direttiva del Consiglio 17 luglio 1969, 69/335/CEE come modificata dalle direttive 73/79/CEE, 73/80/CEE e 85/303/CEE , non trattandosi di conferimento di ramo d'azienda o della totalità del patrimonio di una società, né avendo lo Stato italiano esercitato la facoltà di riduzione dell'imposta concessagli dal citato art. 7, numero 1, lett. b - bis. SEZIONE QUINTA 2 MARZO 2011, N. 5057 TRIBUTI ERARIALI INDIRETTI RIFORMA TRIBUTARIA DEL 1972 - IMPOSTA SULLE SUCCESSIONI E DONAZIONI - IN GENERE. Art. 69 della legge 342/2000 - Modifica del regime tributario in materia di successioni e donazioni - Applicabilità ex comma 7 dell'art. 69 ai fatti ed agli atti successivi al 1° luglio 2000 - Conseguente inapplicabilità alle situazioni anteriori ma non definite a tale data - Contrasto con l'art. 3 Cost. - Questione di legittimità costituzionale - Manifesta infondatezza. In tema di imposte sulle successioni e donazioni, è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale - prospettata sotto il profilo della disparità di trattamento e, quindi, per contrasto con l'art. 3 Cost. - dell'art. 69, comma 7, della legge 342/2000 nella parte in cui prevede che le nuove disposizioni dalla stessa introdotte in materia di successioni e donazioni, si applichino ai fatti accaduti e agli atti comunque formati successivamente alla data del 1° luglio 2000 e non anche a quelle situazioni che, pur anteriori a tale data, non siano in quel momento ancora definite, in quanto la disposizione, oltre ad essere in linea con il principio generale di non retroattività delle leggi tributarie, risponde a criteri di ragionevolezza e non si pone come fonte di illegittime discriminazioni, costituendo il fluire del tempo un fattore di disomogeneità delle situazioni poste a confronto. Precedenti rilevanti a Sez. 5, Sentenza 7080/2004 in caso di possibilità di fornire due interpretazioni alternative della disposizione nella specie l'art. 25 Dl 513/1992, applicabile ratione temporis , non convertito, ma il cui contenuto è stato reiterato con altri DD.LL. fino a quello 331/1993, convertito nella legge 427/1993, i cui effetti sono stati salvaguardati con apposita disposizione, che ha abrogato il sistema degli abbuoni, già stabilito, in misura percentuale differenziata in relazione al numero di anni di invecchiamento, dall'art. 7 del Dl 142/1950, convertito nella legge 331/1950, ed espressamente mantenuto in vigore dall'art. 1 Dl 854/1971, convertito nella legge 1039/1971 , deve essere preferita quella che non comporti la retroattività della misura fiscale più sfavorevole, in considerazione del principio generale dell'ordinamento tributario posto dall'art. 3 dello Statuto del contribuente, di cui alla legge 212/2000 nella specie con riguardo alle quantità di acquavite prodotte anteriormente ad essa, anche se estratta e posta in commercio dopo di essa, secondo una applicazione del tributo su una fattispecie a formazione successiva . Infatti, il cd. Statuto del contribuente ha inteso attribuire alle proprie disposizioni e tra queste a quella sulla irretroattività delle leggi fiscali il valore di principi generali dell'ordinamento tributario, con una autoqualificazione che dà attuazione alle norme costituzionali richiamate dallo Statuto, e che costituiscono orientamento ermeneutico ed applicativo vincolante nell'interpretazione del diritto, cosicché qualsiasi dubbio interpretativo o applicativo deve essere risolto dall'interprete nel senso più conforme a questi principi, a cui la legislazione tributaria, anche antecedente allo Statuto, deve essere adeguata. b Sez. 5, Sentenza 2955/2006 in tema di imposta di successione, il valore delle azioni, non quotate in borsa, comprese nell'attivo ereditario va determinato, ai sensi dell'art. 16 del D.Lgs. 346/1990, facendo riferimento al valore del patrimonio netto dell'ente o società, risultante dall'ultimo bilancio, al netto delle passività ed aggiungendo l'avviamento né la soppressione del riferimento all'avviamento, disposta dall'art. 69, prima comma, della legge 342/2000, ha efficacia retroattiva . SEZIONE QUINTA 2 MARZO 2011, N. 5054 TRIBUTI IN GENERALE - CONDONO FISCALE. Definizione agevolata prevista dall'art. 53, comma, 2 legge 413/1991 - Fattispecie relative all'imposta principale di successione - Applicabilità. In tema di condono fiscale, l'art. 53, comma 2 della legge 413/1991, nel prevedere un meccanismo di definizione agevolata delle situazioni e pendenze in materia di imposte indirette, non può ritenersi limitato, in base alla chiara lettera della legge, alle sole controversie di valutazioni o a quelle relative alle questioni estimative e quindi alle sole fattispecie connesse all'imposta complementare ed è, quindi, applicabile anche alle fattispecie relative alla liquidazione dell'imposta principale di successione. Si richiama Sez. 5, Sentenza 24978/2005 in tema di condono fiscale, l'art. 53 della legge 413/1991, nell'includere tra le controversie di cui è ammessa la definizione agevolata quelle relative all'imposta sulle successioni, disciplina al comma primo la definizione delle controversie in materia di valutazione, al comma quinto la definizione delle altre controversie relative all'applicazione dell'imposta, ed al comma sesto quella delle controversie relative a violazioni formali in assenza di ulteriori specificazioni, non possono quindi escludersi dall'ambito applicativo di tale disposizione le vertenze relative all'imposta principale di successione, e dev'essere disattesa la diversa interpretazione fornita dalla circolare ministeriale numero 74 dell'11 marzo 1995, non costituendo quest'ultima una fonte di diritto, ma un mero atto interno dell'Amministrazione finanziaria, la quale non gode di poteri discrezionali nella determinazione delle imposte dovute, e si trova, di fronte alle norme tributarie, su un piano di parità rispetto al contribuente. SEZIONE QUINTA 28 FEBBRAIO 2011, N. 4802 TRIBUTI ERARIALI INDIRETTI RIFORMA TRIBUTARIA DEL 1972 - IMPOSTA DI REGISTRO - APPLICAZIONE DELL'IMPOSTA - SENTENZE E PROVVEDIMENTI GIUDIZIARI. Cessione di credito - Sentenza di condanna del debitore ceduto al pagamento nelle mani del creditore cessionario - Assoggettabilità all'imposta di registro in misura proporzionale - Necessità. Nel caso di cessione di un credito scaturito da un rapporto soggetto ad IVA, la sentenza di condanna all'adempimento pronunciata nei confronti del debitore ceduto ed a favore del creditore cessionario è soggetta all'imposta di registro in misura proporzionale. Non si rilevano precedenti in termini. SEZIONE QUINTA 28 FEBBRAIO 2011, N. 4788 TRIBUTI ERARIALI DIRETTI - IMPOSTA SUL REDDITO DELLE PERSONE FISICHE I.R.P.E.F. TRIBUTI POSTERIORI ALLA RIFORMA DEL 1972 - BASE IMPONIBILE - DETERMINAZIONE DEI REDDITI E DELLE PERDITE - ONERI DEDUCIBILI. Contributi corrisposti a consorzi di miglioramento fondiario - Deducibilità del reddito complessivo - Ragioni. In tema di Irpef, la deducibilità, dal reddito complessivo, dei contributi corrisposti ai consorzi di miglioramento fondiario, ai sensi dell'art. 10, lett. a del Dpr 917/1986 nel testo, applicabile ratione temporis , anteriore a quello introdotto, con la stessa numerazione, dal D.Lgs. 344/2003 , presuppone che gli stessi non siano già deducibili dai redditi fondiari che concorrono a formare il reddito complessivo, condizione, questa, da accertarsi in base alle disposizioni di cui all'art. 25 del Dpr 917 cit. - secondo cui il reddito dominicale è determinato mediante l'applicazione di tariffe d'estimo stabilite, secondo le norme della legge catastale, per ciascuna qualità e classe di terreno - ed all'art. 97 del Rd 1539/1933 - per il quale le spese relative alle opere di difesa, scolo e bonifica di regola non si conteggeranno nel determinare la tariffa di ciascuna qualità e classe , in base ai precedenti articoli 95 e 96, ma si dedurranno dalla rendita unitaria delle qualità e classi applicabili alle singole particelle per le quali dette spese si verificano, formando così speciali tariffe derivate - con la conseguenza che, avendo l'inclusione dei contributi de quibus nella ordinaria determinazione delle tariffe d'estimo natura di eccezione alla regola , la stessa deve essere dedotta e dimostrata dalla parte interessata e, quindi, dall'ente impositore che neghi la deducibilità di tali spese dal reddito complessivo per avvenuta considerazione nella tariffa d'estimo applicata allo specifico terreno. Si vedano a Sez. 1, Sentenza 6839/1995 in linea di principio, ai sensi dell'art. 10, primo comma, lett. b , del Dpr 597/1973, secondo cui costituiscono oneri deducibili dal reddito complessivo ai fini IRPEF i contributi dovuti ai consorzi obbligatori tra proprietari , sempreché non siano già deducibili dai redditi degli immobili a cui si riferiscono, deve ammettersi la deducibilità dei contributi dovuti a consorzi obbligatori di bonifica, considerato che i correnti redditi dominicali salvo meri aggiornamenti automatici sulla base di coefficienti si basano sulla revisione degli estimi catastali disposta con il Rdl 589/1939 convertito con modificazioni nella legge 976/1939 e attuata con riferimento a ricavi e spese di produzione medi inerenti al triennio 1937-1939, cosicché certamente non tengono conto delle modifiche dei fondi, e in particolare delle ingenti spese relative agli impianti e alle ristrutturazioni delle opere di bonifica, verificatisi nel successivo quarantennio. Nella specie, con riferimento a redditi del 1976, la S.C. ha rigettato il ricorso proposto contro decisione della Commissione tributaria centrale, favorevole alla detrazione di tali contributi in base a principio di diritto conforme a quello suesposto, rilevando che la doglianza dell'amministrazione finanziaria, secondo cui per i terreni della provincia di Ferrara l'incidenza dei contributi consortili obbligatori era stata considerata in occasione di determinazioni delle tariffe d'estimo avvenute nel 1942 e nel 1976, non poteva essere presa in considerazione perché tale tesi non era mai stata formulata davanti alle commissioni tributarie . b Sez. 1, Sentenza 1772/1996 in virtù dell'art. 10, comma primo, lett. b del Dpr 597/1973 sia nella formulazione originaria che in quella successivamente adottata dall'art. 5 legge 114/1977 i contributi corrisposti ai consorzi obbligatori di bonifica sono deducibili dal reddito complessivo ai fini Irpef, ancorché la loro deducibilità sia subordinata, tra l'altro, alla condizione che i predetti oneri non siano già deducibili nella determinazione del reddito dei terreni che concorre a formare il reddito complessivo. Infatti, detti contributi non possono ritenersi già detratti in sede di determinazione del reddito dei terreni mediante l'applicazione delle tariffe d'estimo, atteso che la revisione degli estimi catastali e, quindi, le detrazioni, operate d'ufficio nella determinazione della tariffa, a titolo di contributi consortili di bonifica sono state effettuate con riferimento al triennio 1937-1939 e non più sottoposte a revisione , con l'evidente non ragguagliabilità, per il tempo trascorso, delle detrazioni operate alle spese ed ai costi attuali.