RASSEGNA TRIBUTARIA DELLA CASSAZIONE di Francesco Antonio Genovese

di Francesco Antonio Genovese SEZ. V SENTENZA 23 FEBBRAIO 2011, N. 4369 RISCOSSIONE DELLE IMPOSTE - RISCOSSIONE DELLE IMPOSTE SUI REDDITI DISCIPLINA POSTERIORE ALLA RIFORMA TRIBUTARIA DEL 1972 - MODALITÀ DI RISCOSSIONE - VERSAMENTO DIRETTO - RIMBORSI - TERMINI. Versamenti in acconto - Eccedenza d'imposta riportata, ma non computata in diminuzione nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta successivo - Rimborso - Istanza - Termine decadenziale ex art. 38 del d.P.R. n. 602 del 1973 - Applicabilità. In tema di rimborso delle imposte sui redditi, l'art. 38 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, nel prevedere, nel testo originario applicabile ratione temporis , il termine di decadenza di diciotto mesi per la presentazione della relativa istanza, ha portata generale in materia di rimborsi di versamenti diretti ed è, quindi, applicabile anche nell'ipotesi di eccedenza di versamento in acconto, riportata ma non computata in diminuzione nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta successivo come espressamente previsto dall'art. 4 del d.P.R. 4 febbraio 1988, n. 42 , sussistendo pure in tal caso il presupposto, richiesto dal citato art. 38, dell'inesistenza - sia pur sopravvenuta - dell'obbligo di versamento. In senso conforme, Sez. 5, Sentenza n. 11682 del 2002 In tema di rimborso delle imposte sui redditi, l'art. 38 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, il quale, nel testo originario applicabile ratione temporis , prevede il termine di decadenza di diciotto mesi per la presentazione della relativa istanza, ha portata generale in materia di rimborsi di versamenti diretti ed è, quindi, applicabile nell'ipotesi di eccedenza di versamento in acconto, riportata ma non computata in diminuzione nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta successivo come espressamente previsto dall'art. 4 del d.P.R. 4 febbraio 1988, n. 42 , sussistendo anche in tal caso il presupposto, richiesto dal citato art. 38, dell'inesistenza - sia pur sopravvenuta - dell'obbligo di versamento. SEZ. V SENTENZA 23 FEBBRAIO 2011, N. 4366 TRIBUTI ERARIALI DIRETTI - IMPOSTA SUL REDDITO DELLE PERSONE FISICHE I.R.P.E.F. TRIBUTI POSTERIORI ALLA RIFORMA DEL 1972 - REDDITI DI IMPRESA - DETERMINAZIONE DEL REDDITO - PLUSVALENZE PATRIMONIALI. Cessione di azienda - Plusvalenza - Momento di stipula del contratto - Riferimento - Necessità - Vicende successive degli obblighi contrattuali - Irrilevanza. In tema di imposte sui redditi, la plusvalenza fiscalmente rilevante collegata alla cessione di un'azienda si realizza al momento della conclusione del contratto, mentre non hanno rilievo alcuno le vicende successive relative all'adempimento degli obblighi contrattuali od all'estinzione dell'obbligazione per effetto di una transazione con carattere novativo, ovvero di un negozio di risoluzione del precedente contratto per mutuo dissenso, quest'ultimo essendo, per giunta, inopponibile, ai sensi dell'art. 1372, secondo comma, cod. civ., ai terzi e, quindi, anche all'Amministrazione finanziaria. Sulle plusvalenze da speculazione tassabili a Sez. 5, Sentenza n. 16051 del 2001 In tema di IRPEF e con riguardo ai redditi derivanti da operazioni speculative ai sensi dell'art. 76 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, atteso che la norma fa riferimento alla conclusione delle operazioni , la quale si realizza con la stipulazione del contratto, il computo della plusvalenza va effettuato operando il raffronto tra la somma dichiarata come prezzo di vendita dell'immobile e la somma dichiarata all'atto dell'acquisto dell'immobile medesimo, e perciò in base al principio di competenza e non di cassa. Ne consegue che, in caso di rateizzazione del prezzo, la parte di reddito percepita successivamente al periodo d'imposta non può essere esclusa dal calcolo della plusvalenza, ne' è possibile detrarre una somma a titolo di interessi per la dilazione. b Sez. 5, Sentenza n. 2807 del 2002 Nella cessione di azienda, ai fini della configurazione di una plusvalenza da avviamento commerciale ai sensi dell'art. 54 del d.P.R. n. 917 del 1986 , deve farsi riferimento alla natura intrinseca ed alla configurazione giuridica dell'atto che ha operato il trasferimento del bene prescindendo dal contenuto di clausole o dichiarazioni, inserite per finalità dell'atto stesso e comunque incoerenti rispetto agli elementi essenziali del tipo di contratto concluso ed al fatto che la stessa cessione risulta realizzata e tassabile, in presenza di negozio oneroso. Deve invece ritenersi insussistente nel caso di trasferimento mortis causa o per atto gratuito a familiari. c Sez. 5, Sentenza n. 29745 del 2008 In tema di imposte sui redditi, il contratto con il quale vengono trasferite quote di una società dietro pagamento di un prezzo rientra nella nozione di compravendita, per il cui perfezionamento è sufficiente il consenso delle parti ne consegue che la sola stipula del contratto in questione costituisce il presupposto richiesto dall'art. 3 del decreto legge 28 gennaio 1991, convertito con modificazioni dalla legge 25 marzo 1991, n. 102, ai fini dell'imposta sostitutiva sulle plusvalenze, a nulla rilevando il mancato pagamento del corrispettivo pattuito con l'ulteriore conseguenza che la successiva risoluzione dello stesso contratto per mutuo dissenso non può avere alcuna rilevanza nei confronti dei terzi ed a maggior ragione nei confronti dell'Erario. SEZ. V SENTENZA 23 FEBBRAIO 2011, N. 4365 TRIBUTI ERARIALI DIRETTI - IMPOSTA SUL REDDITO DELLE PERSONE FISICHE I.R.P.E.F. TRIBUTI POSTERIORI ALLA RIFORMA DEL 1972 - REDDITI DI IMPRESA - DETERMINAZIONE DEL REDDITO - PLUSVALENZE PATRIMONIALI. Cessione di azienda - Plusvalenza - Momento a cui far riferimento - Stipula del contratto - Vicende successive - Rilevanza - Esclusione. In tema di imposte sui redditi, la plusvalenza fiscalmente rilevante collegata alla cessione di un'azienda si realizza al momento della conclusione del contratto, mentre non hanno rilievo alcuno le vicende successive relative all'adempimento degli obblighi contrattuali, quali l'omessa percezione del prezzo o la sua eventuale rateizzazione, o l'estinzione dell'obbligazione per effetto di una transazione di carattere novativo, successivamente intervenuta. Sulla plusvalenza da cessione di azienda i Sez. 5, Sentenza n. 16051 del 2001 In tema di IRPEF e con riguardo ai redditi derivanti da operazioni speculative ai sensi dell'art. 76 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, atteso che la norma fa riferimento alla conclusione delle operazioni , la quale si realizza con la stipulazione del contratto, il computo della plusvalenza va effettuato operando il raffronto tra la somma dichiarata come prezzo di vendita dell'immobile e la somma dichiarata all'atto dell'acquisto dell'immobile medesimo, e perciò in base al principio di competenza e non di cassa. Ne consegue che, in caso di rateizzazione del prezzo, la parte di reddito percepita successivamente al periodo d'imposta non può essere esclusa dal calcolo della plusvalenza, ne' è possibile detrarre una somma a titolo di interessi per la dilazione. ii Sez. 5, Sentenza n. 2807 del 2002 Nella cessione di azienda, ai fini della configurazione di una plusvalenza da avviamento commerciale ai sensi dell'art. 54 del d.P.R. n. 917 del 1986 , deve farsi riferimento alla natura intrinseca ed alla configurazione giuridica dell'atto che ha operato il trasferimento del bene prescindendo dal contenuto di clausole o dichiarazioni, inserite per finalità dell'atto stesso e comunque incoerenti rispetto agli elementi essenziali del tipo di contratto concluso ed al fatto che la stessa cessione risulta realizzata e tassabile, in presenza di negozio oneroso. Deve invece ritenersi insussistente nel caso di trasferimento mortis causa o per atto gratuito a familiari. iii Sez. 5, Sentenza n. 29745 del 2008 In tema di imposte sui redditi, il contratto con il quale vengono trasferite quote di una società dietro pagamento di un prezzo rientra nella nozione di compravendita, per il cui perfezionamento è sufficiente il consenso delle parti ne consegue che la sola stipula del contratto in questione costituisce il presupposto richiesto dall'art. 3 del decreto legge 28 gennaio 1991, convertito con modificazioni dalla legge 25 marzo 1991, n. 102, ai fini dell'imposta sostitutiva sulle plusvalenze, a nulla rilevando il mancato pagamento del corrispettivo pattuito con l'ulteriore conseguenza che la successiva risoluzione dello stesso contratto per mutuo dissenso non può avere alcuna rilevanza nei confronti dei terzi ed a maggior ragione nei confronti dell'Erario. iv Sez. 5, Sentenza n. 4366 del 2011 In tema di imposte sui redditi, la plusvalenza fiscalmente rilevante collegata alla cessione di un'azienda si realizza al momento della conclusione del contratto, mentre non hanno rilievo alcuno le vicende successive relative all'adempimento degli obblighi contrattuali od all'estinzione dell'obbligazione per effetto di una transazione con carattere novativo, ovvero di un negozio di risoluzione del precedente contratto per mutuo dissenso, quest'ultimo essendo, per giunta, inopponibile, ai sensi dell'art. 1372, secondo comma, cod. civ., ai terzi e, quindi, anche all'Amministrazione finanziaria. SEZ. V SENTENZA 23 FEBBRAIO 2011, N. 4363 TRIBUTI ERARIALI INDIRETTI RIFORMA TRIBUTARIA DEL 1972 - IMPOSTA DI REGISTRO - DETERMINAZIONE DELLA BASE IMPONIBILE - VALORE VENALE - IN GENERE. Beni o diritti immobiliari - Valore risultante da trasferimenti, divisioni e perizie dell'ultimo triennio - Utilizzazione ai fini della rettifica - Necessità - Immodificabilità - Esclusione. In tema di imposta di registro ed INVIM, l'art. 51, comma terzo, del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, nella parte in cui prevede che, ai fini della rettifica del valore dei beni immobili, debba aversi riguardo ai trasferimenti a qualsiasi titolo ed alle divisioni e perizie giudiziarie, anteriori di non oltre tre anni, non comporta l'immodificabilità del valore di mercato risultante da detti atti, ma si limita a ad indicare un parametro certo di confronto in base al quale l'Ufficio deve determinare il valore del bene in comune commercio. Non si rilevano precedenti in termini. SEZ. V ORDINANZA INTERLOCUTORIA 23 FEBBRAIO 2011, N. 4362 TRIBUTI ERARIALI DIRETTI - ACCERTAMENTO DELLE IMPOSTE SUI REDDITI TRIBUTI POSTERIORI ALLA RIFORMA DEL 1972 - ACCERTAMENTI E CONTROLLI - IN GENERE. Procedimento per l'emanazione della cartella di pagamento - Art. 36-bis, comma 3, del d.P.R. n. 600 del 1973 - Comunicazione dell'esito del controllo alternativamente al sostituto d'imposta o al sostituito - Violazione del principio costituzionale di ragionevolezza - Non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale. Non è manifestamente infondata la questione di legittimità dell'art. 36 bis, comma 3, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, sotto il profilo della violazione del principio di ragionevolezza ex art. 3 Cost, nella parte in cui consente la comunicazione dell'esito del controllo alternativamente al sostituto d'imposta ed al sostituito, in quanto in tal caso uno dei soggetti, pur direttamente interessato a conoscere le ragioni della pretesa creditoria prima di subire, con la ricezione della cartella, la fase esecutiva, non viene messo preventivamente in condizione di ovviare ad eventuali errori nella liquidazione stessa o di comunicare elementi utili alla corretta valutazione dei dati resi nella dichiarazione. Non si rilevano precedenti in termini.