RASSEGNA TRIBUTARIA DELLA CASSAZIONE di Francesco Antonio Genovese

di Francesco Antonio Genovese SEZIONE QUINTA 4 FEBBRAIO 2011, N. 2720 TRIBUTI LOCALI COMUNALI, PROVINCIALI, REGIONALI - IMPOSTA COMUNALE SULL'INCREMENTO DI VALORE DEGLI IMMOBILI I.N.V.I.M. TRIBUTI LOCALI POSTERIORI ALLA RIFORMA TRIBUATARIA DEL 1972 - IMPONIBILE - IN GENERE. Immobile non iscritto in catasto con attribuzione di rendita - Criterio automatico di valutazione - Applicabilità ex art. 12 del Dl 70/1988 - Presupposti - Deposito della ricevuta UTE dell'istanza di attribuzione della rendita - Necessità - Obbligo di tale deposito anche nel caso di presentazione dell'istanza precedente l'atto di trasferimento - Configurabilità - Conseguenze. In tema di INVIM, l'applicazione del criterio automatico di valutazione, in relazione ad immobili non iscritti in catasto con attribuzione di rendita, è subordinata, ai sensi dell'art. 12 del Dl 70/1988 convertito nella legge 154/1988 , alla espressa dichiarazione di volersi avvalere delle disposizioni del citato articolo ed alla necessità di seguire una precisa sequenza procedimentale che indica una serie di oneri a carico dell'interessato, fra cui quello di produrre all'ufficio del registro, entro 60 giorni dall'atto di trasferimento, un esemplare della ricevuta dell'UTE afferente l'avvenuta presentazione della specifica istanza di attribuzione della rendita catastale. Tale onere di produzione va adempiuto, sempre nell'indicato termine di 60 giorni, anche nel caso in cui l'istanza di attribuzione della rendita sia stata presentata prima dell'atto di trasferimento dell'immobile e l'omissione consente all'Ufficio di procedere alla determinazione del valore, ai sensi dell'art. 52, comma 1, del Dpr 131/1986. I precedenti i Sez. 5, Sentenza 4610/2003 in tema di INVIM straordinaria per il 1991, per i fabbricati non ancora accatastati, la determinazione del valore finale del bene deve essere compiuta, da parte dell'Amministrazione finanziaria, sulla base del criterio automatico basato sulla rendita catastale, attribuita ai beni dall'U.T.E., ai sensi del combinato disposto dagli artt. 1, comma ottavo, Dl 299/1991 convertito nella legge 363/1991 , 31, primo comma, Dpr 643/1972 e 34, comma sesto, D.Lgs 346/1990 vigente ratione temporis , a condizione che la volontà del contribuente sia contenuta nella dichiarazione INVIM, che venga presentata l'istanza di attribuzione di rendita all'UTE art. 3 Dpr 650/1972 e 34, coma sesto, D.Lgs. 346/1990 e che la ricevuta di tale richiesta sia prodotta, nel termine perentorio di sessanta giorni decorrente dalla data della dichiarazione INVIM, al competente Ufficio del registro. In difetto di tali adempimenti e formalità è corretta la procedura dell'Ufficio che abbia determinato il valore dell'immobile con avviso di accertamento, ai sensi dell'art. 31 Dpr 643/1972 e 34, comma terzo, D.Lgs. 346/1990, secondo il criterio del valore venale del cespite. ii Sez. 5, Sentenza 6078/2003 in tema di INVIM, l'applicazione del criterio automatico di valutazione, in relazione ad immobili non iscritti in catasto con attribuzione di rendita, è rimessa alla libera scelta del contribuente ed è subordinata, ai sensi dell'art. 12 del Dl 70/1988 convertito nella legge 154/1988 , alla espressa dichiarazione di volersi avvalere delle disposizioni del citato articolo ed alla specifica istanza di attribuzione della rendita catastale con i connessi oneri procedurali indicati nella norma stessa . Pertanto, nel caso in cui il contribuente non abbia personalmente - salvo espresso mandato - manifestato la volontà di optare per la valutazione automatica che non è detto sia in ogni caso più favorevole rispetto a quella di mercato , l'ufficio non può applicare tale criterio parametrico di determinazione limitandosi all'eventuale emissione di un avviso di liquidazione , ma è tenuto a procedere, ai sensi dell'art. 52, primo comma, del Dpr 131/1986, all'accertamento del valore venale del bene, con eventuale notifica di un avviso di accertamento, secondo le regole dettate per l'attività accertativa dall'art. 51 del medesimo Dpr 131/1986. iii Sez. 5, Sentenza 14305/2003 in tema di imposta di registro, a norma dell'art. 12 del Dl 70/1988, convertito in legge 154/1988, le disposizioni dell'art. 52, comma quarto, del Dpr 131/1986, sono applicabili anche ai trasferimenti di fabbricati non ancora iscritti in catasto edilizio urbano con attribuzione di rendita - dichiarati ai sensi dell'art. 56 del regolamento per la formazione del nuovo catasto edilizio urbano, approvato con Dpr 1142/1949, - a condizione che il contribuente che voglia giovarsene dichiari espressamente nell'atto di volersi avvalere dei relativi criteri, alleghi alla domanda di voltura specifica istanza per l'attribuzione di rendita catastale, e produca la ricevuta della presentazione di tale istanza al competente ufficio del registro entro sessanta giorni dalla data di formazione dell'atto pubblico o di registrazione della scrittura privata. Ciò comporta, da un lato, che la richiesta del beneficio sia esplicita, non essendo dunque idonea alcuna istanza implicita, e, dall'altro, che non sia ammessa una manifestazione di volontà in epoca successiva o in sede contenziosa, cui, in ogni caso, osterebbe la cadenza degli ulteriori adempimenti previsti dalla norma, per l'ultimo dei quali è fissato un termine di sessanta giorni, espressamente definito perentorio nell'analoga disciplina dettata in materia successoria dall'art. 34, comma sesto, del D.Lgs. 346/1990. iv Sez. 5, Sentenza 12691/2005 in tema di imposta di registro, la perentorietà del termine di sessanta giorni per la produzione, all'ufficio del registro, della ricevuta dell'istanza di attribuzione della rendita catastale discende dal tenore letterale dell'ultimo periodo dell'art. 12 del Dl 70/1988, convertito in legge 154/1988 - secondo cui, in caso di mancata presentazione della ricevuta nei termini, l'ufficio procede ai sensi dell'art. 52, primo comma, del Dpr 131/1986 - ed è comunque desumibile con certezza dall'espressa qualificazione come perentorio dell'identico termine previsto dall'art. 34, sesto comma, del D.Lgs. 346/1990, nell'analoga disciplina dettata in materia successoria. v Sez. 5, Sentenza 17206/2009 in tema di imposta di successione, qualora gli eredi, dopo aver manifestato la volontà di avvalersi del sistema di valutazione automatica previsto dall'art. 12 del Dl 70/1998, convertito in legge 154/1988, in riferimento ad immobili non iscritti in catasto, siano decaduti dal beneficio, per aver omesso di produrre entro sessanta giorni la ricevuta dell'avvenuta presentazione dell'istanza di attribuzione della rendita catastale, l'Ufficio, per recuperare la maggiore imposta dovuta, non può limitarsi ad emettere un avviso di liquidazione, ma, anche quando proceda alla determinazione del valore sulla base della valutazione comunicata dall'UTE, deve emettere avviso di accertamento, ai sensi dell'art. 34, comma terzo, del D.Lgs. 346/1990, risultando altrimenti pregiudicato il diritto di difesa del contribuente, che deve essere posto in grado di conoscere i presupposti di fatto dell'accertamento e le ragioni giuridiche che lo hanno determinato. SEZIONE QUINTA 4 FEBBRAIO 2011, N. 2706 TRIBUTI ERARIALI INDIRETTI RIFORMA TRIBUTARIA DEL 1972 - IMPOSTA DI REGISTRO APPLICAZIONE DELL'IMPOSTA - IN GENERE. Valore del bene - Determinazione - Criteri ex art. 52, comma 4, del Dpr 131/1986 - Applicabilità nella ipotesi di dichiarazione di un corrispettivo superiore al valore determinabile in base a detti criteri - Esclusione - Fondamento. In tema di imposta di registro, l'art. 52, comma 4, del Dpr 131/1986 ha l'effetto di precludere all'Ufficio finanziario il potere di accertare un valore venale superiore se il valore dell'immobile - iscritto in catasto con attribuzione di rendita - sia stato dichiarato in misura non inferiore all'importo ottenuto moltiplicando la rendita catastale per i coefficienti di aggiornamento e il risultato di tale operazione per il parametro normativo, ma non attribuisce al contribuente il diritto di ottenere in ogni caso la determinazione della base imponibile tramite il meccanismo di calcolo sopra indicato. Ne consegue che se il contribuente indica un valore superiore non può poi pretendere che l'imposta venga commisurata al valore individuabile attraverso il procedimento summenzionato. Sulla natura e la funzione della cd. determinazione automatica del valore del bene nella fattispecie dell'imposta di registro e collegate a Sez. 1, Sentenza 7504/1996 in tema di imposta di registro, l'art. 52, quarto comma, del Dpr 131/1986 preclude all'Ufficio finanziario il potere di accertare un valore venale superiore se il valore dell'immobile - iscritto in catasto con attribuzione di rendita - sia stato dichiarato in misura non inferiore all'importo ottenuto moltiplicando la rendita catastale per i coefficienti di aggiornamento e il risultato di tale operazione per il parametro normativo, ma non attribuisce al contribuente il diritto di ottenere in ogni caso la determinazione della base imponibile tramite il meccanismo di calcolo sopra indicato. b Sez. 1, Sentenza 3657/1997 in tema di imposta di registro, la norma transitoria di cui all'art. 79 del Dpr 131/1986, la quale dispone che le disposizioni più favorevoli ai contribuenti hanno efficacia anche riguardo agli atti, scritture e denunce anteriori, relativamente ai quali, alla data di entrata in vigore dello stesso Dpr, non sia divenuto definitivo un accertamento di maggior valore, comporta l'applicabilità dei criteri di cui all'art. 52, quarto comma, del Dpr 131/1986 per la determinazione del valore del bene - trattandosi di disposizione più favorevole al contribuente - non solo quando questo abbia dichiarato un corrispettivo inferiore, ma anche quando abbia dichiarato un corrispettivo maggiore rispetto al valore determinabile in base ai predetti criteri, con la conseguenza che in tale caso il contribuente ha il diritto di pretendere il rimborso della maggiore imposta versata, ponendo la nuova normativa come valore convenzionale dell'immobile sul quale calcolare l'imposta al massimo quello corrispondente al valore determinabile in base ai criteri summenzionati. c Sez. 1, Sentenza 2645/1999 in tema di imposta di registro, la disposizione di cui all'art. 52, quarto comma, del Dpr 131/1986 - la quale preclude all'Ufficio finanziario il potere di accertare un valore venale superiore se il valore dell'immobile, iscritto in catasto con attribuzione di rendita, sia stato dichiarato in misura non inferiore all'importo ottenuto moltiplicando la rendita catastale per i coefficienti di aggiornamento e il risultato di tale operazione per i moltiplicatori previsti dalla stessa disposizione, e che in virtù della norma transitoria di cui all'art. 79 dello stesso Dpr si applica anche agli atti, scritture e denunce anteriori relativamente ai quali, alla data di entrata in vigore del citato Dpr, sia pendente controversia - non si applica a detti atti anche nella ipotesi in cui il contribuente abbia dichiarato un valore inferiore a quello risultante dall'applicazione del procedimento di valutazione automatica di cui al richiamato quarto comma dell'art. 52, ancorché abbia chiesto al giudice di giovarsi della nuova normativa. d Sez. 5, Sentenza 7111/2003 in tema di imposta di registro, la disposizione di cui all'art. 52, quarto comma, del Dpr 131/1986 - la quale preclude all'ufficio finanziario il potere di accertare un valore venale superiore se il valore dell'immobile, iscritto in catasto con attribuzione di rendita, sia stato dichiarato in misura non inferiore all'importo ottenuto moltiplicando la rendita catastale per i coefficienti di aggiornamento e il risultato di tale operazione per i moltiplicatori ivi previsti, e che, in virtù della norma transitoria di cui all'art. 79 del citato Dpr, si applica anche agli atti, scritture e denunce anteriori relativamente ai quali, alla data di entrata in vigore del Dpr medesimo, sia pendente controversia -, non si applica ai detti atti anteriori nell'ipotesi in cui il contribuente abbia dichiarato un valore inferiore a quello risultante dall'applicazione del menzionato criterio automatico di valutazione, ancorché abbia chiesto al giudice di giovarsi della nuova normativa. SEZIONE QUINTA 31 GENNAIO 2011, N. 2282 RISCOSSIONE DELLE IMPOSTE - RISCOSSIONE DELLE IMPOSTE SUI REDDITI DISCIPLINA POSTERIORE ALLA RIFORMA TRIBUTARIA DEL 1972 - MODALITÀ DI RISCOSSIONE - VERSAMENTO DIRETTO - RIMBORSI - TERMINI. Rimborso del prelievo fiscale sull'indennità di fine rapporto - Cessazione dal servizio dopo l'entrata in vigore della legge 482/1985 - Termine di decadenza previsto dall'art. 38 del Dpr 602/1973 - Applicabilità - Fondamento. In tema di rimborso del prelievo fiscale sull'indennità di fine rapporto, l'art. 5 della legge 482/1985, là dove prevede la riliquidazione dell'imposta dovuta sulle indennità di fine rapporto percepite a decorrere dal 1° gennaio 1980 , si applica unicamente alle indennità riscosse tra la suddetta data e quella di entrata in vigore della legge, e solo per queste, pertanto, l'eventuale diritto del contribuente al rimborso è soggetto alla prescrizione ordinaria decennale, mentre, per le indennità liquidate successivamente, l'eventuale diritto al rimborso è soggetto al generale termine di decadenza di 18 mesi, previsto dall'art. 38 del Dpr 602/1973. In senso conforme già Sez. 5, Sentenza 12808/2000 con riguardo ad indennità di buonuscita, erogata dall'E.N.P.A.S. ad un dipendente statale cessato dal servizio dopo l'entrata in vigore della legge 482/1985, la domanda di detto dipendente, diretta ad ottenere il rimborso delle trattenute a titolo di IRPEF sulla buonuscita, è soggetta al termine di diciotto mesi, previsto, a pena di decadenza, dall'art. 38, secondo comma, del Dpr 602/1973, decorrente dal versamento della ritenuta operata dall'E.N.P.A.S., senza che, scaduto tale termine, possano trovare applicazione, al fine della remissione in termini, le procedure previste dalla citata legge 482/85 o il disposto dell'art. 2 bis, comma secondo, del Dl 69/1989, convertito in legge 154/1989. SEZIONE QUINTA 31 GENNAIO 2011, N. 2277 TRIBUTI ERARIALI DIRETTI - ACCERTAMENTO DELLE IMPOSTE SUI REDDITI TRIBUTI POSTERIORI ALLA RIFORMA DEL 1972 - DICHIARAZIONE ANNUALE - IN GENERE. Mancata inclusione nella dichiarazione di imposte versate all'estero - Rettifica da parte del contribuente - Possibilità - Conseguenze - Diritto al rimborso - Configurabilità. In tema di imposte sui redditi, il contribuente ha diritto al rimborso, a seguito di rettifica della dichiarazione, delle imposte sui redditi prodotti all'estero non incluse, per errore di fatto o di diritto, nella dichiarazione relativa al periodo di imposta in cui sono state pagate. Il principio si pone in contrasto, in una qualche misura, con Sez. 5, Sentenza 18371/2005 in tema di imposte sui redditi e nella ipotesi prevista dall'art. 15, terzo comma, del Dpr 917/1986, riguardante la detrazione delle imposte pagate su redditi prodotti all'estero, la decadenza ivi prevista - non diversamente da quanto stabilito dal precedente art. 14 nel caso di utili distribuiti da società ed enti - è espressamente collegata al fatto formale della omessa richiesta della detrazione nella dichiarazione dei redditi, restando con ciò escluso ogni rilievo di eventuali rettifiche, da parte del contribuente, dei contenuti della dichiarazione, intervenute successivamente alla sua presentazione mediante istanza di rimborso ex art. 38 del Dpr 602/1973. SEZIONE QUINTA 31 GENNAIO 2011, N. 2255 TRIBUTI ERARIALI DIRETTI - IMPOSTA SUL REDDITO DELLE PERSONE FISICHE I.R.P.E.F. TRIBUTI POSTERIORI ALLA RIFORMA DEL 1972 - DETERMINAZIONE - DETRAZIONI. Dividendi tassati all'estero - Credito di imposta - Detrazione - Limiti - Riferimento alla percentuale dei dividendi concorrenti alla formazione della base imponibile - Necessità. In tema di imposte sui redditi, la detrazione del credito di imposta sui dividendi tassati all'estero spetta, ai sensi del combinato disposto degli art. 15 e 96 bis del Dpr 917/1986, soltanto con riferimento a quella percentuale di dividendi esteri, pari al 5%, che concorre alla formazione della base imponibile in Italia. Mancano precedenti in termini.