RASSEGNA TRIBUTARIA DELLA CASSAZIONE di Francesco Antonio Genovese

di Francesco Antonio Genovese SEZIONE QUINTA 30 DICEMBRE 2010, N. 26394 TRIBUTI IN GENERALE - CONDONO FISCALE. Art. 25, comma 3-quater, del D.Lgs. 472/1997 - Definizione agevolata delle sanzioni amministrative - Ambito di applicazione - Imposta patrimoniale sulle imprese - Applicabilità - Esclusione - Conseguenze in tema di emissione della cartella di pagamento. In tema di condono fiscale, la definizione agevolata delle sanzioni amministrative prevista dall'art. 25, comma 3 quater, del D.Lgs. 472/1997, comma aggiunto dall'art. 2, comma 1, lett. f, del D.Lgs. 99/2000 si applica alla sanzioni relative alle somme iscritte in ruoli esecutivi entro il 31 dicembre 2000 a seguito di controllo formale delle dichiarazioni presentate negli anni dal 1994 al 1998 ai fini delle imposte sui redditi e negli anni dal 1995 al 1998 ai fini dell'imposta sul valore aggiunto e non è, quindi, applicabile alle sanzioni connesse all'imposta patrimoniale sulle imprese istituita dall'art. 1 del Dl 394/1992 convertito in legge 461/1992 , con la conseguenza che la cartella di pagamento emessa per quest'ultima imposta non deve essere preceduta dall'invito al pagamento, previsto dal medesimo comma 3 quater dell'art. 25 citato. Non risultano precedenti in termini. SEZIONE QUINTA 29 DICEMBRE 2010, N. 26364 TRIBUTI IN GENERALE - CONTENZIOSO TRIBUTARIO DISCIPLINA POSTERIORE ALLA RIFORMA TRIBUTARIA DEL 1972 - PROCEDIMENTO - DISPOSIZIONI COMUNI AI VARI GRADI DEL PROCEDIMENTO - ISTRUZIONE DEL PROCESSO - DOCUMENTI - IN GENERE. Impugnazione di accertamento di maggior valore ai fini INVIM - Valutazione dell'immobile - Stima dell'UTE - Valore probatorio di atto pubblico - Esclusione - Fonte di convincimento del giudice - Possibilità - Limiti. In tema di INVIM, qualora la rettifica del valore di un immobile si fondi sulla stima effettuata dall'UTE, il giudice investito della relativa impugnazione, pur non avendo tale stima il valore di atto pubblico, non può automaticamente considerare la stessa inattendibile, sulla scorta della considerazione che l'UTE, essendo un'articolazione tecnica dell'Amministrazione, è ontologicamente legata all'ente impositore, ma è tenuto a verificare se la stima sia o meno idonea a superare le contestazioni dell'interessato ed a fornire la prova dei più alti valori pretesi, esplicitando, nella motivazione della sentenza, le ragioni del proprio convincimento. Si vedano a Sez. 5, Sentenza 7935/2002 in tema di INVIM, la relazione di stima di un immobile, redatta dall'Ufficio tecnico erariale, e richiamata dall'amministrazione finanziaria nell'avviso di accertamento di maggior valore, costituisce, ai fini della prova, un documento di parte, al quale non può, pertanto, essere attribuito il valore probatorio di un atto pubblico. b Sez. 5, Sentenza 5645/2006 in tema di INVIM, l'impugnazione dell'avviso di accertamento pone a carico dell'Amministrazione l'onere di fornire la prova delle circostanze poste a fondamento della rettifica del valore dichiarato dal contribuente tale onere non può ritenersi soddisfatto attraverso la mera produzione della stima dell'UTE, la quale, provenendo da un ente che non è al di sopra delle parti, ma è un ufficio della stessa Amministrazione finanziaria dello Stato, non può costituire di per sé sola, elemento di prova a sostegno del maggior valore accertato, soprattutto qualora non risulti fondata su oggettivi e certi elementi di riscontro. c Sez. 5, Sentenza 8890/200 in tema di INVIM e di imposta di registro, poiché dinanzi al giudice tributario l'amministrazione finanziaria è sullo stesso piano del contribuente, la relazione di stima di un immobile, redatta dall'Ufficio tecnico erariale, prodotta dall'amministrazione finanziaria costituisce una semplice perizia di parte, alla quale, pertanto, può essere attribuito il valore di atto pubblico soltanto per quel che concerne la provenienza, ma non anche per quel che riguarda il contenuto. Nondimeno, nel processo tributario, nel quale esiste un maggiore spazio per le prove cosiddette atipiche, anche la perizia di parte può costituire fonte di convincimento del giudice, che può elevarla a fondamento della decisione a condizione che spieghi le ragioni per le quali la ritenga corretta e convincente. SEZIONE QUINTA 29 DICEMBRE 2010, N. 26297 TRIBUTI ERARIALI INDIRETTI - TRIBUTI ANTERIORI ALLA RIFORMA DEL 1972 - TRIBUTI DOGANALI DIRITTI DI CONFINE - DAZI ALL'IMPORTAZIONE ED ALLA ESPORTAZIONE - DIRITTI DOGANALI - IN GENERE. Classificazione delle merci - Tariffa doganale della Comunità europea di cui al Reg. CEE 2658/87 - Classificazione dei prodotti misti - Regola 3 - B compresa nelle regole generali per la classificazione delle merci nella nomenclatura combinata - Criteri indicati - Riferimento alla materia o oggetto costituente il carattere essenziale - Significato di carattere essenziale - Fattispecie in tema di cartucce toner per stampanti. In materia doganale, la regola 3 b, compresa nelle regole generali per la classificazione delle merci nella nomenclatura combinata, premesse alla Tariffa Doganale della Comunità europea di cui al Reg. CEE 2658/87 e succ. mod. e integrazioni, nella parte in cui impone di individuare, nel caso di prodotti misti , la materia o l'oggetto che conferisce agli stessi il loro carattere essenziale , non è ispirata ad un criterio di essenzialità strutturale necessità della singola parte perché il prodotto misto funzioni nel suo complesso , ma ad un concetto di essenzialità funzionale e dinamica necessità della parte per il raggiungimento dello scopo finale cui il prodotto misto è destinato ne consegue che la componente essenziale va individuata in relazione al risultato finale che l'oggetto nella sua complessità è destinato ad assicurare. In applicazione del riportato principio, la S.C. ha ritenuto che per le cartucce toner per stampanti, non contemplate tra le voci doganali, essendo il risultato finale atteso la stampa ad inchiostro, la componente essenziale idonea a classificarle fosse l'inchiostro piuttosto che una delle altre componenti . Non si ravvisano precedenti in termini. SEZIONE QUINTA 29 DICEMBRE 2010, N. 26289 TRIBUTI ERARIALI INDIRETTI - TRIBUTI ANTERIORI ALLA RIFORMA DEL 1972 - IMPOSTE DI FABBRICAZIONE - OLII VEGETALI E MINERALI. Utilizzo in macchinari installati su navi mercantili - Agevolazione prevista dall'art. 1, comma 6, legge 939/1965 - Abrogazione a seguito dell'entrata in vigore del D.Lgs. 504/1995 - Configurabilità - Fondamento. In tema di imposte di fabbricazione e di consumo, la disposizione agevolativa, prevista dall'art. 1, comma 6, della legge 939/1965, finalizzata all'impiego di oli minerali per le prove degli apparati completi e dei macchinari installati sulle navi mercantili , deve ritenersi abrogata con l'entrata in vigore del D.Lgs. 504/1995 T.U. sulle accise , con cui è stato modificata l'intera normativa di settore, in adempimento degli obblighi comunitari, senza che abbia rilievo alcuno la circostanza che l'art. 68 del D.Lgs. 504, cit. non abbia espressamente ricompreso l'art. 1 della legge 939 cit. nell'elencazione, meramente esemplificativa, delle abrogazioni effettuate, in quanto, per il medesimo impiego degli oli minerali prove sperimentali, collaudo di motori di aviazione e marina , risulta prevista una riduzione dell'aliquota del 30%, dalla tabella A , n. 8 allegata al D.Lgs. 504/1995, risultando, quindi, implicitamente abrogata per incompatibilità la precedente agevolazione. Non risultano precedenti in termini. SEZIONE QUINTA 15 DICEMBRE 2010, N. 25335 TRIBUTI ERARIALI DIRETTI - ACCERTAMENTO DELLE IMPOSTE SUI REDDITI TRIBUTI POSTERIORI ALLA RIFORMA DEL 1972 - ACCERTAMENTI E CONTROLLI - POTERI DEGLI UFFICI DELLE IMPOSTE - ACCESSI, ISPEZIONI E VERIFICHE. Accesso domiciliare - Illegittimità per mancanza di autorizzazione - Informazioni di terzi e dichiarazioni del contribuente raccolte secondo i criteri di cui all'art. 52 Dpr 633/1972 - Utilizzabilità - Fondamento. In tema di accertamento delle imposte sui redditi, l'inutilizzabilità delle prove acquisite a mezzo di un accesso domiciliare illegittimo riguarda solo le prove e/o le fonti di prova per le quali l'accesso medesimo costituisca una condizione necessaria e non quelle che trovano nell'accesso una mera occasione, con la conseguenza che sono utilizzabili le informazioni di terzi e le dichiarazioni del contribuente raccolte nell'ambito di un accesso non autorizzato, rispettando i criteri di cui all'art. 52 del Dpr 633/1972 - norma dettata in materia di Iva ma applicabile con riferimento alle imposte dei redditi in virtù del richiamo operato dall'art. 33 del Dpr 600/1973 - in quanto le stesse sono collegate all'accesso in rapporto di mera occasionalità, potendo essere ugualmente acquisite sull'uscio dell'abitazione, per strada o negli uffici dell'organo deputato all'indagine. Sul tema, tra i più vessati degli accertamenti fiscali, si vedano a Sez. 5, Sentenza 19690/2004 in tema di accertamento delle imposte sui redditi, l'illegittimità dell'autorizzazione del procuratore della Repubblica all'accesso domiciliare - provvedimento prescritto dall'art. 52 del Dpr 633/1972, in materia di IVA, reso applicabile anche in materia di imposte sui redditi dal richiamo operato dall'art. 33 del Dpr 600/1973 - comporta l'inutilizzabilità, a sostegno dell'accertamento tributario, delle prove reperite nel corso della perquisizione illegale, pur in assenza di un'espressa previsione in tal senso, discendendo detta inutilizzabilità dal valore stesso dell'inviolabilità del domicilio consacrato nell'art. 14 della Costituzione. b Sez. 5, Sentenza 20253/2005 in tema di imposte dirette come di IVA , la preventiva autorizzazione del procuratore della Repubblica, ai sensi degli artt. 33 del Dpr 600/1973 e 52, terzo comma, del Dpr 633/1972, è necessaria per procedere a perquisizione personale in tutti i casi di accesso, quindi anche in quelli previsti dai commi primo e secondo dello stesso art. 52, per i quali è prevista un'analoga autorizzazione, la quale, tuttavia, non può mai sostituire la prima o essere ritenuta ad essa equivalente. L'assenza di detta autorizzazione importa la inutilizzabilità, a sostegno dell'accertamento tributario, delle prove reperite nel corso della perquisizione illegale, in ragione del valore stesso dell'inviolabilità della libertà personale solennemente consacrato nell'art. 13 Cost., senza che assuma alcun rilievo la circostanza che il perquisito non abbia sollevato alcuna contestazione, né al momento della perquisizione, né successivamente la mancata opposizione, infatti, oltre a non essere presa in considerazione da alcuna norma di legge, non equivale a consenso alla perquisizione personale, né rende legittima una perquisizione operata al di fuori delle previsioni legislative. c Sez. U, Sentenza 16424/2002 il giudice tributario, in sede di impugnazione dell'atto impositivo basato su libri, registri, documenti ed altre prove reperite mediante accesso domiciliare autorizzato dal procuratore della Repubblica, ai sensi dell'art. 52 del Dpr 633/1972, in tema di imposta sul valore aggiunto - reso applicabile anche ai fini dell'accertamento delle imposte sui redditi dal richiamo operato dall'art. 33 del Dpr 600/1973 -, ha il potere - dovere in ossequio al canone ermeneutico secondo cui va privilegiata l'interpretazione conforme ai precetti costituzionali, nella specie agli artt. 14 e 113 Cost. , oltre che di verificare la presenza, nel decreto autorizzativo, di motivazione - sia pure concisa o per relationem mediante recepimento dei rilievi dell'organo richiedente - circa il concorso di gravi indizi del verificarsi dell'illecito fiscale, anche di controllare la correttezza in diritto del relativo apprezzamento, nel senso che faccia riferimento ad elementi cui l'ordinamento attribuisca valenza indiziaria. Pertanto, nell'esercizio di tale compito, il giudice deve negare la legittimità dell'autorizzazione emessa esclusivamente sulla scorta di informazioni anonime, valutando conseguenzialmente il fondamento della pretesa fiscale senza tenere conto di quelle prove. SEZIONE QUINTA 24 NOVEMBRE 2010, N. 23786 TRIBUTI IN GENERALE - CONDONO FISCALE. Art. 3, comma 2 bis, del Dl 40/2010 convertito, con modificazioni, nella legge 73/2010 - Definizione agevolata delle liti fiscali pendenti - Controversie relative ad istanze di rimborso - Applicabilità - Esclusione - Fondamento. Le controversie relative alle istanze di rimborso, pendenti innanzi alla Corte di Cassazione ed alla Commissione Tributaria Centrale, non sono suscettibili di essere definite, in via agevolata, ai sensi dell'art. 3, comma 2 bis, del Dl 40/2010, convertito con modificazioni nella legge 73/2010, essendo tale definizione agevolata applicabile alle sole controversie relative ad accertamenti, rettifiche ecc. in cui è il contribuente che, dovendo eventualmente pagare all'Erario, ha interesse ad estinguere la lite e la pretesa del fisco versando solo il 5 per cento. Tale esclusione, che è espressamente prevista per le controversie pendenti dinanzi alla Commissione tributaria centrale si impone anche per quelle pendenti dinanzi alla Corte di Cassazione, in quanto si tratta dell'unica soluzione interpretativa possibile secondo canoni di ragionevolezza, poiché, se si ritenesse che con il versamento la pronunzia favorevole al contribuente si consolida, si perverrebbe alla conseguenza assurda che l'Amministrazione riceverebbe il 5%, ma dovrebbe pagare il 100%, con un onere economico del 95%, mentre, se si ritenesse che il pagamento fa estinguere la controversia e venire meno la pretesa del contribuente, non si vedrebbe quale interesse questi avrebbe a pagare il 5% ed avere, nella sostanza, rigettata la domanda di rimborso, laddove, non aderendo al condono e proseguendo la lite, potrebbe averla accolta. Sui limiti dell'ultimo condono fiscale relativo alle liti pendenti, la Corte di cassazione si è pronunciata con i due seguenti precedenti a Sez. 5, Ordinanza interlocutoria 180552010 in tema di definizione agevolata delle liti fiscali pendenti innanzi alla Corte di Cassazione ed alla Commissione Tributaria Centrale, prevista dall'art. 3, comma 2 bis, del Dl 40/2010 convertito con modificazioni nella legge 73/2010, vanno sottoposte alla Corte di Giustizia le seguenti questioni pregiudiziali 1 se il principio del contrasto all'abuso del diritto in materia fiscale, così come definito nelle sentenze in cause C - 255/02 e C - 425/06, Halifax e Part Service, costituisca un principio fondamentale del diritto comunitario soltanto in materia di imposte armonizzate e nelle materie regolate da norme di diritto comunitario secondario, ovvero si estenda, quale ipotesi di abuso di libertà fondamentali, alle materie di imposte non armonizzate, quali le imposte dirette, quando l'imposizione ha per oggetto fatti economici transnazionali, quale l'acquisto di diritti di godimento da parte di una società su azioni di altra società avente sede in altro Stato membro o in uno Stato terzo 2 a prescindere dalla risposta al precedente quesito, se sussista un interesse di rilevanza comunitaria alla previsione, da parte degli Stati membri, di adeguati strumenti di contrasto all'elusione fiscale in materia di imposte non armonizzate se a tale interesse osti una non applicazione - nell'ambito di una misura di condono - del principio dell'abuso del diritto riconosciuto anche come regola del diritto nazionale e se in tal caso ricorra una violazione dei principi ricavabili dall'art. 4, comma 3, del Trattato sull'Unione Europea 3 se dai principi che governano il mercato unico possa ricavarsi un divieto di prevedere, oltre a misure straordinaria di rinuncia totale alla pretesa tributaria, una misure straordinaria di definizione di controversie tributarie, la cui applicazione è limitata nel tempo ed è condizionata al pagamento di una sola parte dell'imposta dovuta, notevolmente inferiore alla stessa 4 se il principio di non discriminazione e la disciplina in materia di aiuti di Stato ostino al regime di definizione delle controversie fiscali di cui si tratta nella presente causa 5 se il principio di effettività dell'applicazione del diritto comunitario osti ad una disciplina processuale straordinaria e limitata nel tempo che sottrae il controllo di legittimità e in particolare quello su una corretta interpretazione e applicazione del diritto comunitario al giudice di vertice, cui incombe l'obbligo di rimettere questioni pregiudiziali di validità e d'interpretazione alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea. b Sez. 5, Sentenza 21714/2010 in tema di condono fiscale, presupposto per la definizione agevolata delle liti fiscali pendenti innanzi alla Corte di Cassazione prevista dall'art. 3, comma 2 bis, del Dl 40/2010 convertito con modificazioni nella legge 73/2010, è la soccombenza dell'Amministrazione finanziaria nei precedenti gradi di giudizio. Il riferimento normativo ai primi due gradi di giudizio , va interpretato nel senso che occorre aver riguardo all'intera vicenda processuale, nella quale l'Ufficio tributario deve essere stato costantemente soccombente con la conseguenza che, nell'ipotesi in cui il giudizio di cassazione sia stato preceduto - in applicazione del rito previgente - da tre gradi di giudizio, è necessario, ai fini dell'ammissibilità dell'istanza di definizione, che si sia verificato un triplice esito sfavorevole per l'Amministrazione atteso che la ratio delle norme è quella di deflazionare il contenzioso pendente da oltre 10 anni confidando sull'elevata probabilità di un esito sfavorevole in sede di legittimità. In applicazione del principio, la S.C. ha respinto l'istanza di definizione della lite presentata dal contribuente, in quanto l'Amministrazione, risultata soccombente nei primi due gradi di giudizio, aveva ottenuto un parziale accoglimento del ricorso da parte della Commissione Tributaria Centrale .