RASSEGNA TRIBUTARIA DELLA CASSAZIONE di Francesco Antonio Genovese

di Francesco Antonio Genovese SEZIONE QUINTA 7 SETTEMBRE 2010, N. 19135 TRIBUTI IN GENERALE - CONTENZIOSO TRIBUTARIO DISCIPLINA POSTERIORE ALLA RIFORMA TRIBUTARIA DEL 1972 - PROCEDIMENTO - DISPOSIZIONI COMUNI AI VARI GRADI DEL PROCEDIMENTO - RINVIO ALLE NORME DEL CODICE DI PROCEDURA CIVILE Processo tributario - Certificazione del passaggio in giudicato della sentenza tributaria - Mancata previsione - Art. 124 disp. att. Cpc - Applicabilità - Fattispecie Nel processo tributario, in mancanza di una previsione specifica sulla certificazione del passaggio in giudicato della sentenza, va applicato per analogia legis , secondo la previsione dell'art. 1 comma 2, del D.Lgs. 546/1992, l'art. 124 disp. att. Cpc ed è, quindi, necessario che il segretario della Commissione tributaria, provinciale o regionale, certifichi, in calce alla copia della sentenza contenente la relazione della notificazione alla controparte o alla copia della sentenza non notificata che nei termini di legge non è stata proposta impugnazione, con la conseguenza che non può ritenersi equipollente l'attestazione della Commissione tributaria provinciale secondo cui, ad una data posteriore alla scadenza del termine per la proposizione dell'appello di una sua sentenza, non è stata chiesta dalla Commissione tributaria regionale competente la trasmissione del fascicolo di primo grado prevista dall'art. 53, comma 3, del D.Lgs. 546/1992. Nella stessa direzione, sia pure non nella materia del giudizio tributario, già Cass. Sez. L, Sentenza 27881/2008 affinché il giudicato esterno, per quanto rilevabile d'ufficio, possa far stato nel processo, in accoglimento della relativa eccezione, la certezza della sua formazione deve essere provata attraverso la produzione della sentenza posta a fondamento dell'eccezione medesima, completa della motivazione, non potendone risultare la portata dal solo dispositivo, e recante il relativo attestato di cancelleria di cui all'art. 124 disp. att. Cpc. SEZIONE QUINTA 17 SETTEMBRE 2010, N. 19725 TRIBUTI LOCALI COMUNALI, PROVINCIALI, REGIONALI - TRIBUTI LOCALI POSTERIORI ALLA RIFORMA TRIBUTARIA DEL 1972 Imposta provinciale di trascrizione - Società di consulenza per la circolazione - Avviso di accertamento - Motivazione per relationem - Ammissibilità - Fondamento In tema di imposta provinciale sulle formalità di trascrizione, iscrizione ed annotazione dei veicoli richieste al pubblico registro automobilistico, prevista dall'art. 56 del D.Lgs. 446/1997, non è nulla e deve ritenersi sufficiente la motivazione dell'avviso di accertamento emesso nei confronti di società di consulenza per la circolazione dei mezzi di trasporto - obbligata in solido con il debitore principale, per il quale abbia svolto pratiche amministrative - che rinvii all'atto di messa in mora previamente comunicato, contenente l'elenco analitico degli importi relativi a ciascuna formalità, con i rispettivi numeri di codice, riscontrabili sul registro-giornale che la predetta impresa di consulenza è obbligata a tenere ai sensi dell'art. 6 della legge 264/1991, essendo conseguentemente in condizione di conoscere l' an ed il quantum della pretesa tributaria, atteso che tale registro contiene gli elementi di identificazione del committente e del mezzo di trasporto, la data e la natura dell'incarico, nonché gli adempimenti cui l'incarico si riferisce. Si veda, Sez. 5, Sentenza 13335/2009 in materia tributaria, la motivazione dell'atto impositivo, avendo la funzione di delimitare l'ambito delle ragioni adducibili dall'Ufficio nell'eventuale successiva fase contenziosa e di mettere il contribuente in grado di conoscere l' an ed il quantum della pretesa tributaria, per approntare idonea difesa, deve essere differenziata - anche alla luce del principio di cui all'art. 97 Cost. - in relazione alla funzione di ciascun atto impositivo. Devesi, pertanto, distinguere tra l'atto, più semplificato, di mera liquidazione dell'imposta corrispondente a quanto dichiarato dal contribuente, quale l'attività di liquidazione ex art. 36 bis Dpr 600/1973, avente carattere estremamente elementare, tanto da richiedere procedure automatizzate, e quello di vero e proprio accertamento di un'imposta perché non dichiarata o maggiore di quella dichiarata, che richiede, invece, un'adeguata motivazione. SEZIONE QUINTA 24 SETTEMBRE 2010, N. 20199 TRIBUTI ERARIALI DIRETTI - ACCERTAMENTO DELLE IMPOSTE SUI REDDITI - TRIBUTI POSTERIORI ALLA RIFORMA DEL 1972 - ACCERTAMENTI E CONTROLLI - IN GENERE Società di capitali - Movimenti bancari - Art. 32 e 37 del Dpr 600/1973 - Conti correnti intestati a soci - Reperibilità all'attività aziendale - Onere della prova a carico della società contribuente - Necessità In tema di imposte sui redditi ai sensi degli artt. 32 e 37 del Dpr 600/1973, delle imposte sui redditi di società di capitali, l'utilizzazione dei dati risultanti dalle copie dei conti correnti bancari acquisiti dagli istituti di credito non può ritenersi limitata ai conti formalmente intestati all'ente, ma riguarda anche quelli formalmente intestati ai soci, amministratori o procuratori generali, allorché risulti provata dall'Amministrazione finanziaria, anche tramite presunzione, la natura fittizia dell'intestazione o, comunque, la sostanziale riferibilità all'ente dei conti medesimi o di alcuni loro singoli dati. Ne consegue in ordine alla distribuzione dell'onere probatorio che una volta dimostrata la pertinenza alla società dei rapporti bancari intestati alle persone fisiche con essa collegate, l'Ufficio non è tenuto a provare che tutte le movimentazioni che risultano da quei rapporti rispecchino operazioni aziendali, ma al contrario la corretta interpretazione dell'art. 32 del Dpr 600/73 impone alla società contribuente di dimostrare la estraneità di ciascuna di quelle operazioni alla propria attività di impresa. Si vedano a Sez. 5, Sentenza 7766/2008 in tema di accertamento delle imposte sui redditi, la presunzione legale relativa posta dall'art. 32, primo comma, del Dpr 600/1973 vincola l'Ufficio tributario ad assumere per certo che i movimenti bancari effettuati sui conti correnti intestati al contribuente siano a lui imputabili, senza che risulti necessario procedere all'analisi delle singole operazioni, la quale è posta a carico del contribuente, in virtù dell'inversione dell'onere della prova. b Sez. 5, Sentenza 4589/2009 nel processo tributario, nel caso in cui l'accertamento effettuato dall'ufficio finanziario si fondi su verifiche di conti correnti bancari, è onere del contribuente, a carico del quale si determina una inversione dell'onere della prova, dimostrare che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non siano riferibili ad operazioni imponibili, mentre l'onere probatorio dell'Amministrazione è soddisfatto, per legge, attraverso i dati e gli elementi risultanti dai conti predetti. SEZIONE QUINTA 24 SETTEMBRE 2010, N. 20202 TRIBUTI IN GENERALE - CONTENZIOSO TRIBUTARIO DISCIPLINA POSTERIORE ALLA RIFORMA TRIBUTARIA DEL 1972 - PROCEDIMENTO - IN GENERE Giudizio di ottemperanza - Termine per la proposizione - Art. 14 del Dl 669/1996 - Applicabilità - Esclusione - Termine previsto dall'art. 70, secondo comma del D.Lgs. del 1992 - Applicabilità In tema di contenzioso tributario, il giudizio di ottemperanza, ammissibile ogni qualvolta debba farsi valere l'inerzia dell'Amministrazione rispetto al giudicato o la difformità specifica dell'atto posto in essere dalla stessa rispetto all'obbligo processuale di attenersi all'accertamento contenuto nella sentenza da eseguire, si differenzia dal concorrente giudizio esecutivo civile, perché il suo scopo non è quello di ottenere l'esecuzione coattiva del comando contenuto nel giudicato, ma di rendere effettivo quel comando, anche e specialmente se privo dei caratteri di puntualità e precisione tipici del titolo esecutivo. Ne deriva che, non essendo previsto alcun termine per l'Amministrazione per adempiere al giudicato e non potendosi applicare al termine previsto dal comma 1 dell'art. 14 del Dpr 669/1996 convertito in legge 30/1997 in quanto previsto per le sole procedure esecutive, unica condizione per la proponibilità del giudizio di ottemperanza è il decorso del termine di trenta giorni dalla messa in mora a mezzo di ufficiale giudiziario, ai sensi dell'art. 70, secondo comma, ultima parte, del D.Lgs. 546/1992. Nello stesso senso già Sez. 5, Sentenza 15176/2010 il ricorso per l'ottemperanza alle decisioni delle commissioni tributarie, passate in giudicato, è ammissibile, ai sensi dell'art. 70 del D.Lgs. 546/1992, solo dopo la scadenza del termine fissato dalla legge per l'adempimento da parte dell'ufficio finanziario o dell'ente locale, o, in mancanza di tale termine, dopo trenta giorni dalla loro messa in mora a mezzo di ufficiale giudiziario , non essendo equiparabile alla costituzione in mora la notifica della sentenza, effettuata a norma dell'art. 285 Cpc, che, come risulta dalla formulazione dell'art. 70, comma terzo, del citato D.Lgs. 546, non produce gli effetti di cui all'art. 1219 cc. SEZIONE QUINTA 3 NOVEMBRE 2010, N. 22313 TRIBUTI IN GENERALE - ACCERTAMENTO TRIBUTARIO - TIPI E SISTEMI DI ACCERTAMENTO - ACCERTAMENTO CATASTALE CATASTO - IN GENERE Revisione rendite catastali urbane - Norma applicabile - Art. 3, comma 58, legge 662/1996 - Visita sopralluogo dell'ufficio - Necessità - Esclusione - Contraddittorio endoprocedimentale - Necessità - Esclusione - Motivazione dell'atto di riclassamento - Indicazione della consistenza, categoria e classe attribuita - Sufficienza - Ragioni La revisione delle rendite catastali urbane, regolata dall'art. 3, comma 58 della legge 662/1996 e, ricorrendone i presupposti - ripartizione del territorio comunale in microzone, dall'art. 1, comma 335, della legge 311/2004 in assenza di variazioni edilizie, non richiede la previa visita sopralluogo dell'ufficio non essendo condizionata, ad alcun preventivo contraddittorio endoprocedimentale. Ne consegue che la motivazione dell'atto di riclassamento può limitarsi a contenere l'indicazione della consistenza, della categoria e della classe attribuita dall'ufficio, avendo l'esclusiva funzione di delimitare l'ambito delle ragioni adducibili da esso nella successiva fase contenziosa nella quale al contribuente è consentito di esercitare il proprio diritto di difesa e di richiedere la verifica dell'effettiva correttezza dei parametri posti a base della riclassificazione eseguita. Tuttavia l'accertamento contenzioso non avrà ad oggetto l'idoneità della motivazione ma il merito della controversia. Si veda Sez. 5, Sentenza 25624/2006 in tema di imposta di registro ed INVIM, anche a seguito dell'entrata in vigore dell'art. 7 della legge 212/2000, che ha esteso alla materia tributaria i principi di cui all'art. 3 della legge 241/1990, l'obbligo di motivazione dell'avviso di accertamento di maggior valore deve ritenersi adempiuto mediante l'enunciazione del criterio astratto in base al quale è stato rilevato il maggior valore, con le specificazioni che si rendano in concreto necessarie per consentire al contribuente l'esercizio del diritto di difesa e per delimitare l'ambito delle ragioni deducibili dall'Ufficio nell'eventuale successiva fase contenziosa, restando riservati a quest'ultima fase l'onere dell'Ufficio di fornire la prova della sussistenza in concreto dei presupposti per l'applicazione del criterio prescelto, e la possibilità per il contribuente di contrapporre altri elementi sulla base del medesimo criterio o di altri parametri. SEZIONE QUINTA 17 NOVEMBRE 2010, N. 23177 TRIBUTI ERARIALI INDIRETTI RIFORMA TRIBUTARIA DEL 1972 - IMPOSTA SUL VALORE AGGIUNTO I.V.A. - ESERCIZIO DI PIÙ ATTIVITÀ Applicazione di regime di contabilità separata scelto dal contribuente - Acquisto di beni ammortizzabili utilizzati nell'ambito di più attività - Detrazione - Possibilità - Esclusione In tema di IVA, ai sensi dell'art. 36, terzo comma, Dpr 633/1972, l'imprenditore che, esercitando congiuntamente più attività nell'ambito della stessa impresa, opti per l'applicazione separata dell'imposta relativamente ad alcuna delle attività esercitate, non ha diritto a portare in detrazione l'imposta assolta relativamente all'acquisto di beni non ammortizzabili utilizzati promiscuamente, vale a dire nell'ambito di tutte le attività svolte. Tale divieto sussiste, infatti, non solo nel caso in cui il regime di contabilità separata sia stato scelto liberamente dal contribuente, ma anche se sia stato imposto con normativa regolamentare. In precedenza, Sez. 1, Sentenza 4557/1994 in tema di I.V.A., l'obbligo di separate contabilità e dichiarazioni e del distinto calcolo e pagamento della imposta prevista - in mancanza di opzione per la applicazione cumulativa della stessa - dall'art. 36 del Dpr 633/1972, nella originaria formulazione vigente fino a tutto il 1974 , per i soggetti che esercitano contemporaneamente più imprese che per loro oggetto e natura importano diversi regimi di applicazione della imposta , presuppone l'esercizio di più imprese, intese come attività economiche diverse, ciascuna con propria distinta organizzazione di beni, soggette a diversi regimi di applicazione dell'imposta, sicché non ricorre nella ipotesi di diverse attività svolte contemporaneamente dallo stesso soggetto nell'ambito di una unica organizzazione, ancorché queste per loro natura ed oggetto importino modalità diverse di applicazione della imposta.