RASSEGNA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA

EU C 2021 89, C-559/19 3 FEBBRAIO 2021 LIBERTÀ DI PRESTAZIONI DI SERVIZI – DIVIETO DI PUBBLICITÀ SU SCALA REGIONALE SUI CANALI TV NAZIONALI LICEITÀ. Fornitura di servizi di media audiovisivi – Parità di trattamento – Comunicazione commerciale audiovisiva – Normativa nazionale che vieta alle emittenti televisive di inserire nei loro programmi trasmessi in tutto il territorio nazionale pubblicità televisive la cui diffusione sia limitata a un livello regionale. L’art. 4 § .1 Direttiva 2010/13/UE, relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti la fornitura di servizi di media audiovisivi direttiva sui servizi di media audiovisivi , e l’art. 11 Carta di Nizza devono essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale che vieta alle emittenti televisive di inserire nei loro programmi trasmessi in tutto il territorio nazionale pubblicità televisive la cui diffusione sia limitata a un livello regionale. L’art. 56 TFUE deve essere interpretato nel senso che non osta ad una siffatta normativa nazionale, purché essa sia idonea a garantire il conseguimento dell’obiettivo di tutela del pluralismo dei media al livello regionale e locale da essa perseguito e non vada al di là di quando necessario per raggiungere detto obiettivo, ciò che spetta al giudice del rinvio verificare. L’art. 20 Carta di Nizza deve essere interpretato nel senso che non osta ad una siffatta normativa nazionale, nei limiti in cui essa non comporti una disparità di trattamento tra le emittenti televisive nazionali e i fornitori di pubblicità su Internet per quanto riguarda la diffusione di pubblicità a livello regionale, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare. Infatti la tutela del pluralismo dei media è considerata un interesse imperativo generale tale da legittimare restrizioni alla fornitura di detti servizi, ivi compresa la pubblicità, anche se questa materia non è specificatamente disciplinata dalla Direttiva 2010/13 ed alla libertà di espressione, intesa anche come diritto all’informazione. Sul tema EU C 2020 59, 2017 335, 2015 823 e 2013 496. EU C 2021 64, C 16/19 26 GENNAIO 2021 TUTELA DEI LAVORATORI DISCRIMINAZIONE BASATA SULLA DISABILITÀ – DIFFERENZE DI TRATTAMENTO TRA I LAVORATORI DISABILI. Nozione di discriminazione” – Discriminazione diretta – Discriminazione indiretta – Discriminazione fondata sulla disabilità – Differenza di trattamento all’interno di un gruppo di lavoratori disabili – Concessione di un’integrazione salariale ai lavoratori disabili che hanno presentato, successivamente a una data fissata dal datore di lavoro, un certificato di riconoscimento di disabilità – Esclusione dei lavoratori disabili che hanno presentato il proprio certificato prima di tale data. L’art. 2 Direttiva 2000/78/CE, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, deve essere interpretato nel senso che la prassi di un datore di lavoro consistente nel versare un’integrazione salariale ai lavoratori disabili che hanno presentato il loro certificato di riconoscimento di disabilità dopo una data fissata dal medesimo datore di lavoro, e non anche ai lavoratori disabili che avevano presentato tale certificato prima di tale data, può costituire una discriminazione diretta qualora risulti che tale prassi è fondata su un criterio inscindibilmente legato alla disabilità, in quanto è tale da porre definitivamente nell’impossibilità di soddisfare tale condizione temporale un gruppo chiaramente identificato di lavoratori, composto dall’insieme dei lavoratori disabili la cui disabilità era necessariamente nota al datore di lavoro al momento dell’istituzione di tale prassi essa, benché apparentemente neutra, può costituire una discriminazione indirettamente fondata sulla disabilità qualora risulti che essa comporta un particolare svantaggio per taluni lavoratori disabili a seconda della natura della loro disabilità, in particolare del carattere manifesto di questa o del fatto che tale disabilità richiede soluzioni ragionevoli alle condizioni di lavoro, senza essere oggettivamente giustificata da una finalità legittima e senza che i mezzi per il conseguimento di tale finalità siano appropriati e necessari. Il concetto di par condicio tende ad escludere ogni differenza, a parità di condizione, non solo tra lavoratori disabili e normo dotati”, ma anche tra i disabili stessi. È questa l’ipotesi presa in considerazione nella fattispecie in cui una prassi apparentemente neutra ha costituito una discriminazione basata sulla natura dell’handicap, risultando perciò svantaggiosa per alcuni lavoratori disabili, favorendone, invece altri, senza essere oggettivamente giustificata da una finalità legittima e senza che i mezzi per il conseguimento di tale finalità siano appropriati e necessari spetterà al giudice di rinvio verificare tutto ciò. Sul tema EU C 2019 43, 2017 203, 198 e 2013 823.