RASSEGNA DELLA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

SEZ. V KLAUS MULLER comma GERMANIA 19 NOVEMBRE 2020, RIC.24173/18 TUTELA DELLA PROFESSIONE - SEGRETO PRFESSIONALE - TESTIMONIANZA NEL PROCESSO CONTRO EX CLIENTE - LIMITI. Il segreto professionale non è opponibile se il cliente vi rinuncia. È un avvocato che difese cinque società che furono messe in liquidazione coatta ed i loro ex dirigenti furono processati in sede penale. Malgrado che il liquidatore di quattro società e l’amministratore della quinta avessero rinunciato alla tutela del segreto avvocato-cliente, non avendolo fatto i dirigenti interessati che aveva assistito, si rifiutò di testimoniare invocando il segreto professionale. Fu multato di €.600 ed invano impugnò la condanna in ogni ordine e grado. Nessuna violazione dell’art. 8 Cedu dato che l’avvocato non poteva invocare il diritto di non testimoniare contro un ex cliente. Nel momento in cui l’assistito rinuncia al segreto professionale, questi non può essere più invocato dal legale. Nella fattispecie i clienti non erano persone fisiche, ossia i singoli dirigenti delle società assistite, bensì dette ditte, sì che quando il soggetto che vi è subentrato liquidatore od il nuovo rappresentante hanno rinunciato al segreto, questo non poteva più essere invocato per rinunciare alla testimonianza. Il segreto professionale è volto a tutelare i diritti del cliente ed è a fondamento dei rapporti tra questo ed il legale, perciò se l’assistito vi rinuncia l’avvocato non è più tenuto ad osservarlo. In ogni caso la legge interna aveva adottato una serie di misure per tutelare i contrapposti interessi. Questa tesi e la relativa procedura sono suffragate non solo da una solida base legale, ma anche dalla prassi interna costante e concorde. Sul tema Denisov c. Ucraina [GC] del 25/9/18, Borg c. Malta del 12/1/16 e Michaud c. Francia del 2012. SEZ. III AGAPOV comma RUSSIA 6 OTTOBRE 2020, RIcomma 52464/15 DIRITTO SOCIETARIO – INSOLVENZA DELLA SOCIETÀ - RECUPERO CREDITI DA TERZI – PRESUNZIONE D’INNOCENZA. L’archiviazione non equivale ad una condanna le colpe del datore non sono ascrivibili al dipendente. Il ricorrente è il direttore generale di una società che, ad un controllo fiscale, risultò aver evaso ingenti somme relative al saldo dell’IVA. Dato che la società era insolvente e come tale fu dichiarata fallita e radiata dall’albo delle imprese, ritenendolo colpevole in assenza di prove di tale frode fiscale, lo Stato si rivalse sul suo capitale. Violati gli articolo 6 § .2 e 1 protocollo 1 Cedu. La CEDU giudica non quantomeno infelice la motivazione con cui il Tribunale civile ha ordinato al ricorrente di rimborsare il fisco al posto della società che aveva evaso l’IVA secondo il giudice l’assenza di proscioglimento nel processo penale per frode fiscale, archiviato anche perché il reato di evasione era prescritto, significa che ipso iure è colpevole, essendo una prova sufficiente del reato ascrittogli. Per la CEDU questa però è una prova inequivocabile che l’opinione del giudice era quella di ritenerlo colpevole di un reato per il quale non solo non era mai stato processato, ma neanche aveva potuto esercitare i suoi diritti alla difesa aveva fatto un sillogismo in base al quale l’interruzione di un procedimento penale equivaleva all’automatica condanna del ricorrente in palese violazione del principio della presunzione d’innocenza. Il fatto che anche il fisco in modo superficiale lo abbia ritenuto colpevole e citato in giudizio, stante il fallimento della datrice e la censurata rivalsa, sono chiaramente arbitrarie e sproporzionate costituendo una violazione dei suoi diritti economici. Sul tema Fleischner c. Germania del 3/10/19, G.IEMSRL e altri c. Italia [GC] e Beyeler c. Italia [GC]. È analoga a Gracia Gonzalez c. Spagna del 6/10/20 relativa all’impossibilità della vedova di un pompiere, morto sul lavoro in un incidente in elicottero, di intervenire nella causa intentata dall’associazione di categoria e chiedere una riapertura del caso per acclarare le responsabilità del fornitore/produttore del pezzo difettoso che aveva causato il sinistro e del proprietario del mezzo ed a Gocic c. Croazia dell’8/10/20 sull’impossibilità di un giocatore di basket professionista di accedere ad un tribunale per ottenere il saldo delle sue spettanze. Si vedano infine anche Sik c. Turchia numero 2 e Kurban c. Turchia del 26/11/20 sull’illecita detenzione provvisoria di un giornalista, punito in quanto tale per i suoi articoli critici verso il governo e sull’annullamento di un appalto pubblico senza la restituzione della garanzia versata obbligatoriamente con l’offerta riconosciuta solo una violazione dei diritti economici del ricorrente ex art. 1 protocollo 1 Cedu .