RASSEGNA DELLA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

SEZ. I G.L. comma ITALIA 10 SETTEMBRE 2020, RIcomma 59751/15 TUTELA DEI DISABILI DIRITTO ALLO STUDIO INSEGNAMENTO DI SOSTEGNO CONSEGUENZE DEL RIFIUTO – DISCRIMINAZIONE BASATA SU HANDICAP. È gravemente discriminatorio negare l’insegnamento di sostegno ad una bimba delle elementari. La ricorrente è una minorenne all’epoca dei fatti che soffre di autismo ed è muta sino all’asilo ha avuto l’insegnate di sostegno per 24 ore a settimana ed usufruito di un’assistenza specializzata in funzione delle sue peculiari necessità ex l. n. 104/1992, ma nei primi due anni delle elementari è stata privata di questo sostegno, sì che i genitori hanno dovuto assumere un insegnante privato che l’assistesse. Inutili gli appelli al sindaco di Eboli, dove risiede né i ricorsi al TAR respinto anche quello al Consiglio di Stato . La giovane, dato che queste carenze influiscono sul suo diritto allo studio, al suo sviluppo intellettuale ed all’integrazione nella società, si è sentita discriminata in quanto disabile. Violato l’articolo 14 in combinazione con l’articolo 2 protocollo 1 diritto allo studio negare ad una bambina l’insegnamento di sostegno è una discriminazione basata sulla sua disabilità tanto più grave per il fatto che, all’epoca, frequentava le prime classi delle elementari che apportano le basi per l’istruzione e l’inclusione sociale, essendo tra le prime esperienze di integrazione e di vita assieme ad altri studenti. Le autorità italiane non hanno fatto nulla per acclarare i reali bisogni della ricorrente né per trovare soluzioni alternative atte a risolvere il problema ed offrirgli un’istruzione uguale agli altri studenti non disabili. La CEDU stigmatizza il fondare tale rifiuto giustificandolo con la carenza di fondi, soluzione condivisa dalla Giustizia amministrativa che ha basato su questo motivo il rigetto delle istanze dei genitori della bimba si sarebbero dovuto trovare soluzioni più bilanciate distribuendo i fondi a bilancio tra tutti gli allievi. È palese che sia stata discriminata per il suo handicap e che ciò sia più grave stante la tenera età. Questo rifiuto non trova un fondamento legale e non risponde ad alcun fine necessario in una società democratica. Riconosciuto un cospicuo indennizzo. Sul tema Cass. SS.UU. 25101/19 e 9966/17 sez. II della sentenza sulle norme internazionali a tutela dei disabili e contro le discriminazioni nei loro confronti Stoian c. Romania del 25/6/19, Ç am c. Turchia del 26/2/16 e Fabris c. Francia [GC] del 2013. SEZ.I N.S. comma CROAZIA 10 SETTEMBRE 2020, RIcomma 36908/13 TUTELA DEI MINORI AFFIDAMENTO SEGRETO ISTRUTTORIO PROCESSO MEDIATICO. È lecito divulgare informazioni sul malfunzionamento dei servizi sociali e della giustizia, anche se la privacy dei minori è sacra. Il caso verte sulla lite tra la ricorrente e la famiglia del genero per l’affidamento della nipote di 5 mesi unica sopravvissuta nell’incidente stradale in cui morirono i suoi genitori. Al termine di una lunga e dura battaglia legale la minore fu affidata allo zio paterno. Inutili i ricorsi. Questa faida familiare ebbe vasta eco nei media e la ricorrente rilasciò diverse interviste, per le quali fu accusata e condannata per violazione del segreto istruttorio per aver divulgato l’identità della nipote. Inutili i ricorsi anche alla Consulta le autorità rifiutarono la tesi che si trattasse di dati di dominio pubblico e di sentire i giornalisti che avevano predisposto il reportage incriminato. È stata violata la libertà di espressione articolo 10 Cedu della ricorrente che aveva rilasciato l’intervista in buona fede per tutelare la nipote ed i giornalisti che l’avevano realizzata, in base ai doveri deontologici ed etici, avevano vigilato che non fosse violata la privacy della minore. Infatti in un’ottica di tolleranza e di apertura mentale è lecito che si discuta su casi giudiziari, non solo sui media, ma anche su riviste specializzate e tra la popolazione ed in questi casi si possono anche rilevare informazioni coperte da riservatezza se funzionali alla denuncia dei pubblici servizi. Orbene nella fattispecie non erano state fornite informazioni sulla personalità della minore, ma solo il suo nome per denunciare le carenze dei servizi socio-assistenziali nel gestire la procedura dell’affidamento, tema che aveva già avuto ampia eco tra l’opinione pubblica ed era di chiaro interesse collettivo. I giudici hanno peccato di eccessivo formalismo nell’interpretare la nozione di privacy, ledendo i diritti della ricorrente e rifiutando di escutere le testimonianze dei giornalisti. Sul tema si veda il § .2 della sentenza sulle norme internazionali COE, ONU e FRA – agenzia dei diritti umani dell’UE etc. sulla tutela dei minori in generale, della loro privacy nel contesto di procedimenti giudiziari e nell’ambiente digitale Magyar Kétfarkú Kutya Párt c. Ungheria [GC], Strand Lobben e altri c. Norvegia [GC] e Ricci c. Italia nelle rassegne del 28/2/20 e 13/1/19 e nel quotidiano dell’8/10/13. È analoga a Civinskaitè c. Lituania del 15/9/20 in cui è stata esclusa l’iniquità della sanzione disciplinare inflitta ad un Procuratore aggiunto per le carenze in un processo per abusi sessuali perpetrati su un minore dai suoi familiari che ebbe vasta risonanza politica e mediatica.