RASSEGNA DELLA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

SEZ. III K.A. comma SVIZZERA 7 LUGLIO 2020, RIcomma 63130/15 TUTELA DELLA PRIVACY E DELLA SERENITÀ FAMILIARE - SOGGIORNANTE DI LUNGO PERIODO - REVOCA DEL PERMESSO DI SOGGIORNO PER PREGRESSE CONDANNE PENALI – LICEITÀ. Sempre lecita la revoca del permesso di soggiorno a chi ha subito condanne penali. Il ricorrente è un kosovaro cui fu revocato il permesso di soggiorno e temporaneamente vietato l’ingresso in Svizzera quale misura interdittiva a seguito di una condanna per un’infrazione connessa allo spaccio di sostanze stupefacenti. Irrilevante che fosse un soggiornate di lungo periodo e che la moglie ed il figlio malati non avessero nessun altro per assisterli. Vani i ricorsi. Nessuna violazione dell’articolo 8 Cedu le autorità interne e le Corti svizzere hanno equamente bilanciato i contrapposti interessi in gioco, analizzando approfonditamente la questione e motivandola adeguatamente. Il ricorrente, malgrado i forti legami con lo Stato ospitante, vista la gravità delle accuse e della sua condotta costituiva un pericolo per la pubblica sicurezza, sì, per tutelare l’ordine pubblico e nell’ambito della lotta al crimine, sono leciti la revoca del permesso di soggiorno e l’interdizione ad entrare in Svizzera per 7 anni. Sul tema I.M. c. Svizzera del 9/4/19, X c. Lettonia [GC] del 2013 ed Uner c. Olanda [GC] del 2006. È analoga a Veljkovic-Jukic c. Svizzera e M.K. ed altri c. Polonia del 21 e 23/7/20 su una vicenda identica al caso in esame la ricorrente, lungo soggiornante, si è vista negare il rinnovo del permesso di soggiorno ed interdire l’accesso per 7 anni per una dura condanna per spaccio di droga e sulle espulsioni collettive di un gruppo di ceceni in violazione anche delle misure provvisorie adottate dalla CEDU articolo 4 protocollo e da solo ed in combinato con gli artt. 3 e 13 Cedu . SEZ. IV POPOVIC ED ALTRI comma SERBIA 30 GIUGNO 2020, RIC.26944/13 PREVIDENZA SOCIALE - PENSIONE D’INVALIDITÀ – DIVIETO DI DISCRIMINAZIONE TRA CIVILI E MILITARI. Lecite e non discriminatorie le differenti misure del welfare adottate per gli invalidi civili ed i veterani di guerra. Sono alcuni invalidi civili divenuti paraplegici a seguito di cadute, fucilate, incidenti stradali etc. che lamentano una discriminazione in quanto l’importo del loro beneficio è la metà di quello riconosciuto ai veterani, cui, per altro erano liquidate ulteriori voci non previste per i civili. Vani i ricorsi contro questa asserita diseguaglianza. Esclusa una violazione dell’articolo 14 divieto di discriminazione Cedu i veterani, in quanto ex combattenti, sono rimasti feriti nell’esercizio delle loro funzioni, essendo esposti perciò a maggiori rischi e difficoltà per ottenere indennizzi. Inoltre, non avevano accesso ad altre prestazioni sociali riconosciute invece agli invalidi civili, che erano divenuti tali in seguito ad ordinari incidenti e non durante la guerra come i veterani. La modifica della legge, contestata dai ricorrenti, aveva il fine di riequilibrare detta disparità subita dai veterani e si basa su ragionevoli basi. La discriminazione, diretta e/o indiretta è esclusa anche dal fatto che le due categorie, per quanto esplicato, non erano assolutamente paragonabili. Sul tema si veda la sez. II per le leggi dell’ONU ed internazionali a tutela dei disabili e nello specifico ai soggetti divenuti tali per la guerra tra Serbia, Croazia e Bosnia Erzegovina e sull’assistenza medica e sociale agli invalidi Molla Sali c. Grecia [GC] del 19/12/18 e Vučković ed altri c. Serbia [GC] del 25/3/14. La deroga a questo divieto è stata esclusa anche nel caso Tershana c. Albania del 4/8/20 in cui è stata, però, ravvisata una violazione dell’articolo 2 Cedu sotto il profilo procedurale per la mancata individuazione e punizione di chi l’ha aggredita versandole addosso una sostanza acida mai ben indentificata, scagionando il suo ex che pur l’aveva minacciata di morte numerose volte e che era stato trovato in possesso di armi detenute illegalmente. Non è stata, invece presa in considerazione nel caso Yordanovi c. Bulgaria del 3/9/20 in cui è stata, però, ravvisata una grave lesione alla libertà di associazione ex articolo 11 Cedu nella condanna penale dei ricorrenti, appartenenti alla minoranza etnica turca musulmana, che volevano fondare un partito su una base religiosa Unione musulmana democratica .