RASSEGNA DELLA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

SEZ. V P.N. comma GERMANIA 11 GIUGNO 2020, RIcomma 74440/17 TUTELA DELLA PRIVACY E LOTTA ALLA CRIMINALITÀ – DATI BIOMETRICI - TATUAGGI – LICEITÀ DELLA RACCOLTA. Lecito raccogliere i dati biometrici di un recidivo per tutelare la pubblica sicurezza. Il ricorrente fu processato perché sospettato di avere commesso il reato di ricettazione. Visti i suoi precedenti penali la polizia ordinò la raccolta e la conservazione dei suoi dati biometrici, anche dopo che il processo a suo carico fu archiviato impronte delle dita e dei palmi delle mani, foto del viso, della figura intera, dei tatuaggi, descrizione dettagliata della sua persona etc. Vani i ricorsi per chiederne la cancellazione. Nessuna violazione dell’articolo 8 Cedu è un pregiudicato che ha commesso diversi reati nell’arco di 13-20 anni, sì che è logico attendersi che possa compierne altri in futuro. Le forze di polizia hanno adottato tutte le misure atte a conservare, archiviare e trattare tali dati, la cui raccolta non è stata invasiva come eventuali prelievi per il DNA. Questi dati non sono accessibili a terzi, ma solo alle autorità preposte previa richiesta e sono finalizzati alla lotta al crimine ed a facilitare eventuali future indagini di polizia. Quindi se da un lato la raccolta di qualsiasi dato biometrico e delle immagini ivi compresa la sua dettagliata descrizione dell’interessato possono costituire un’interferenza nei suoi diritti, dall’altro sono legittimati dalle suddette finalità di tutela dell’ordine e sicurezza pubblica, di prevenire e reprimere crimini etc. L’interessato può chiedere la cancellazione dei suoi dati non più necessari e lo stesso possono farlo le autorità in sede di revisione. La prassi interna inoltre su queste tematiche è accessibile e prevedibile, sì che è stato rispettato il principio della certezza del diritto. Sul tema MK c. Francia e Peruzzo e Martens c. Germania del 18/4 e 4/6/13. La violazione dell’articolo 8 è stata, invece, riscontrata nelle analoghe Boljevic c. Serbia del 16/6/20 sul diniego di riaprire un’azione di riconoscimento di paternità definita nel 1970 per effettuare l’esame del DNA, allora non disponibile e Draskovic c. Montenegro del 9/6/20 sulla mancata riesumazione e traslazione delle spoglie del marito della ricorrente dal Montenero alla Bosnia Erzegovina per l’opposizione di un nipote. SEZ. V CASTELLANI comma FRANCIA 30 APRILE 2020, RIcomma 43207/16 DIVIETO DI TORTURA E TRATTAMENTI INUMANI - USO DELLA FORZA DA PARTE DELLA POLIZIA. Quando l’uso della forza da parte della polizia è legittimo e quando è un trattamento degradante? Il ricorrente subì un’irruzione, la mattina molto presto, da parte delle forze speciali della polizia era stato arrestato davanti alla famiglia aveva una figlia piccola all’epoca dei fatti perché chiamato in causa in un giudizio penale per subornazione di testimoni e minacce di morte, in cui furono condannati i membri di una famiglia, con cui asseritamente avrebbe avuto rapporti di amicizia. Nel trambusto e vista l’ora, svegliato di soprassalto, aveva preso a sprangate un poliziotto scambiato per un ladro, ma dopo che gli agenti si erano qualificati non aveva opposto alcuna resistenza durante l’arresto ed il trasporto in caserma subì diverse lesioni per le percosse ricevute. Vani i ricorsi per essere indennizzato. In generale l’uso della forza da parte della polizia durante le sue operazioni è lecito se strettamente necessario e proporzionato alle circostanze, sì che prima di agire deve attentamente pianificare i suoi interventi valutare se ci sono effettive prove di colpevolezza, pericolosità della persona da arrestare, se è solo od in compagnia di terzi estranei alle indagini, se c’è il rischio che sia una minaccia per l’incolumità degli agenti o terzi, che possa fuggire o sopprimere/inquinare le prove. Nella fattispecie invece era stata minata la dignità del ricorrente e provocato un forte stato d’ansia anche ai familiari svegliati di soprassalto da un nutrito gruppo di poliziotti armati, in assetto antisommossa e protetti da scudi. La violenza esercitata sul ricorrente, che non aveva opposto resistenza, non era giustificata e proporzionata i mezzi impiegati non erano strettamente necessari per permettere il suo interrogatorio e l’uso della violenza era stata eccessiva stante la sua condotta remissiva. Inoltre l’intera operazione non era stata debitamente pianificata ed eseguita violato l’articolo 3 Cedu. Sul tema Bouyid v. Belgium [GC] del 2015, Giuliani e Gaggio c. Italia [GC] del 2011 e Kucera v. Slovacchia del 17/7/07.