RASSEGNA DELLA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

SEZ. III UZBAYAKOV comma RUSSIA 5 MAGGIO 2020, RIcomma 71160/13 TUTELA DELLA GENITORIALITÀ ADOTTABILITÀ DI UN MINORE FIGLIO DI UN CLANDESTINO RIFIUTO DI RICONOSCERNE LA PATERNITÀ LICEITÀ. Viola la Cedu impedire il riconoscimento di paternità di un clandestino e darne la figlia in adozione. Il ricorrente si è visto rifiutare dalle autorità interne il riconoscimento della paternità dei figli avuti da una russa, deceduta poco dopo il suo arresto non era stato inserito nel loro certificato di nascita, perché clandestino è uzbeko e per questo era stato recluso. I tre più grandi, dopo un periodo in orfanotrofio, furono affidati alla zia materna, la più piccola 14 mesi all’epoca dei fatti fu data in affidamento e poi in adozione. Vani i tentativi di far annullare queste decisioni, soprattutto l’adozione. Violato l’articolo 8 Cedu le Corti interne hanno mancato di eseguire un approfondito esame dei fattori sottesi al caso e di effettuare un equo bilanciamento degli interessi di tutte le persone coinvolte alla luce delle peculiari circostanze dello stesso. Infatti hanno peccato di eccessivo formalismo e commesso diverse lacune e contraddizioni sia nel decidere l’adozione che nel rigettare le relative richieste di annullamento e di riconoscimento di paternità del ricorrente non hanno verificato la possibilità di adottare misure meno drastiche sì da permettere alla minore di avere rapporti con i membri della sua famiglia di origine e preservare la sua serenità familiare, ignorando così il suo benessere effetti negativi sul suo sviluppo . È contraddittorio, poi, riconoscere che il ricorrente è il padre biologico e poi rigettare tutte le sue azioni di riconoscimento di paternità solo perché essendo clandestino il suo nome non era stato inserito nel certificato di nascita. Sul tema Strand Lobben ed altri c. Norvegia ed e S.H. c. Italia nella rassegna del 13/9/19 e nel quotidiano del 14/10/15. SEZ. IV ATV ZRT comma UNGHERIA 28 APRILE 2020, RIC.61178/14 LIBERTÀ DI ESPRESSIONE E D’INFORMAZIONE INDICAZIONE DELLA CORRENTE IDEOLOGICA DI UN PARTITO DIVIETO LICEITÀ. Non viola l’imparzialità dell’informazione dire che un partito è di estrema destra è una dichiarazione di fatto non un’opinione. È un’emittente indipendente che durante un telegiornale, nel commentare una marcia di protesta contro le dichiarazioni antisemite pronunciate da un parlamentare, lo definì come appartenente ad un partito di estrema destra . Per le Corti interne questa non era una dichiarazione di fatto, ma un’opinione che violava il principio di imparzialità e di neutralità dei media. Per la ricorrente il fine perseguito da questo divieto non era tutelare l’interesse pubblico a ricevere notizie imparziali, ma difendere la reputazione di un partito. Le Corti la punirono severamente vani i ricorsi. Violato l’articolo 10 Cedu lo Stato, in questo delicato settore, dovendo tenere conto del diritto d’informazione attiva e passiva e del ruolo di watchdog della stampa, ha margini discrezionali molti limitati. Le restrizioni dei diritti devono essere previste dalla legge, perseguire un fine legittimo e necessario in una società democratica. Per la Consulta ungherese quando un aggettivo è accettato senza alcun dubbio dalla società non è un’opinione, ma una dichiarazione di fatto, ma per la legge controversa ogni aggettivo costituiva un’opinione. Per le Corti interne estrema destra era un termine controverso che non aveva una definizione precisa né nelle scienze politiche né nel linguaggio colloquiale esso pertanto costituiva un'opinione personale , ma non esistevano né leggi, né esegesi o prassi che avallassero tale tesi, sì che è stato violato il principio della certezza del diritto. Per la CEDU invece dato che i partiti politici sono definiti con aggettivi che ne descrivono l’orientamento politico ed i programmi es. verdi, conservatore etc. e che l’aggettivo usato dall’emittente era dovuto all’idee antisemite espresse da un parlamentare di un partito di cui ne aveva catalogato l’ideologia senza esprimere giudizi di alcun tipo sullo stesso. Ergo l’uso del termine di estrema destra non ha turbato od influenzato in alcun modo l’opinione pubblica sì che l’informazione non risultava distorta era una mera dichiarazione di fatto e non un’opinione. Sul tema Couderc e Hachette Filipacchi Associés c. Francia [GC] Petrie c.Italia nelle rassegne del13/11/15 e 26/5/17. È analoga ai casi Csiszer e Csibi c. Romania e Ignatencu e Partito comunista rumeno PCR c. Romania del 5/5/20 in cui non si sono ravvisate lesioni alla libertà di riunione circa la sanzione inflitta alla minoranza etnica dei Siculi Szekler per aver organizzato una commemorazione di un loro battaglione durante la festa nazionale e sul rifiuto di riconoscere una formazione politica connessa al regime totalitario precedentemente vigente e quindi contrario ad uno stato democratico.