RASSEGNA DELLA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

SEZ. IV HERBAI comma UNGHERIA 5 NOVEMBRE 2019, RIC.11608/15 TUTELA DEL LAVORO LICENZIAMENTO DISCPLINARE – AUTORE PER RIVISTE DI SETTORE ONLINE DOVERI DEL DIPENDENTE LIBERTÀ DI ESPRESSIONE PROFESSIONALE. Illecito licenziare chi usa la sua esperienza lavorativa per editoriali su riviste di settore online. È il responsabile delle risorse umane di una nota banca che pubblicò articoli su un sito web di settore, specializzato in questa materia a livello generale. Fu perciò licenziato dato che la banca e le Corti interne ravvisarono in ciò una lesione degli interessi commerciali della stessa. Violato l’articolo 10 Cedu. La CEDU, infatti, riconosce una valenza di pubblico interesse e quindi la libertà di espressione professionale a tutti quei contributi, fondati sulle proprie conoscenze e skills professionali, rivolti ad un pubblico ristretto come i professionisti e gli operatori di un dato settore. Era legittimo usare come casi di scuola” e condividere quanto appreso sul lavoro con altri professionisti per aprire un dibattitto su questioni di pubblico interesse come la nuova politica delle remunerazioni della banca. Nella fattispecie gli era anche stato contestato di aver indicato nella scheda d’autore, seppure in forma anonima le mansioni svolte per un’importante banca locale , ma il datore non aveva provato alcuna violazione dei segreti commerciali e dei doveri d’ufficio che avrebbe potuto giustificare il licenziamento disciplinare. La CEDU, perciò, riconosce la libertà di espressione tra datore e dipendente e rimarca come le Corti interne non abbiano equamente bilanciato i contrapposti interessi, come era loro dovere. Sul tema Medžlis Islamske Zajednice Brčko ed altri c. Bosnia-Erzegovina [GC] nella rassegna del 7/7/17 e Kudeshkina c. Russia del 26/2/09. SEZ. I J.D. ED A. comma REGNO UNITO 24 OTTOBRE 2019, RICcomma 32949 E 34614/17 DISCRIMINAZIONI BASATE SUL SESSO E SULL’HANDICAP PREVIDENZA SOCIALE RIDUZIONE DEI SUSSIDI PER GLI AFFITTI SOCIALI. La riforma della legge inglese sui sussidi abitativi discrimina solo le donne vittime di violenza domestica. Le ricorrenti una madre di una giovane disabile grave ed una donna inserita, assieme alla figlia, in un programma di protezione speciale per le vittime di violenza domestica ritengono di essere state lese dalla riforma della legge inglese sull’assegnazione delle case popolari che prevedeva una camera da letto per ogni occupante l’alloggio c.d. tassa della camera . Le loro case avevano tre camere da letto, invece, ed avevano adibito quella supplementare rispettivamente alle esigenze vitali e curative della figlia e come panic room, dato che l’ex marito era un noto e pericoloso pregiudicato. Le ricorrenti ritengono di aver subito una discriminazione, basata sull’handicap e sul sesso, rispetto ad altri soggetti nella loro stessa situazione. La CEDU ha ravvisato una discriminazione ed una lesione dei diritti economici articolo 14 in combinato con l’articolo 1 protocollo1 Cedu solo per la posizione della seconda ricorrente, pur ammettendo che la riforma ha particolarmente leso i loro diritti, dato che la diminuzione dei benefit percepiti li poteva incoraggiare a traslocare. Infatti, mentre la prima madre della disabile ha potuto accedere ad un ulteriore sussidio facoltativo, previsto dalla legge interna, che gli permetteva di compensare l’aumento dell’affitto per essere in regola con la contestata riforma il diverso trattamento perciò era giustificato. Risultava, invece, ingiustificato nell’altro caso in cui questo aiuto non avrebbe risolto il conflitto tra questa tassa ed il fine dell’assegnazione dell’alloggio divenuto irregolare proteggere le vittime di violenza domestica. In breve, non potendo beneficiare dell’aiuto facoltativo o non risultando risolutivo dei suoi problemi, la ricorrente era stata incitata a traslocare, esponendosi a rischi. Sul tema si veda la sez. III della sentenza sulle norme internazionali a tutela dei disabili e delle vittime di violenza domestica Fabian c. Ungheria [GC] nella rassegna dell’8/9/17 e Hämäläinen c. Finlandia [GC] nel quotidiano del 17/7/14 è analoga anche alle EU C 2018 492 nel quotidiano del 26/6/18 ed EU C 2019 894, C-35/19 del 24/10/19 sul carattere discriminatorio e lesivo della libertà di movimento del rifiuto di riconoscere le esenzioni fiscali per le prestazioni a favore dei disabili, se erogate da altri paesi differenti dal Belgio. Si segnala infine il caso Baralija c. Bosnia Erzegovina del 29/10/19 la riforma della legge elettorale interna, avendolo privato dell’elettorato attivo e passivo alle elezioni amministrative, malgrado una declaratoria d’incostituzionalità da parte della Consulta, viola l’articolo 1 protocollo 12 divieto generale di discriminazione .