RASSEGNA DELLA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

SEZ. I NARJIS comma ITALIA 14 FABBRAIO 2019, RIcomma 57433/15 SICUREZZA NAZIONALE – IMMIGRAZIONE – ESPULSIONE LIMITI. Immigrato socialmente pericoloso e senza legami col paese ospitante lecito espellerlo. Un cittadino marocchino soggiornava in Italia, a seguito di un ricongiungimento familiare, dal 1989 quando era ancora minorenne lasciò la scuola ed iniziò a fare uso di droghe. Il suo casellario giudiziale contava 19 menzioni per vari reati e per condanne per furto aggravato, rapina a mano armata, violenze, detenzione abusiva di armi etc. Nel 2010, mentre scontava una condanna per aggressione, chiese il rinnovo del permesso di soggiorno che gli fu negato e fu decretata, anzi, la sua espulsione per la sua pericolosità sociale. Nelle more dell’impugnazione del diniego è tornato volontariamente in Marocco ove risiede nel 2016 è stato spiccato un mandato di ricerca a seguito di una condanna per ricettazione. La CEDU ha ritenuto di non intervenire nel merito delle decisioni delle Corti, perché esula dai suoi compiti ed in ogni caso, come sottolineato dal TAR Lombardia e dal Consiglio di Stato non vi è stata alcuna lesione dell’articolo 8 Cedu e sono stati equamente bilanciati i contrapposti interessi. Infatti il ricorrente è chiaramente un pericolo per la nostra sicurezza nazionale e non ha legami socio – culturali col nostro paese non è sposato, non ha figli , salvo quelli affettivi con i familiari regolarmente soggiornanti in Italia, non è un minore od un giovane adulto degno di maggiore tutela nel decidere l’espulsione dal paese. È anche chiaro che, alla luce di quanto sopra, non si è integrato nel nostro mondo del lavoro e l’espulsione è lecita ed ampiamente dettagliata dato che ricorrono le linee guida, che devono orientare le autorità nazionali nel decidere l’espulsione di un immigrato, specialmente se è un lungo soggiornante”, come il ricorrente la natura e la gravità del reato commesso dal richiedente, la durata della permanenza della persona nel paese da cui deve essere espulso, il lasso di tempo trascorso dal momento dell'infrazione e il comportamento del ricorrente durante tale periodo, la nazionalità delle varie persone interessate, la situazione familiare del richiedente, compresa, se del caso, la durata del suo matrimonio e altri fattori che indicano l'efficacia della vita familiare in una coppia, se il coniuge era a conoscenza del reato al momento della creazione della relazione familiare, se i bambini vengono dal matrimonio e, in questo caso, dalla loro età, la gravità delle difficoltà che il coniuge può incontrare nel paese in cui il richiedente deve essere espulso, l'interesse e il benessere dei bambini, in particolare la gravità delle difficoltà che i figli del richiedente possono incontrare nel paese verso il quale l'interessato deve essere espulso e la forza dei legami sociali, culturali e familiari con il paese ospitante e il paese di destinazione . Sul tema Levakovic c. Danimarca del 23/10/18 e Maslov c. Austria[GC] del 2008. SEZ. III MISFUD comma MALTA 29 GENNAIO 2019, RIcomma 62257/15 RICONOSCIMENTO DI PATERNITÀ – IMPOSIZIONE DEL TEST DEL DNA LICEITÀ. Imporre il test del DNA, con prelievo orale, al padre putativo non viola la sua privacy. Protagonista della vicenda è un cittadino inglese nato nel 1925 e defunto nel 2017 in pendenza di questo ricorso, proseguito poi dalla vedova. Nel 2012 una donna, asserendo di essere sua figlia, lo citò in giudizio per il riconoscimento di paternità. Il ricorrente si lamentava dell’obbligatorietà ex lege del test del DNA, seppur limitato ad un prelievo orale, perché ritenuto invasivo ed umiliante. Vani i ricorsi anche alla Consulta la donna era effettivamente sua figlia. Nessuna deroga all’articolo 8 Cedu in questi casi prevale l’interesse della figlia, seppure non più giovanissima aveva circa 55 anni quando ha introdotto l’azione a sapere chi sia il suo vero padre e dato che il test del DNA non solo non è contrario ad uno stato di diritto ed alla giustizia naturale , ma è il mezzo con cui lo Stato può adempiere ai suoi doveri ex articolo 8 nei confronti della figlia. L’imposizione del test non è una scelta arbitraria poiché le giurisdizioni interne, bilanciando equamente i contrapposti interessi, hanno rigettato le obiezioni del ricorrente al termine di una approfondita e motivata analisi delle stesse sia in primo grado che in due ricorsi alla Corte Costituzionale. Sul tema Tsvetelin Petkov c. Bulgaria del 15/7/14, Magyar Helsinki Bizottság c. Ungheria [GC] e Bagniewski c. Polonia nel quotidiano del 10/11/16 e nella rassegna dell’1/6/18.