RASSEGNA DELLA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

SEZ. IV KRYZEVICIUS comma LITUANIA 11 DICEMBRE 2018, RIcomma 67816/14 TESTIMONIANZA DI UN CONIUGE NEL PROCESSO CONTRO L’ALTRO – DIVIETO - CONSEGUENZA DELLA VIOLAZIONE DEL DIVIETO. Tra moglie e marito non imporre una testimonianza. La moglie del ricorrente era testimone speciale in processo penale. La donna lavorava per una società che forniva servizi finanziari alla ditta del marito e di cui lei stessa era dirigente del settore finanziario fu accusata dal suo datore di aver trasferito illegalmente fondi dell’impresa per cui lavorava a ditte terze, tra cui quella del marito che fu multato per il rifiuto di rilasciare dichiarazioni contro la moglie. Il divieto di testimoniare, però, vige, in base alla legge interna, anche quando l’altro coniuge non è imputato ma è un testimone speciale. Violato l’articolo 8 Cedu per testimone speciale s’intende l’individuo chiamato a testimoniare nel processo a suo carico o su cui è informato e che, rendendo testimonianza, rischia di autoincriminarsi. È palese che anche in questo caso viga il divieto di testimoniare contro il coniuge, per altro previsto dalle leggi interne. Le autorità lituane, perciò, obbligando il ricorrente a testimoniare contro la moglie hanno commesso un’illecita, arbitraria e sproporzionata ingerenza nel suo diritto alla serenità familiare non necessaria in una società democratica. Sul tema Ibrahim e altri c. Regno Unito [GC] del 13/9/16, Van der Heijden c. Olanda [GC] del 3/4/12 e Stojkovic c. Francia e Belgio del 27/10/11. SEZ. IV MAGYAR JETI ZRT comma UNGHERIA 4 DICEMBRE 2018, RIcomma 11257/16 DIFFAMAZIONE A MEZZO STAMPA - CONDIVISIONE DI LINK - LINK DI RINVIO A SITO WEB E VIDEO – LIBERTÀ D’ESPRESSIONE. Il link di rinvio è fondamentale per il buon funzionamento del web vietato sanzionare chi li usa. È una società srl che pubblicò sul suo sito un link di rinvio ad un articolo pubblicato sul sito di attualità specializzato sulle questioni sui rom, che, a sua volta, conteneva un collegamento ipertestuale ad un video il pezzo riguardava i cori razzisti di ultras calcistici, asseritamente vicini ad un noto partito politico interno, contro gli allievi di una scuola frequentata da rom. Il partito agì per diffamazione contro varie persone e media, tra cui la ricorrente che fu condannata alla pubblicazione della sentenza sul sito ove aveva reperito la contestata intervista ed a ritirare il link di rinvio a detto video. Vani i ricorsi anche alla Consulta. Violato l’articolo 10 Cedu, perché è stata ingiustamente ristretta la sua libertà di espressione e di stampa i collegamenti ipertestuali sono, come detto, fondamentali per il funzionamento della rete e costituiscono modi alternativi per scambiare informazioni tra internauti, poiché rinviano a contenuti già presenti online o ne segnalano l’esistenza. Chi li segnala non ha alcuna responsabilità sul loro contenuto, poiché non ha alcun potere di controllo sugli stessi ed il loro contenuto è offerto al pubblico dal diffusore originario che li ha resi accessibili alla collettività. Ripercorrendo la sua prassi sul punto la CEDU ribadisce che si deve valutare caso per caso se è ravvisabile la responsabilità oggettiva di chi inserisce tali link e che la legge ungherese, così come regolata, rischia di nuocere alla libera circolazione delle informazioni e quindi alla libertà di espressione e di stampa, perché va a punire gli autori del collegamento e gli editori che li usano nei loro articoli laddove non possono verificare le notizie verso cui sono diretti questi link. Sul tema Sez. III della sentenza sulle Raccomandazioni sul ruolo e le responsabilità dei media, la libertà di stampa e lo scambio di informazioni online emesse dal Comitato dei Ministri del COE, dall’ONU e dall’OSCE e la prassi internazionale altri paesi dell’UE, Canada etc. Direttiva 2001/29/CE EU C 2016 644 e 2014 76, Delfi AS c. Estonia [GC] ed Egill Einarsson c. Islanda nel quotidiano del 16/6/15 e nella rassegna del 10/11/17.