RASSEGNA DELLA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

SEZ. I KONTALEXIS comma GRECIA N. 2 6 SETTEMBRE 2018, RIcomma 29321/13 COGENZA DELLE DECISIONI DELLA CEDU - MANCATA REVISIONE DEL CASO - EQUO PROCESSO. La Cedu non garantisce il diritto alla riapertura di una procedura penale definitivamente conclusa. Il 31/5/11 la CEDU riconobbe una deroga all’articolo 6 § .1 per la sostituzione immotivata di un giudice che faceva parte del collegio della Cassazione che doveva esaminare la richiesta di revisione di una sua condanna penale, ma l’operato della S.comma aveva rispettato i principi di indipendenza ed imparzialità. Le Corti interne non l’hanno recepita perché non erano stati riconosciuti danni al ricorrente. Non c’è stata una nuova violazione dell’articolo 6 Cedu, fermo restando che la stessa, secondo la prassi costante della CEDU, non garantisce alcun diritto alla riapertura revisione o riesame di una procedura. Non è, infatti, arbitrario il ragionamento seguito dalla S.comma per motivare il rifiuto, limitando i casi di revisione o per lo meno assoggettandola a criteri rimessi all’apprezzamento delle giurisdizioni interne. La CEDU rileva che la S.C., nel margine di apprezzamento di cui godono le Corti nazionali nell’interpretare le sue sentenze, ha potuto stimare che la decisione del 2011 non aveva messo in discussione l’equità della procedura di cui si chiedeva la revisione nè il diritto dell’imputato ad essere giudicato da un tribunale indipendente ed imparziale. Sul tema Moreira Ferreira c. Portogallo numero 2 [GC] e Bochan c. Ucraina numero 2 [GC] nelle rassegne del 14/7/17 e 6/2/15. SEZ. IV NEGREA ED ALTRI comma ROMANIA 24 LUGLIO 2018, RIcomma 53183/07 TUTELA DELLA GENITORIALITÀ – ROM - BONUS BEBÈ - LIMITI. Rifiuto di concedere i bonus bebè alle rom non è una discriminazione, ma un caso di giustizia lumaca. La legge rumena, vigente tra il 2001 ed il 2003, riconosceva un sussidio economico alla madre per ogni neonato ed al bambino stesso. Le ricorrenti, tutte di etnia rom, lo richiesero al proprio comune, ma gli fu regolarmente negato, in ogni ordine e grado di giudizio, perché non erano sposate avevano un’unione libera con i padri, che li avevano regolarmente riconosciuti. La richiesta fu rigettata anche dalla Consulta nazionale per la lotta contro le discriminazioni perché non avevano i requisiti richiesti dalle leggi per ottenere tali sussidi. La contestata legge rumena mirava a responsabilizzare i giovani rom e rumeni ad adottare stile di vita normale e civile” , perciò i bonus bebè erano concessi solo a chi aveva contratto un matrimonio religioso le ricorrenti erano conviventi, vedove, divorziate etc. . Non è stata presa in considerazione la lamentela sulla discriminazione indiretta perché non era mai stata eccepita e provata concretamente nei giudizi interni. La durata di 7 anni e 9 mesi, per i due gradi del giudizio penale, in cui si erano costituite parti civili, non trova alcuna giustificazione nella complessità della lite né nel comportamento delle parti, essendo però attribuibile agli errori del PM ed alle indagini incomplete è irragionevole in base agli standard internazionali ed ai dettami dell’articolo 6. Infine la legge rumena non prevedeva rimedi per ottenere un equo indennizzo, introdotti solo successivamente da ciò deriva la deroga all’articolo 6 in combinato con l’articolo 13 Cedu. Sul tema Vlad e altri c. Romania del 26/11/13 contra Brudan c. Romania del 10/4/18. Sempre sui Rom si veda Jansen c. Norvergia del 6/9/18 il figlio è stato dato in adozione con relativo divieto di visite perché lei era rom con un padre prevaricatore. È analoga alle Vyshnyakov c. Ucraina del 24/7/18 sulla scelta della residenza della minore e sull’inottemperanza alla sentenza che garantisce il diritto di visita alla figlia la madre si era trasferita con lei a 600 km dal padre e nella pericolosa zona del conflitto in Crimea e ad Cristian Catalyn Unghureanu c. Romania del 4/9/18 sull’impossibilità di avere una decisione sull’esercizio del diritto di visita nelle more del lungo giudizio di divorzio.