RASSEGNA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA

EU C 2018 308, C-82/15 8 MAGGIO 2018 RICONGIUNGIMENTO FAMILIARE - FAMILIARE EXTRACOMUNITARIO - TUTELA DEI MINORI-LIMITI. Cittadino di un paese terzo - Divieto di ingresso nel territorio - Domanda di soggiorno per ricongiungimento familiare con un cittadino dell'UE che non ha mai esercitato la sua libertà di circolazione - Rifiuto di esaminarla. La Direttiva 2008/115/CE soprattutto gli artt. 5 e 11 , relativa a norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare, deve essere interpretata nel senso che non osta alla prassi di uno Stato membro di rifiutare l’esame della domanda di soggiorno ai fini del ricongiungimento familiare, presentata nel suo territorio da un cittadino di un paese terzo, familiare di un cittadino dell’Ue che possiede la cittadinanza di tale Stato membro e che non ha mai esercitato la sua libera circolazione, per il solo motivo di essere destinatario di un divieto di ingresso in quel territorio. L’art. 20 TFUE deve essere interpretato nel senso che si oppone a tale prassi senza che sia stata esaminata la presenza di una relazione di dipendenza tra il richiedente ed il familiare comunitario, che, in caso di rifiuto della stessa si troverebbe costretto a lasciare lo Stato e sarebbe, così, privato del godimento dei diritti conferiti dal suo status di cittadino dell’UE. Il diritto di soggiorno derivato, per un extracomunitario maggiorenne, può dunque sussistere solo in casi eccezionali, in cui, alla luce dell’insieme delle circostanze pertinenti, il soggetto interessato non può in alcun modo essere separato dal proprio familiare da cui dipende. Se è minorenne la valutazione dell'esistenza di questa relazione deve basarsi, nell’interesse del minore, su vari fattori età, rapporto emotivo con ciascun genitore, sviluppo fisico ed emotivo, rischi della separazione sul suo equilibrio non è sufficiente il solo rapporto familiare col cittadino biologico o giuridico e la mera coabitazione non rileva per stabilire detta relazione di dipendenza. È irrilevante che essa sia sorta dopo l'adozione di una decisione di divieto di ingresso nel territorio, divenuta definitiva al momento in cui ha depositato la domanda e che il diniego sia giustificato dall'inosservanza di un obbligo di rimpatrio. Se la decisione è giustificata da motivi di ordine pubblico non può comportare il rifiuto di concedere a tale cittadino extracomunitario se questi non costituisca una minaccia concreta, seria ed attuale per l’ordine pubblico alla luce di un vaglio del principio di proporzionalità e del vaglio dell'interesse superiore del minore o dei minori interessati e dei diritti fondamentali. Infine l’art. 5 Direttiva 2008/115 dev’essere interpretato nel senso che osta ad una prassi nazionale in forza della quale è adottata una decisione di rimpatrio nei confronti di un cittadino di un paese terzo, già oggetto di una decisione di rimpatrio, accompagnata da un divieto d’ingresso, ancora in vigore, senza che siano presi in considerazione gli elementi della sua vita familiare, e in particolare l’interesse del figlio minore, menzionati in una domanda di soggiorno ai fini di un ricongiungimento familiare presentata dopo l’adozione di tale divieto d’ingresso, salvo quando tali elementi avrebbero potuto essere fatti valere in precedenza dall’interessato. Tutto ciò si basa sul presupposto che un minore non è in grado come un adulto di condurre una vita autonoma ed autosufficiente separato dagli altri familiari. Sul tema EU C 2014 2431, 2016 675, 2017 35 nelle rassegne del 3/1 e 12/5/17 e EU C 2018 296, C-331 e 336/16 del 2/5/18 in cui si ribadisce la necessità del giusto equilibrio tra la tutela dei diritti del cittadino comunitario e dei suoi congiunti e quella dei diritti fondamentali della società del paese ospitante a fronte della minaccia costituita dalla persona di cui trattasi .