RASSEGNA DELLA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

SEZ. II PACI E PIROZZI comma BELGIO 17 APRILE 2018, RICcomma 45597/09 E 21055/11 MAE ESECUZIONE DETENZIONE CAUTELARE EQUO PROCESSO. Le misure assunte in esecuzione di un MAE non violano la Cedu. I protagonisti della vicenda sono due cittadini italiani arrestati e condannati rispettivamente per traffico internazionale di armi e di droga ed oggetto di un MAE nel primo caso emesso dal giudice italiano, nell’altro da quello belga . Furono detenuti in Belgio in attesa di essere rimessi alle autorità italiane per scontare la residua pena o l’eventuale misura di sicurezza come concordato tra i due Stati. Per la CEDU non c’è stata alcuna violazione degli artt. 5 e 6 Cedu. La procedura del MAE è definita in modo chiaro e preciso da norme interne ed internazionali Decisione quadro 2002/584/JAI così come modificata dalla 2009/299/JAI e dalla nostra l. n. 60/05 che la recepisce e dalla giurisprudenza della CGUE nei testi è riportata un’ampia casistica cui si rinvia si segnalano inoltre EU C 2018 27, 2017 710, 628, 629 e 2016 630 nelle rassegne del 9/2/18, 17/11 e 25/8/17 e 9/9/16 , sì che le censurate detenzione preventiva e remissione alle autorità italiane non sono misure arbitrarie, avendo anzi una solida base legale. Inoltre è prevista una presunzione di tutela equivalente fondata sui controlli delle autorità giudiziarie dello Stato d’esecuzione relativi al rispetto delle garanzie disciplinate della Cedu e dei criteri previsti dalle norme che regolano il MAE. In breve questa presunzione di tutela viene meno in caso di denegata giustizia non ravvisabile nei nostri casi si deve negare nelle ipotesi previste da Sejdovic c. Italia [GC] del 2006 i diritti ex articolo 6 dei ricorrenti sono stati rispettati ed il giudice poteva rifiutare l’esecuzione del MAE o la remissione alle autorità italiane. Sul tema Matanovic c. Croazia del 4/4/17 e Saadi comma Regno Unito [GC] del 2008. SEZ. IV LAZORIVA comma UCRAINA 17 APRILE 2018, RIC.6878/14 STATO DI ADOTTABILITÀ DEL MINORE NOMINA QUALE TUTORE ED AFFIDAMENTO AD ALTRO FAMILIARE RIFIUTO. Negare alla zia la possibilità di diventare tutrice del nipote, dato in adozione a terzi, viola la sua privacy, ma non la sua serenità familiare. Fu nominata tutrice della primogenita della sorella pochi mesi prima della nascita di un altro bambino. Dal 2012 chiese invano di avere l’affidamento, in vista di una adozione e di essere nominata tutrice anche di questo nipote, ma fu impossibile perché fu collocato prima in una comunità, poi affidato e fatto adottare da un’altra coppia. C’è stata un’indebita ed arbitraria ingerenza nei suoi diritti ex articolo 8 Cedu. Questa norma tutela i diritti alla privacy ed alla serenità familiare visto che non ha provato un legame forte e contatti con la nipote non si può ravvisare una vita familiare tra i due, perciò la tutela dei suoi diritti ricade sotto l’aspetto della sua vita privata. L’articolo 8 non prevede alcun diritto a costituire una famiglia, ma tutela i legami creatisi in seno alla stessa, perciò la ricorrente, essendo parente del minore e tutrice della sorella, che ha mantenuto costanti contatti col fratello, aveva ogni interesse a conservare e rafforzare questo rapporto. È irrilevante se i contatti siano stati sporadici la sua richiesta di diventare tutrice anche di questo nipote era legittima e suffragata dalle leggi interne che prediligono l’affidamento dei minori, che non possono essere accuditi dai genitori, ai parenti. È palese che le autorità interne sono responsabili delle disfunzioni procedurali dato che hanno ignorato la richiesta della zia, collocando il minore in orfanotrofio e poi dandolo in adozione a terzi, violando così i requisiti procedurali impliciti nell’articolo 8. Sul tema Zampieri c. Italia del 3/6/04, Moretti e Bendetti c. Italia del 27/4/10 e Paradiso e Campanelli c. Italia [GC] nel quotidiano 25/1/17.