RASSEGNA DELLA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

SEZ. V KUPARADZE comma GEORGIA 21 SETTEMBRE 2017, RIcomma 30743/09 EQUO PROCESSO BULLISMO MINORE IN CARCERE PER ADULTI. Condividere la cella con adulti, in attesa della realizzazione di una sezione ad hoc per i minori, non viola l’art. 3. Una donna fu condannata a diversi anni di carcere perché quando aveva 14 anni accoltellò, durante la ricreazione, un compagno di scuola. Cercò di far ricadere le colpe su terzi ma invano. Lamenta che fu detenuta in un carcere per adulti e, poi, quando lo fu in uno per minorenni questo era sovraffollato ed umido. Non viola l’art. 3 Cedu trasferire un detenuto in carceri di regioni diverse né condividere la detenzione con adulti, mentre è in costruzione l’ala dedicata ai minori. Per altro questa convivenza ha avuto una breve durata, perché dopo poco tempo è stata messa in cella con altri minori. Le presunte cattive condizioni di detenzione devono essere sempre provate concretamente e le denunce devono rispettare i termini di prescrizione, pena la loro irricevibilità. Gli standard e le tutele per la detenzione dei minori sono dettate da varie norme internazionali richiamate in sentenza, tra cui le raccomandazioni del Consiglio dei ministri del COE nn. 2/06 e 11/08. Non è stato violato nemmeno l’art. 6 le sue garanzie processuali sono state rispettate, perciò le sue doglianze sulla valutazione delle prove, per altro rimessa alla discrezionalità delle Corti, non sono fondate. Infine gli Stati hanno piena facoltà d’introdurre requisisti di ricevibilità dei ricorsi e ciò, per prassi costante e consolidata, non viola l’equo processo, anzi persegue il fine legittimo della buona amministrazione della giustizia Solver c. Slovenia del 26/1/16 e Blokhin c. Russia [GC] del 2016 . La GC ha escluso questa deroga, confermando la decisione di prime cure v. rassegna del 27/11/15 in calce a caso Ebrahimian c. Francia anche nel caso Regner c. Repubblica Ceca del 19/9/17. SEZ. II BINNUR UZUN ED ALTRI comma TURCHIA 19 SETTEMBRE 2017, RIcomma 28678/10 SICUREZZA SUL LAVORO INCIDENTE IN UN CANTIERE INCUSTODITO-INDENNIZZO. Lo Stato deve garantire la sicurezza anche del cantiere abbandonato. Padre e figlio, di notte, ubriachi entrarono nel cantiere di un edificio in costruzione abbandonato e morirono cadendo nella tromba dell’ascensore. Inutili le azioni civili e penali delle ricorrenti moglie/madre e figlia/sorella per ottenere la declaratoria della responsabilità del Comune ed un indennizzo. Violato l’art. 2 assorbe anche le deroghe all’art. 6 Cedu i ritardi con cui è stato concesso loro il gratuito patrocinio hanno influito negativamente sulla possibilità di esperire l’azione civile e, poi, i giudici non sono stati in grado d’identificare i responsabili e punirli. Lo Stato ha l’onere di adottare un quadro normativo sulla sicurezza sul lavoro adeguato e mezzi per controllare che esso venga attuato. Il responsabile del cantiere nella fattispecie il Comune ha l’onere di vigilare sull’adozione di misure di sicurezza che tutelino i lavoratori e terzi non addetti ai lavori. Se le avessero adottate si sarebbe scongiurato il sinistro fatale, malgrado la distrazione e l’imprudenza delle vittime Calvelli e Ciglio c. Italia [GC] del 2002 e Straszkow c. Francia del 6/10/11 .