RASSEGNA DELLA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

SEZZ. V E II CASI CHAKALOVA-ILIEVA comma BULGARIA E ANTUNOVIC C.CROAZIA 6 E 4 OTTOBRE 2016, RICcomma 53071/08 E 66553/12 LICENZIAMENTO DISCPLINARE TUTELA DEI LAVORATORI CONSEGUENZE DEL CONTRASTO TRA GIUDICATI RIPARTO DI GIURISDIZIONE TRA G.O E G.A. L’intervenuta prescrizione dell’azione, non dovuta alla negligenza delle parti, comporta la deroga all’equo processo. Sono due casi sostanzialmente identici relativi ad un doppio licenziamento disciplinare ravvicinato nel tempo. Agirono per la reintegra ed il rimborso degli arretrati. Nel primo caso l’azione fu correttamente promossa contro entrambi i licenziamenti il secondo avvenuto 15 gg dopo la reintegra presso il G.O. in funzione di giudice del lavoro. Le fu contestato, per un sopraggiunto revirement delle Corti interne, di aver citato il convenuto sbagliato il REI Ispettorato regionale della formazione presso il locale MIUR , ritenuto il vero datore di lavoro nel primo giudizio, anziché la scuola presso cui era impiegata. Dato che questa preclusione è stata rilevata dopo che il processo pendeva da 3 anni, non ha potuto riassumere la causa prescrizione ed ha perso il diritto all’indennizzo ed ad essere riassunta. Nel secondo caso il ricorrente impugnò il licenziamento con un’azione amministrativa, come aveva fatto vittoriosamente la prima volta, ma le Corti declinarono la propria competenza riconoscendo la giurisdizione del G.O. Per entrambi questi contrasti dei giudicati costituiscono un ostacolo all’accesso alla giustizia e, quindi, all’equo processo. La CEDU ha avuto sul punto una decisione dicotomica nel primo ha ravvisato una deroga all’art. 6 che ha assorbito quelle agli artt. 1 protocollo 1 e 13 Cedu , nell’altro l’ha negata, perché la parte si è messa volontariamente nelle condizioni di non aver accesso alla giustizia ha ignorato tutte le dovute indicazioni sui tempi e sulle modalità d’impugnazione del licenziamento, ricevute dalle autorità giudiziarie adite ed ha lasciato spirare il termine di prescrizione trimestrale per riassumere la causa innanzi al G.O. Z. ed altri c. Regno Unito [GC] del 2001 e Proveide srl c. Italia del 5/7/07 . Nel primo la CEDU ha rilevato come sia applicabile alla fattispecie l’art. 6, restando assorbite tutte le altre censure, dato che < < la lite sul diritto a non essere ingiustamente licenziati è una controversia reale e grave, poiché il suo esito innanzi ai giudici nazionali ha direttamente influito sull’esercizio di tale diritto> > . Il diritto bulgaro consolidato prevede la giurisdizione del G.O. in funzione di giudice del lavoro e la prassi, sino allora costante, ha sempre convalidato la citazione di detto organo REI , riconosciuto vero datore di lavoro e non della scuola presso cui è impiegata la ricorrente licenziata. Inoltre né i giudici, né il convento avevano mai eccepito la carenza di legittimazione del REI, anzi la prassi interna lo individuava come il corretto convenuto in queste liti. I limiti ad accedere alla giustizia sono stati irrazionali, sproporzionati ed hanno costituito un’ingiusta ed illecita interferenza nei diritti della ricorrente dovuti all’improvviso cambio dell’orientamento delle Corti interne ed a ritardi processuali di cui era incolpevole è stata quindi appurata la lesione del suo diritto all’equo processo Kristiansen e Tyvik AS c. Norvegia del 2/5/13, Stanev c. Bulgaria [GC] del 2012 e Kostadin Mihaylov c. Bulgaria del 27/3/08 .Si noti che il primo caso è stato inserito nei factsheets Work-related rigths. La CEDU ha poi escluso la violazione dell’equo processo art. 6 § § . 1 e 3 per il mancato controinterrogatorio, sia in aula che in video conferenza, del teste oculare di un omicidio maturato nel business delle hot lines Smajgl c. Slovenia del 4/10/16 e del CTU che aveva redatto una perizia grafologica in un giudizio per la mancata registrazione al catasto di un terreno venduto illegalmente Costantinides c. Grecia del 6/10/16 . La CEDU ha ribadito come le linee guida sulla mancata audizione del teste e sulla compatibilità con l’equo processo sia state definite dalla GC Schatschaschwili c. Germania del 15/12/15. SEZ. II CASO PETAR MATAS comma CROAZIA 4 OTTOBRE 2016, RIcomma 40581/12 TUTELA DELLA PROPRIETÀ SOPRAVVENIENZA DI UN VINCOLO STORICO-ARCHITETTONICO MISURE PREVENTIVE DI TUTELA DEL PATRIMONIO CULTURALE. Occorre verificare i pubblici dati castali prima d’imporre vincoli ai beni dei privati, ledendo i loro diritti economici. Aveva acquistato un edificio, successivamente risultato come raro esempio di architettura industriale a Spalato, sì che con due misure preventive di tutela del patrimonio culturale gli fu impedito di costruire il suo centro commerciale, per il quale aveva ottenuto i dovuti permessi, né fu indennizzato. Vani tutti i ricorsi. Per la CEDU c’è stata una violazione dei suoi diritti economici art. 1 protocollo 1 Cedu sotto vari profili, riassumibili col fatto che le autorità croate non avevano deciso in tempi ragionevoli sullo status di questo edificio commerciale. In primis in sei anni hanno applicato due misure preventive, senza un apprezzamento effettivo della sua importanza relativamente all’inserimento o meno nel patrimonio culturale. Non hanno preavvertito il ricorrente della necessità di imporre questo vincolo, né gli hanno notificato i provvedimenti con cui erano state decise e trascritte queste misure preventive. La CEDU rileva un’altra carenza delle autorità interne i dati catastali sono pubblici e facilmente consultabili, anche online, sì che avrebbero dovuto verificare prima l’effettiva sussistenza di elementi che giustificassero l’imposizione di un vincolo storico-culturale e legittimassero il prolungamento della contestata misura. Infine, quando il ricorrente, venuto a conoscenza della seconda misura, l’ha impugnata, il Tar non si è premunito di riscontrare se la stessa e la sua imposizione prolungata nel tempo fossero sproporzionate e di verificare i contestati effetti nocivi sugli interessi economici del ricorrente, pur se questi li aveva correttamente addotti e provati Ališić e altri c. Bosnia-Erzegovina, Croazia, Serbia, Slovenia e Macedonia [GC] del 2014 e Potomska e Potonski c. Polonia del 29/3/11 .Ha invece escluso questa deroga nel caso Malfatto e Mieille c. Francia del 6/10/16, dato che il sopraggiunto vincolo ambientale–paesaggistico era volto a proteggere un’area costiera insenatura o < < calanque> > nel superiore interesse della comunità.