RASSEGNA DELLA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

SEZ. I CASO RYWIN comma POLONIA 18 FEBBRAIO 2016, RICC.6091/06, 4047 E 4070/07 CONFLITTO D’INTERESSI PRESUNZIONE D’INNOCENZA EQUO PROCESSO. Lo Stato ha il diritto di istituire Commissioni d’inchiesta per esaminare ed approfondire questioni d’interesse generale. È un produttore televisivo che fu condannato a due anni e sei mesi oltre ad una salata multa assieme ad alti funzionari del governo, a seguito anche di un’inchiesta parlamentare, per aver agevolato l’emanazione di una legge < < sull’audiovisivo> > al fine di favorire un giornale che voleva acquistare un canale televisivo ed in cambio gli avrebbe offerto la direzione dell’emittente e si sarebbe impegnata a non criticare il Governo. Contestò che le Corti non avevano tenuto conto delle varie patologie croniche di cui soffriva, incompatibili col carcere, di non aver avuto le dovute cure nel penitenziario e la violazione della presunzione d’innocenza. Inserito nei factsheets Prisoners’ healt rights. La CEDU, riportando un’ampia sezione di diritto comparato sulla costituzione di commissioni d’inchiesta con lo scopo d’indagare e vagliare questioni d’interesse generale, supportato anche dai reports della Commissione di Venezia Commissione del COE per la Democrazia attraverso il diritto , ha escluso la violazione dell’equo processo, della presunzione d’innocenza, l’ingiusta e degradante detenzione del produttore. Infatti i giudici penali hanno correttamente applicato le leggi, rispettando le sue garanzie processuali ed il diritto al contradittorio dalle loro conclusioni non emerge alcun elemento che potesse influenzare la commissione d’inchiesta. La condanna basata sugli elementi vagliati dalle Corti e sul rapporto della Commissione era equa ed è stato debitamente tenuto conto delle sue condizioni di salute. Di per sé l’istituzione di una commissione d’inchiesta ed il dossier da questa redatto non violano il principio di presunzione d’innocenza Craxi c. Italia del 5/12/02, Jalloh c. Germania [GC] del 2006 ed Allen c. Regno Unito [GC] del 2013 . SEZ. III CASO YEVDOMIKOV ED ALTRI comma RUSSIA 16 FEBBRAIO 2016, RICcomma 27236/05, 44223/05, 53304/07, 40232/11, 60052/11,76438/11, 14919/12, 19929/12, 42389/12, 57043/12 E 67481/12. DIRITTO DEI DETENUTI A PRESENZIARE ALLE UDIENZE CIVILI EQUO PROCESSO. Innegabile il diritto a presenziare alle udienze dei detenuti se le liti riguardano la loro condotta od i loro diritti fondamentali. Riguarda 11 detenuti cui fu rifiutato, in due gradi di giudizio, dalle Corti interne il permesso di presenziare alle udienze delle azioni civili per diffamazione ed indennizzo da ingiusta detenzione a loro avviso nessuna norma interna imponeva tale facoltà. La CEDU ribadisce come l’articolo 6 non dia diritto a presenziare innanzi al G.I., ma più in generale ad esporre in modo efficacie il proprio caso in ogni giudizio e presso ogni Corte per garantire < < la parità delle armi> > con l’avversario ed il diritto al contraddittorio. Non sempre è obbligatoria l’udienza orale e la presenza della parte, dato che è rappresentata da un legale di fiducia, d’ufficio e può avvalersi del gratuito patrocinio Marcello Viola c. Italia del 2006 e Sakhnoviskyi c. Russia [GC] del 2/11/10 . La sua presenza è indispensabile quando la lite tratta di sue esperienze personali, della lesione dei suoi diritti fondamentali o valuti la sua condotta come nella fattispecie. Ergo, malgrado le spese e le difficoltà per gli spostamenti, i detenuti avevano tutto il diritto di essere presenti alle udienze civili, sì che sono venute meno le loro garanzie processuali ed è stato violato il diritto all’equo processo articolo 6 Cedu .Non è stata invece riconosciuta nel caso Baka c. Grecia ric.24891/10 del 18/2/16 in cui è stata impedita ad un legale la costituzione di parte civile in processo penale contro un ex cliente la sospensione del processo penale in attesa dell’esito del pendente giudizio civile non è retroattiva. Infatti era stato condannato per aver intascato l’indennizzo a favore di una ditta ed altre tre persone, poi denunciate in detto giudizio e che nel frattempo avevano avviato una causa civile contro lo stesso. SEZ. IV CASO ÄRZTEKAMMER FÜR WIEN E DORNER 16 FEBBRAIO 2016, RIC.8895/10 ORDINI E COLLEGI PROFESSIONALI TUTELA DEGLI ISCRITTI DIFFAMAZIONE ONLINE TRA DUE PERSONE GIURIDICHE CONCORRENZA. Gli ordini professionali esprimano giudizi su fatti certi e/o dimostrabili nel rispetto della libera concorrenza. Sono l’ordine dei medici ed il suo presidente che pubblicarono sul loro sito istituzionale una lettera contro una società/ fondo di private equity che offriva servizi radiologici, trattandola da locusta, avida ed avvoltoio , considerando l’assegnamento dell’appalto una prospettiva disastrosa . I giudici in prime cure li condannarono per diffamazione, ma poi li assolsero, condannandoli per concorrenza sleale. Infatti a loro avviso i termini usati non giustificavano una tutela delle funzioni e degli interessi dell’Ordine, bensì dovevano esser collocati in un contesto di contrapposti interessi commerciali e quindi di concorrenza leale. Le dichiarazioni di valore sono libere opinioni non suscettibili dell’onere della prova, ma quando assurgono ad asserzioni e/o giudizi/denunce devono avere necessariamente un fondamento fattuale assente nella fattispecie sono offese gratuite che ledono la reputazione della ditta, ma anche i suoi interessi economici sia generali che degli azionisti e dei dipendenti nessuna violazione dell’articolo 10 Cedu Couderc e Hachette Filipacchi Associés c. Francia [GC] e Pinto Pinheiro Marques c. Portogallo nelle rassegne del 23/1 e 13/11/15 .