RASSEGNA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA

EU C 2015 492, C-95/14 16 LUGLIO 2015 MADE IN ITALY VS MADE IN CHINA ETICHETTATURA PRODOTTI IN PELLE, CUOIO E PELLICCIA-LIBERA CIRCOLAZIONE DELLE MERCI. Divieto di ostacolare il commercio delle calzature conformi alle disposizioni in materia di etichettatura della direttiva 94/11 – Normativa nazionale che impone l’indicazione del paese d’origine sull’etichetta di prodotti trasformati all’estero e che utilizza l’espressione in lingua italiana pelle” – Misure di effetto equivalente. Gli artt. 3 e 5 Direttiva 94/11/CE, sul ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti l’etichettatura dei materiali usati nelle principali componenti delle calzature destinate alla vendita al consumatore, devono essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa di uno Stato membro, quale quella di cui trattasi nel procedimento principale, che vieta, fra l’altro, il commercio degli elementi in cuoio delle calzature provenienti da altri Stati membri o da paesi terzi e che, in quest’ultimo caso, sono già state poste in commercio in un altro Stato membro o nello Stato membro interessato, quando questi prodotti non riportano indicazioni relative al loro paese d’origine. Pregiudiziale sollevata dal Tribunale di Milano in merito ad una lite tra la Uni.co.pel, la UNIC e ditte che commercializzano scarpe Made in China contestavano la natura ingannevole della dicitura vera pelle , invocando anche sanzioni penali. La D.94/11 Considerando 1-3 e 7 , sancendo precisi elementi comuni limitatamente però ai contenuto dei soli obblighi di etichettatura dei materiali utilizzati nei principali elementi delle calzature, come si evince dall’esegesi letterale degli artt. 3 e 5 , mira ad evitare i problemi dovuti alle differenti norme nazionali in materia che possono ostacolare il libero mercato. Ex art. 5 gli Stati membri possono consentire che informazioni scritte supplementari vengano apposte se del caso sull’etichettatura , allo scopo di accompagnare le indicazioni richieste ai sensi della presente direttiva , ma non possono vietare od ostacolare l’immissione sul mercato di calzature conformi al disposto della presente direttiva, come previsto all’art. 3 quando sono rispettati detti criteri base EU C 2014 2064, 2013 717 e 2011 355 .Orbene la contestata L.8/03 vigente dal 14/2/13 anziché dal 1/3/13 ex art. 9 § .1. Direttiva 98/34 è stata abrogata dall’art. 26 L.161/14 una nuova normativa in materia dev’essere adottata entro dodici mesi in osservanza degli obblighi di comunicazione delle regole tecniche previsti dalla D. 98/34 spetterà al nostro G.I. vagliare se essa è entrata in vigore in deroga al termine di sospensione previsto dall’art. 9, perché in tal caso la sua violazione costituisce un vizio sostanziale di procedura tale da comportare l’inapplicabilità della regola tecnica in questione EU C 2010 363 . EU C 2015 454, C-183/14 9 LUGLIO 2015 LIMITI A DETRAZIONI IVA-TUTELA DEL LEGITTIMO AFFIDAMENTO. Riqualificazione di un’operazione, da parte dell’amministrazione tributaria nazionale, come attività economica soggetta a IVA – Principio della certezza del diritto– Normativa nazionale che subordina l’esercizio del diritto a detrazione alla registrazione dell’operatore interessato ai fini dell’IVA e alla presentazione di una dichiarazione IVA. I principi di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento non ostano, in circostanze come quelle di cui al procedimento principale, a che un’amministrazione tributaria nazionale decida, in esito a un controllo fiscale, di assoggettare alcune operazioni all’IVA e imponga il pagamento di maggiorazioni, a condizione che tale decisione si fondi su norme chiare e precise e che la prassi di tale amministrazione non sia stata idonea a ingenerare, in capo ad un operatore economico prudente e accorto, un ragionevole affidamento sulla non applicazione di tale imposta a operazioni del genere, circostanze queste che spetta al giudice del rinvio verificare. Le maggiorazioni applicate in tali circostanze devono rispettare il principio di proporzionalità. La Direttiva 2006/112/CE sul sistema comune d’IVA, osta, in circostanze come quelle di cui al procedimento principale, a una normativa nazionale in forza della quale il diritto a detrazione dell’imposta sul valore aggiunto, dovuta o assolta a monte su beni e servizi impiegati nell’ambito di operazioni imponibili, è negato al soggetto passivo, il quale deve invece versare l’imposta che avrebbe dovuto percepire, per il solo motivo che non era registrato ai fini dell’imposta sul valore aggiunto quando ha effettuato tali operazioni, e ciò fintantoché egli non sia stato debitamente registrato ai fini dell’imposta. Se sono rispettati i requisiti sostanziali quelli imposti dagli artt. 213 e214 sono formali l’amministrazione tributaria non può imporre condizioni supplementari e/o negare l’esercizio del diritto alla detrazione dell’IVA solo perché l’interessato non si sarebbe registrato ai fini dell’IVA prima di utilizzare i beni acquisiti nell’ambito della sua attività imponibile. Infatti la lotta all’evasione ed il diritto degli Stati membri a punire gli illeciti con ammende o sanzioni pecuniarie proporzionate alla gravità delle violazioni non possono compromettere la neutralità dell’IVA EU C 2014 2429, 2010 627, 2008 267 e 2000 145 .