RASSEGNA DELLA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

SEZ. II CASO KINCSES comma UNGHERIA 27 GENNAIO 2015, RIcomma 66232/10 RAPPORTI TRA AVVOCATO E MAGISTRATO SANZIONI DISCIPLINARI E DIVIETO DI USO DI ESPRESSIONI E TONI OFFENSIVI. Limiti al diritto di critica della magistratura nell’adempimento del proprio mandato. Un avvocato subì una sanzione disciplinare €.570 di multa per aver diffamato non solo il G.I. di cui chiedeva la ricusazione per incompetenza professionale e per asserito manifesto astio nei confronti dei suoi clienti associazione di cacciatori , ma anche la magistratura ed il tribunale quale istituzione. Si noti, come detto, la peculiarità della fattispecie non sono state punite le espressioni contenute in atti, ma i toni usati. La CEDU ha escluso la violazione dell’articolo 10 Cedu libertà di espressione perché nel bilanciamento degli interessi deve essere prioritariamente difeso l’onore della magistratura, sotto cui è ricondotta la nozione che i tribunali sono istituzioni preposte ad amministrare la giustizia, tutelare i diritti e le libertà fondamentali e risolvere le controversie la collettività, poi, ha una grande fiducia nella capacità dei tribunali nello svolgere queste funzioni . Lo status speciale degli avvocati dà loro una posizione centrale nell'amministrazione della giustizia come intermediari tra il pubblico e i tribunali, giustificando le restrizioni al diritto di critica connesse a doveri di deontologia professionale deve contribuire alla buona amministrazione della giustizia ed a ispirare la fiducia della gente in queste istituzioni e nel loro ruolo di garantirla . Riconosciuta solo una violazione dell’articolo 6 paragrafo 1 Cedu per l’eccessiva durata della procedura disciplinare. Mutato orientamento la Grand Chamber Di Giovanni c. Italia del 10/12/13 annotata su questa rivista ha sussunto, invece, sotto l’articolo 10 le aspre critiche nei confronti della magistratura e delle sue correnti politiche espresse in un’intervista ad un noto quotidiano da un magistrato, che, perciò, aveva subito una sanzione disciplinare. GRAND CHAMBER CASO ROHLENA comma REPUBBLICA CECA 27 GENNAIO 2015, RIcomma 59552/08 MALTRATTAMENTI IN FAMIGLIA – REATO CONTINUATO –LINEE GUIDA SULL’ESEGESI DELL’ART. 7 Cedu. Codificazione del reato di abusi aggravato dalla convivenza successiva ad alcune condotte criminose retroattività della legge. Un marito, da ubriaco, maltrattò fisicamente e psicologicamente la moglie e spesso anche i figli dal 2000 al 2006.Il reato di abusi che punisce queste condotte fu, però, introdotto nel cp ceco solo nel 2004, sì che ne contestò la retroattività. Confermata la decisione della CEDU sez. V del 18/04/13 che ha escluso una violazione dell’articolo 7 paragrafo 1 il reato continuato presuppone un unico modus operandi negata perciò la retroattività ed aveva avuto la possibilità di difendersi in tutti i gradi di giudizio, sì che erano rispettati tutti i parametri di questa norma. Infatti l’articolo 7 Cedu non si limita solo a vietare la retroattività della legge, ma si fonda anche sui principi della legalità della pena e del favor rei il reato deve essere chiaramente definito dalla legge, l’imputato deve essere in grado di comprenderne il tenore, id est quali atti ed/od omissioni gli sono ascritti criterio dell’accessibilità , essere assistito da un legale e la responsabilità penale ed i vari elementi del reato devono essere ravvisabili secondo principi di diritto, la cui esegesi goda del consenso della giurisprudenza interna criterio della prevedibilità Previti c. Italia dell’08/12/09 . Si noti come questa decisione abbia il pregio di ricostruire dettagliatamente l’istituto del reato continuato articolo 81 comma 2 del nostro c.p. dall’epoca degli antichi romani ad oggi e di fornire un’indagine comparativa sulla sua disciplina negli ordinamenti dei 47 stati facenti parte del COE, suddivisi in 3 gruppi a seconda se è stato introdotto da leggi specifiche o dalla giurisprudenza e dalla dottrina costanti o dalla prassi giudiziaria. È stato così possibile stilare criteri comuni per ravvisarlo, soprattutto nei casi di recidiva o, come nella fattispecie, in quelli di violenza domestica paragrafi 31-34, Parere di concordanza del giudice Pinto de Albuquerque e suffragati da un consenso internazionale. Apre anche il dibattito sul ruolo del diritto vivente e della dottrina nel colmare alcune lacune e nel codificare istituti giuridici. SEZ.II CASO PAPILLO comma SVIZZERA 27 GENNAIO 2015, RIcomma 43368/08 VIZIO DI MENTE DETENZIONE IN CARCERE ANZICHÈ IN UNA CLINICA PSICHIATRICA RISARCIMENTO DANNI. È legale questa detenzione considerando che la privazione della libertà dei malati di mente deve essere giustificata da un’adeguata legislazione? Sì. Il ricorrente di origini italiane, affetto da turbe psichiche, fu condannato a vari mesi di prigione per aver violato norme del cds, sull’assicurazione in materia di disoccupazione, sul porto d’armi e sulla detenzione di stupefacenti. Essendo stato dichiarato penalmente irresponsabile avrebbe dovuto essere ricoverato in una clinica specializzata, ma visto il netto rifiuto opposto, fu ristretto in carcere e poi rilasciato. La CEDU ha avallato le decisioni delle corti interne che negavano le deroghe all’articolo 5 Cedu non si poteva contestare un comportamento illecito delle autorità interne durante il periodo in cui ha rifiutato questi trattamenti medici e, quindi, non gli hanno riconosciuto alcun risarcimento danni, tanto più che durante la detenzione la sua salute era migliorata, ricevendo le dovute cure. La CEDU ha dichiarato irricevibile il richiesto risarcimento, presupponendo che una deroga all’articolo 5 sia stata accertata o da un’autorità nazionale o dalle istituzioni della Cedu . Infine la Svizzera non è mai stata denunciata per problemi strutturali dovuti al sovraffollamento delle carceri. SEZ. IV CASO YAGNINA comma BULGARIA 27 GENNAIO 2015, RIcomma 18238/06 MANCATO RICONOSCIMENTO DELLA PENSIONE D’INVALIDITÀ INOTTEMEPRANZA ALLE SENTENZE CHE LA RICONOSCEVANO. Chi decide la percentuale che dà diritto alla pensione d’invalidità? Per la CEDU sono le commissioni mediche preposte a valutare lo stato di salute del richiedente. Nella fattispecie ad una donna, autista di mezzi pesanti, che aveva sviluppato una disfunzione del sistema nervoso, fu negata perché non raggiugeva i limiti legali del 50-70%. Ben 4 commissioni mediche e due sentenze definitive le riconoscevano un’invalidità del 30-40% che influiva pesantemente sulle sue capacità lavorative, giustificandone il diritto a tale pensione, ma la PA non le eseguì. Questa inottemperanza e la carenza di rimedi interni per attuarla violano gli artt. 6 paragrafo 1 e 13 Cedu. Risarcita con €.3900. Si ricordi che il nostro ordinamento prevede, tra l’altro, un giudizio di ottemperanza innanzi al Tar per far eseguire anche le sentenze emesse dai tribunali civili.