RASSEGNA DEL CONSIGLIO DI STATO

CONSIGLIO DI STATO, AD. PLENARIA SENTENZA 25 MAGGIO 2021, N. 8 PROCESSO AMMINISTRATIVO – COMMISSARIO AD ACTA. La Plenaria torna a pronunciarsi sugli atti del Commissario ad acta. Con la sentenza in commento l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato fornisce risposta ai seguenti quesiti a se la nomina del commissario ad acta disposta ai sensi dell’art. 117, comma 3, c.p.a. oppure il suo insediamento comportino – per l’amministrazione soccombente nel giudizio proposto avverso il suo silenzio - la perdita del potere di provvedere sull’originaria istanza, e dunque se l’amministrazione possa provvedere tardivamente rispetto al termine fissato dal giudice amministrativo, fino a quando il commissario ad acta eserciti il potere conferitogli e, nell’ipotesi affermativa, quale sia il regime giuridico dell’atto del commissario ad acta, che non abbia tenuto conto dell’atto tardivo ed emani un atto con questo incoerente ” b per il caso in cui si ritenga che sussista – a partire da una certa data – esclusivamente il potere del commissario ad acta, quale sia il regime giuridico dell’atto emanato tardivamente dall’amministrazione”. Ebbene, all’esito di un articolato percorso motivazionale, l’Alto Consesso formula i seguenti principi di diritto a il potere dell’amministrazione e quello del commissario ad acta sono poteri concorrenti, di modo che ciascuno dei due soggetti può dare attuazione a quanto prescritto dalla sentenza passata in giudicato, o provvisoriamente esecutiva e non sospesa, o dall’ordinanza cautelare fintanto che l’altro soggetto non abbia concretamente provveduto b gli atti emanati dall’amministrazione, pur in presenza della nomina e dell’insediamento del commissario ad acta, non possono essere considerati di per sé affetti da nullità, in quanto gli stessi sono adottati da un soggetto nella pienezza dei propri poteri, a nulla rilevando a tal fine la nomina o l’insediamento del commissario c gli atti adottati dal commissario ad acta non sono annullabili dall’amministrazione nell’esercizio del proprio potere di autotutela, né sono da questa impugnabili davanti al giudice della cognizione, ma sono esclusivamente reclamabili, a seconda dei casi, innanzi al giudice dell’ottemperanza, ai sensi dell’art. 114, co. 6, c.p.a. ovvero innanzi al giudice del giudizio sul silenzio, ai sensi dell’art. 117, co. 4, c.p.a. d gli atti adottati dal commissario ad acta dopo che l’amministrazione abbia già provveduto a dare attuazione alla decisione, ovvero quelli che l’amministrazione abbia adottato dopo che il commissario ad acta abbia provveduto, sono da considerare inefficaci e, ove necessario, la loro rimozione può essere richiesta da chi vi abbia interesse, a seconda dei casi, al giudice dell’ottemperanza o al giudice del giudizio sul silenzio. CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI SENTENZA 24 MAGGIO 2021, N. 4029 EDILIZIA – RICHIESTA DI CONDONO – ONERE DELLA PROVA. Spetta a chi richiede il condono edilizio provare la data dell’ultimazione dei lavori. Con la pronuncia in commento il Consiglio di Stato si sofferma sul regime dell’onere della prova riguardante l’ultimazione dei lavori entro il termine previsto dalla legge per accedere al condono edilizio. In proposito, il Collegio richiama l’indirizzo giurisprudenziale secondo cui incombe su chi richiede di beneficiare di un condono edilizio l’onere di provare che l’opera sia stata realizzata in epoca utile per fruire del beneficio infatti, mentre l’amministrazione comunale non è normalmente in grado di accertare la situazione edilizia di tutto il proprio territorio alla data indicata dalla normativa sul condono, colui che lo richiede può, di regola, procurarsi la documentazione da cui si possa desumere che l’abuso sia stato effettivamente realizzato entro la data prevista. In senso conforme Cons. Stato, sez. VI, 5 agosto 2013, 4075. CONSIGLIO DI STATO, SEZ. III SENTENZA 21 MAGGIO 2021, N. 3980 PROCESSO AMMINISTRATIVO – RICORSO – NOTIFICA. La notifica dell’atto introduttivo del giudizio alle Amministrazioni dello Stato. Con la decisione in evidenza il Consiglio di Stato esamina la disciplina relativa alle notificazioni effettuate nei confronti delle Amministrazioni dello Stato. Preliminarmente il Collegio rileva che, in base al combinato disposto dell’art. 144, co. 1, c.p.c. e dell’art. 11, r.d. 30 ottobre 1933, n. 1611 come modificato dall’art. 1 della L. 25 marzo 1958, n. 260 , le citazioni, i ricorsi e qualsiasi atto di opposizione giudiziale devono essere notificati alle Amministrazioni dello Stato presso l’ufficio dell’Avvocatura dello Stato nel cui distretto ha sede l’autorità giudiziaria innanzi alla quale è portata la causa, nella persona del Ministro competente”. In senso conforme Cons. Stato, sez. III, 16 maggio 2018, n. 2928. A tanto il Consiglio di Stato aggiunge che la perdurante vigenza delle disposizioni di cui al r.d. n. 1611 del 1933 ed alla L. n. 260 del 1958 risulta confermata dall’art. 41, co. 3, c.p.a., a norma del quale la notificazione dei ricorsi nei confronti delle amministrazioni dello Stato è effettuata secondo le norme vigenti per la difesa in giudizio delle stesse”. In senso conforme Cons. Stato, 2 febbraio 2018, n. 672. Ciò posto, il Collegio chiarisce che nei giudizi da instaurare innanzi al Consiglio di Stato la notifica deve avvenire presso l’Avvocatura generale dello Stato, con sede in Roma sicché, qualora la notifica dell’appello di una sentenza emessa da un Tribunale amministrativo regionale abbia luogo presso l’Avvocatura del distretto in cui quest’ultimo ha sede, la notifica è da considerarsi nulla e l’appello inammissibile. Ad avviso del Collegio, la riscontrata nullità della notifica potrebbe essere sanata solo nelle ipotesi in cui l’Amministrazione intimata si sia comunque costituita in giudizio, trovando applicazione il principio di conservazione degli atti processuali, una volta che sia stato comunque conseguito lo scopo a cui gli stessi erano preordinati, ai sensi dell'art. 156 c.p.c In senso conforme Cons. Stato, sez. VI, 27 giugno 2014, n. 3260. Secondo il Consiglio di Stato, infatti, nel processo amministrativo non si applica l’art. 291, co. 1, c.p.c., che consente di sanare ex tunc la notifica dell’atto introduttivo del giudizio, attraverso la fissazione di un termine da parte del giudice.