RASSEGNA DEL CONSIGLIO DI STATO

CONSIGLIO DI STATO, SEZIONE II SENTENZA 15 DICEMBRE 2020, N. 8032 EDILIZIA – PERMESSO DI COSTRUIRE – ANNULLAMENTO. Il condono cartolare” di cui all’art. 38 del T.U. dell’Edilizia. Con la sentenza in evidenza il Consiglio di Stato si pronuncia sull’appello proposto da un Comune avverso la sentenza di primo grado che, in accoglimento del ricorso, aveva annullato il provvedimento di irrogazione della sanzione pecuniaria per un intervento abusivo oggetto di una d.i.a. annullata all’esito di autonomo contenzioso. Preliminarmente il Collegio rileva che l’art. 38 del T.U. dell’edilizia disciplina una peculiare ipotesi di condono, di tipo per così dire cartolare”, ragionevolmente limitato, proprio perché riconducibile comunque al genus delle sanatorie, a vizi che attengono esclusivamente al procedimento autorizzativo, i quali non possono ridondare in danno del privato che ha confidato sulla presunzione di legittimità di quanto in precedenza assentito. Secondo il Consiglio di Stato, l’illiceità sopravviene non tanto all’avvenuta realizzazione dell’intervento, come nell’abuso edilizio tradizionale”, ma alla caducazione del titolo che lo ha consentito in quest’ottica, dunque, la sanatoria riguarda preferibilmente il provvedimento e solo in seconda battuta, ove ciò non sia possibile, entra in gioco la valutazione di impossibilità anche di demolire l’opera, monetizzandone l’importo in maniera ragguagliata al suo valore venale. CONSIGLIO DI STATO, SEZIONE III SENTENZA 10 DICEMBRE 2020, N. 7866 CONFISCA – ORDINANZA DI SGOMBERO. Il regime giuridico dei beni confiscati vincolo di destinazione e finalità pubbliche. Con la pronuncia in esame il Consiglio di Stato si sofferma sul regime giuridico dei beni confiscati e sul potere dell'Agenzia Nazionale per l'Amministrazione e Destinazione dei Beni Sequestrati e Confiscati alla Criminalità Organizzata di disporre lo sgombero dei predetti beni. Più nel dettaglio, il Collegio evidenzia che, ai sensi degli artt. 45, 47 e 48, del d.lgs. n. 159/2011, nonché dell'art. 823 c.c., il bene acquisito per effetto di confisca ha assunto una impronta rigidamente pubblicistica, che non consente di distoglierlo, anche solo temporaneamente, dal vincolo di destinazione e dalle finalità pubbliche, che determinano l'assimilabilità del regime giuridico della res confiscata a quello dei beni facenti parte del patrimonio indisponibile dello Stato. A tanto il Consiglio di Stato aggiunge che l'ordinanza di sgombero di beni confiscati costituisce esercizio necessitato di un potere autoritativo, dovendo l'Agenzia Nazionale per l'Amministrazione e Destinazione dei Beni Sequestrati e Confiscati alla Criminalità Organizzata comunque assicurare al patrimonio indisponibile dello Stato i beni medesimi per la successiva destinazione a finalità istituzionali e sociali, sottraendoli ai soggetti nei confronti dei quali sia stata applicata, in via definitiva, la misura patrimoniale. Da tale assunto deriva – ad avviso del Collegio - che non sussiste alcun obbligo di motivazione in capo alla suddetta Agenzia nel disporre il provvedimento di sgombero dell’immobile confiscato, né di svolgere valutazioni comparative di interessi prima di procedere all’adozione dell’ordinanza di rilascio neppure con riferimento alla tempistica per la sua esecuzione. In senso conforme Cons. Stato, sez. III, 20 ottobre 2020, n. 6386. CONSIGLIO DI STATO, SEZIONE II SENTENZA 9 DICEMBRE 2020, N. 7817 URBANISTICA – STRUMENTI URBANISTICI – TIPICITA’. Il principio di tipicità e nominatività degli strumenti urbanistici. Con la sentenza in rassegna il Consiglio di Stato si sofferma sul principio di tipicità e nominatività degli strumenti urbanistici. Ad avviso del Collegio, tale principio – che discende dal più generale principio di legalità e tipicità degli atti amministrativi e che non risponde soltanto ad esigenze formali, ma anche di garanzia del perseguimento di un ordinato assetto del territorio – determina l’impossibilità per l’Amministrazione di dotarsi di piani urbanistici sia a carattere indicativo sia coercitivo che per nome, causa e contenuto si discostino dal numerus clausus previsto dalla legge. In aggiunta, il Consiglio di Stato chiarisce che la gestione dell’assetto del territorio è una funzione che si estrinseca in una molteplice tipologia di manifestazioni di potestà pubbliche, in cui ciascuna deve essere caratterizzata per legge a garanzia dei destinatari da una propria causa, da propri effetti e da una corrispondente competenza ciò posto, il Consiglio di Stato conclude nel senso che nell’ordinamento non sussiste in capo ad alcun centro amministrativo un generale ed indifferenziato potere di pianificazione del territorio, libero quanto a mezzi e a forme, capace di incidere sui diritti dei consociati. CONSIGLIO DI STATO, SEZIONE III SENTENZA 9 DICEMBRE 2020, N. 7820 SANITA’ PUBBLICA – STRUTTURE ACCREDITATE – RECUPERO CREDITI – GIURISDIZIONE. Il riparto di giurisdizione in tema di attività sanitarie svolte da strutture accreditate. Con la decisione in commento il Consiglio di Stato risolve, in favore del giudice amministrativo, la prospettata questione di difetto di giurisdizione. La vicenda sottoposta all’attenzione del Collegio è la seguente in primo grado il ricorrente una struttura accreditata dalla Regione per lo svolgimento di attività sanitarie a carico del Servizio Sanitario Nazionale, che aveva stipulato periodicamente con l'A.S.L. gli accordi di cui all’art. 8- quinquies del d.lgs. n. 502/1992 impugnava gli atti con i quali la A.S.L. aveva comunicato gli esiti dei controlli esterni dell’attività di ricovero relativa ad alcune annualità. In particolare, il ricorrente agiva per l’accertamento del suo diritto all'integrale retribuzione delle prestazioni sanitarie erogate per i predetti ricoveri sottoposti a verifica, previo annullamento delle sanzioni amministrative comminate, e previo accertamento che i fatti contestati non erano adeguatamente indicati tra le prestazioni dovute in base all’accordo-contratto stipulato e neppure quale criterio per la verifica dell’appropriatezza delle prestazioni erogate, ai sensi dell'art. 8- octies del d.lgs. n. 502/1992. Il TAR dichiarava inammissibile il ricorso per difetto di giurisdizione del giudice adito, dichiarando nel contempo la giurisdizione del giudice ordinario. La Regione impugnava la predetta sentenza nella parte in cui dichiarava il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo. Ebbene, nel risolvere – in favore del G.A. - la prospettata questione di difetto di giurisdizione, il Consiglio di Stato osserva che, in presenza dell’esercizio del potere autoritativo di programmazione sanitaria, espresso sia nel relativo budget sia nella definizione del sistema dei controlli a posteriori sull’attività sanitaria e sui criteri operativi, in tanto la struttura sanitaria può contestare la debenza delle somme che l’Amministrazione pretende di riscuotere, in quanto essa metta in discussione quei controlli e i rispettivi esiti, contestandone la legittimità e il modo di esercizio. In senso conforme Cass. civ., Sez. Un., 20 settembre 2019, n. 23540. Tanto premesso, il Collegio rileva che, trattandosi delle risultanze del potere di vigilanza, anche l’atto che le attesta e le certifica in via ultimativa è ascrivibile alla materia della concessione di pubblico servizio tale atto risulta, infatti, direttamente funzionale alla tutela dell’interesse pubblico al corretto espletamento del servizio sanità, in un intreccio di posizioni soggettive che legittima l’attribuzione al G.A., in via esclusiva come disposto dalla legge, delle relative controversie.