RASSEGNA DEL CONSIGLIO DI STATO

CONSIGLIO DI STATO, SEZIONE III SENTENZA 16 NOVEMBRE 2020, N. 7082 PROCESSO AMMINISTRATIVO – RICORSO – IMPROCEDIBILITÀ. L’improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse. Con la decisione in esame il Consiglio di Stato affronta il tema della declaratoria di improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse. In primo luogo, il Collegio richiama il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui la suddetta declaratoria postula un univoco accertamento dell'inutilità della sentenza tale verifica richiede che la presupposta e rigorosa indagine circa l'utilità conseguibile per effetto della definizione del ricorso conduca al sicuro convincimento che la modificazione della situazione di fatto o di diritto intervenuta in corso di causa impedisce di riconoscere in capo al ricorrente alcun interesse anche meramente strumentale o morale alla decisione. In secondo luogo, il Consiglio di Stato evidenzia che l'improcedibilità del ricorso non fa venir meno l'interesse ad una decisione che dichiari ed accerti l'illegittimità del provvedimento impugnato in vista della proposizione della autonoma domanda risarcitoria tanto alla luce del più generale principio di effettività della tutela giurisdizionale e del corollario che da tale principio deriva, costituito dall'ammissibilità di azioni di accertamento anche atipiche. In senso conforme Cons. Stato, sez. V, 17 luglio 2020, n. 4597. CONSIGLIO DI STATO, SEZIONE III SENTENZA 10 NOVEMBRE 2020, N. 6922 PROVVEDIMENTO AMMINISTRATIVO – ATTO PRESUPPOSTO – ATTO CONSEGUENTE. Il rapporto tra atto presupposto e atto presupponente. Con la pronuncia in commento il Consiglio di Stato esamina il rapporto che si instaura tra il cd. atto presupposto e il cd. atto conseguente o applicativo o presupponente o dipendente . A tale riguardo il Collegio chiarisce che l’atto presupposto è fondamento esclusivo dell’atto applicativo, nel senso che l’esistenza e la validità del primo sono condizioni necessarie affinché il secondo possa legittimamente venire ad esistenza sicché non è possibile che l’atto presupposto non esista o, qualora emanato, sia successivamente eliminato dal giudice o dalla P.A. in via di autotutela e che rimanga legittimamente in vita quello dipendente. A ciò il Consiglio di Stato aggiunge che, essendo gli atti concatenati, le sorti dell’atto presupposto si ripercuotono inevitabilmente su quelle dell’atto presupponente in altri termini, gli effetti sostanziali prodotti dall’atto presupponente postulano l’avvenuta realizzazione di quelli prodotti dall’atto presupposto, con la conseguenza che, se tali effetti, a seguito dell’annullamento dell’atto presupposto, sono stati rimossi con efficacia retroattiva, il rapporto amministrativo originato dall’atto dipendente non può sussistere. CONSIGLIO DI STATO, SEZIONE V SENTENZA 02 NOVEMBRE 2020, N. 6761 CONTRATTI PUBBLICI – CLAUSOLA SOCIALE. La portata applicativa della clausola sociale nell’ambito delle gare pubbliche. Con la sentenza in evidenza il Consiglio di Stato chiarisce la portata applicativa della cd. clausola sociale nell’ambito dei contratti pubblici. In particolare, il Collegio precisa che spetta al concorrente la scelta sulle concrete modalità di attuazione della suddetta clausola incluso l’inquadramento da attribuire al lavoratore , spettando allo stesso operatore formulare un’eventuale proposta contrattuale” al riguardo. Il Consiglio di Stato conclude, dunque, nel senso che dalla clausola sociale non può derivare sic et simpliciter un obbligo in capo al concorrente d’inquadrare il lavoratore con lo stesso livello d’anzianità già posseduto la clausola sociale non può, cioè, implicare la necessaria conservazione dell’inquadramento e dell’anzianità del lavoratore assorbito dall’impresa aggiudicataria. CONSIGLIO DI STATO, SEZIONE III SENTENZA 02 NOVEMBRE 2020, N. 6755 PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO – PARTECIPAZIONE. La partecipazione del privato al procedimento amministrativo. Con la sentenza in rassegna il Consiglio di Stato si sofferma sulla violazione delle regole sulla partecipazione del privato al procedimento amministrativo. In particolare il Collegio rileva che, in sede d’impugnazione del provvedimento amministrativo, non basta alla parte interessata allegare la generica ed apodittica violazione dell’art. 7 della L. n. 241/1990 ma occorre al contempo offrire al giudice amministrativo un embrionale principio di prova circa l’effettività dell’apporto procedimentale mancato diversamente opinando, infatti, la denuncia della lesione del principio del giusto procedimento si risolverebbe in un’astratta ed ininfluente affermazione di principio o in una declaratoria iuris che non avrebbe mutato, per l’inesistenza di tale apporto anche laddove consentito, non già a valle le sorti della concreta vicenda amministrativa, ma a monte l’iter stesso del procedimento.