RASSEGNA DEL CONSIGLIO DI STATO

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. III SENTENZA 02 NOVEMBRE 2020, N. 6749 ELEZIONI – ELEZIONI COMUNALI – NULLITA’ DEI VOTI. Il voto può dirsi nullo” solo dopo che sia stata ricostruita la concreta della volontà dell’elettore. La sentenza in commento è resa in materia di elezioni comunali ed offre un’interpretazione dell’articolo 64, secondo comma, n. 2 del Testo unico delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle Amministrazioni comunali approvato con d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570 , secondo cui Sono nulli i voti contenuti in schede . 2 che presentano scritture o segni tali da far ritenere, in modo inoppugnabile, che l'elettore abbia voluto far riconoscere il proprio voto”. In relazione alla richiamata disposizione il Consiglio di Stato chiarisce innanzitutto che la riconduzione all’ipotesi di nullità ex art. 64 implica una ricostruzione concreta della volontà dell’elettore sulla base degli elementi di volta in volta considerati. Accedendo all’indirizzo interpretativo prevalente, infatti, il Collegio afferma che l'espressione in modo inoppugnabile non può essere intesa in senso letterale, come se fosse volta a esigere un'effettiva certezza della volontà dell'elettore di far riconoscere il proprio voto, poiché una simile inoppugnabilità si avrebbe solo nel caso, invero di interesse meramente scolastico, che l'elettore sottoscriva il voto dato con il proprio nome e cognome l'elemento della riconoscibilità, quindi, deve essere valutato caso per caso, al fine di stabilire se l'anomalia del voto possa giustificarsi ragionevolmente con cause diverse da quella della volontà di far identificare il consenso attribuito alla lista o al candidato, di modo che possono essere ritenuti segni di riconoscimento quelli eccedenti il modo normale esprimere la volontà elettorale, e dunque una particolare anomalia nella compilazione della scheda che non si possa qualificare quale segno superfluo o incertezza grafica, ovvero non sia spiegabile con difficoltà di movimento o di vista dell'elettore, occorse nell'indicare un determinato simbolo, nell'apporre il crocesegno o nell'indicare il nominativo del candidato suffragato. In senso conforme Cons. Stato, sez. V, n. 142/2016 Cons. Stato, sez. V, n. 2087/2016 Cons. Stato, sez. V, n. 245/2016 Cons. Stato, sez. III, n. 4523/2016. CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V SENTENZA 29 OTTOBRE 2020, N. 6615 CONTRATTI PUBBLICI – OBBLIGHI DICHIARATIVI – PENALE. L’impresa concorrente può talvolta esimersi dal dichiarare l’eventuale penale” subita. La sentenza in commento si sofferma sugli obblighi dichiarativi che incombono alle imprese concorrenti, chiarendo in particolare che, in presenza di taluni presupposti, l’impresa concorrente può esimersi dal dichiarare l’eventuale penale” che gli sia stata applicata nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto. Va precisato innanzitutto che la decisione assunta dal Consiglio di Stato riguarda l’interpretazione dell’art. 80, comma 5, lett. c d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 nella sua formulazione originaria, trattandosi della disposizione applicabile ratione temporis alla fattispecie. Ebbene, sul punto il Consesso precisa che, secondo la prevalente giurisprudenza, l’elencazione contenuta nella richiamata disposizione ha carattere puramente esemplificativo sicché la stazione appaltante ha la facoltà di desumere il compimento di gravi illeciti” da ogni altra vicenda pregressa dell’attività professionale dell’operatore economico di cui sia accertata la contrarietà ad un dovere posto in una norma civile, penale o amministrativa. In senso conforme Cons. Stato, sez. V, 8 ottobre 2020, n. 5967 Cons. Stato, sez. V, 14 aprile 2020, n. 2389 Cons. giust. amm. Sicilia, sez. giuris., 9 dicembre 2019, n. 1039. Tuttavia, in relazione all’obbligo del concorrente di dichiarare le penali che gli siano state applicate nell’esecuzione di precedenti contratti di appalto, il Consiglio evidenzia che dette penali, specie se riferite ad episodi isolati e di modesta rilevanza, non offrono, per la loro natura fisiologica nella complessiva economia ed esecuzione dell’appalto, alcun elemento per considerare l’inadempimento cui sono collegati un grave errore nell’esercizio dell’attività professionale. Invero, l'applicazione di penali contrattuali non può ritenersi sintomo inconfutabile di errore grave nell'esercizio dell'attività professionale o comunque grave negligenza , ciò tanto più quando il provvedimento di esclusione menzioni l'applicazione delle penali senza specificarne l'ammontare minimo ed indicando quale presupposto asserite manchevolezze commesse nella gestione del servizio, senza alcun effettiva motivazione al riguardo, anche con riferimento alla loro eventuale gravità. In senso conforme Cons. Stato, sez. III, 5 marzo 2020, n. 1609 Cons. Stato, sez. V, 30 aprile 2019, n. 2794 Cons. Stato, sez. V, 5 marzo 2018, n. 1346. CONSIGLIO DI STATO, SEZ. III SENTENZA 28 OTTOBRE 2020, N. 6572 CONTRATTI PUBBLICI – COMMISSIONE AGGIUDICATRICE – PRESIDENTE. Sui poteri del Presidente della Commissione aggiudicatrice. Con la sentenza in rassegna il Consiglio di Stato chiarisce che il Presidente della Commissione aggiudicatrice può svolgere approfondimenti circa l’adempimento delle obbligazioni contrattuali assunte da uno dei concorrenti in relazione ad altri rapporti negoziali. Secondo il Consesso, infatti, la stazione appaltante di un servizio già in corso di svolgimento può e deve estendere la propria valutazione anche in sede di autotutela alla interpretazione, ed integrazione ove necessario, delle indicazioni della nuova offerta alla luce del servizio effettivamente svolto dalla concorrente in altri o precedenti rapporti contrattuali ciò perché i principi di parità e di massima apertura nelle gare pubbliche comportano la necessità che la valutazione sia equamente parametrata, per tutti i partecipanti, a tutti i fattori rilevanti ai fini del miglior raggiungimento dell’interesse pubblico perseguito dall’amministrazione grazie ai principi di libertà economica e di libera concorrenza, i quali postulano un indissolubile principio di responsabilità, con conseguente valutazione delle scelte imprenditoriali liberamente adottate ma rilevanti per l’interesse pubblico, ad esempio per fini ambientali o di tutela dei lavoratori o di tutela della salute dei pazienti del servizio pubblico sanitario come nel caso qui concretamente affrontato dal Consiglio di Stato , al fine di garantire un effettivo e non formalistico perseguimento del principio costituzionale di imparzialità e buon andamento dell’amministrazione. CONSIGLIO DI STATO, SEZ. III SENTENZA 02 NOVEMBRE 2020, N. 6697 PROCESSO AMMINISTRATIVO – LEGITTIMAZIONE ATTIVA – ASSOCIAZIONI. La legittimazione processuale attiva delle associazioni. La pronuncia in rassegna si sofferma sulla legittimazione processuale attiva” delle associazioni. Preliminarmente, il Consiglio chiarisce che i cc.dd. enti collettivi sono soggetti che hanno come fine statutario la tutela di interessi collettivi, ovvero interessi comuni a più soggetti che si associano come gruppo o come categoria per realizzare i fini del gruppo stesso. Tali enti si distinguono tanto dai singoli associati quanto dalla comunità generale. L’interesse collettivo, dunque, deve essere un interesse riferibile al gruppo in sé, che, da parte sua, non può avere una dimensione occasionale. A parere del Consesso, quindi, l’interesse fatto valere dall’associazione deve essere differenziato e, conseguentemente, la lesione di tale interesse legittima al ricorso l’organizzazione in quanto tale. Pertanto, ai fini della legittimazione attiva nel processo amministrativo di associazioni rappresentative di interessi collettivi occorre che a la questione dibattuta attenga in via immediata al perimetro delle finalità statutarie dell'associazione e, cioè, che la produzione degli effetti del provvedimento controverso si risolva in una lesione diretta del suo scopo istituzionale, e non della mera sommatoria degli interessi imputabili ai singoli associati b l'interesse tutelato con l'intervento sia comune a tutti gli associati, che non vengano tutelate le posizioni soggettive solo di una parte degli stessi e che non siano, in definitiva, configurabili conflitti interni all'associazione anche con gli interessi di uno solo dei consociati , che implicherebbe automaticamente il difetto del carattere generale e rappresentativo della posizione azionata in giudizio resta infine preclusa ogni iniziativa giurisdizionale sorretta dal solo interesse al corretto esercizio dei poteri amministrativi, occorrendo un interesse concreto ed attuale imputabile alla stessa associazione alla rimozione degli effetti pregiudizievoli prodotti dal provvedimento controverso. In senso conforme Cons. Stato, Ad. Plen., 2 novembre 2015, n. 9 Cons. Stato, Ad. Plen., 27 febbraio 2019, n. 2. L’interesse diffuso, poi, è tutelabile ove esso sia suscettivo di un processo di c.d. collettivizzazione a mezzo della entificazione della comunità di riferimento, anche laddove non vi sia un atto di rango legislativo che ciò esplicitamente riconosca. In senso conforme Cons. Stato, Ad. Plen., 20 febbraio 2020, n. 6. Peraltro, l'ipotesi di conflitto di interessi, che priva di legittimazione ad intervenire gli enti collettivi, non può essere desunta dall'esistenza di posizioni differenziate all'interno della medesima categoria di operatori economici o professionali, quando a intervenire nel giudizio amministrativo non sia un ente preposto alla rappresentanza istituzionale di quest'ultima, come nel caso degli ordini professionali, per i quali una rappresentanza così estesa ha fondamento nella legge diversamente, in caso di associazioni di imprese, il cui potere rappresentativo ha invece origine nel contratto istitutivo dell'ente collettivo, il requisito dell'omogeneità dell'interesse fatto valere in giudizio deve essere accertato nell'ambito della sola base associativa, oltre che in relazione alla natura della questione controversa in giudizio e alla sua riconducibilità agli scopi statutari dell'ente. Sicché non può ritenersi sfornita della legittimazione ad intervenire in giudizio un’associazione di imprese quando, ferma la rilevanza della questione per le finalità statutarie perseguite, non risulta che alcuno degli operatori economici che ad essa partecipi abbia assunto iniziative di carattere giurisdizionale contrastanti con l’intervento in giudizio dell’ente collettivo. In senso conforme Cons. Stato, Ad. Plen., 21 maggio 2019, n. 8.