RASSEGNA DEL CONSIGLIO DI STATO

CONSIGLIO DI STATO, ADUNANZA PLENARIA SENTENZA 11 SETTEMBRE 2020, N. 18 AMBIENTE – IMPIANTO FOTOVOLTAICO – INCENTIVI – DECADENZA. Il vizio della certificazione determina la decadenza dal relativo incentivo. Con la pronuncia in esame l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato fornisce risposta ai tre seguenti quesiti a se la richiesta, da parte di un operatore economico, degli incentivi previsti dal D.M. 5 maggio 2011 e della maggiorazione economica prevista dall’art. 14, comma 1, lettera d dello stesso D.M. determini l’avvio di un unico procedimento nel quale la maggiorazione ha natura non dissimile dall’incentivo base e, in caso affermativo, se il provvedimento conclusivo dello stesso debba essere considerato plurimo, in ragione della diversità tra gli effetti giuridici derivanti dalla richiesta della tariffa base e quelli derivanti dalla richiesta della relativa maggiorazione b se, ai sensi dell’art. 42, comma 3, d.lgs. n. 28 del 2011, quando la violazione riscontrata riguardi una certificazione prodotta al fine di ottenere la maggiorazione del 10% di cui all’art. 14, comma 1, lett. d , del D.M. 5 maggio 2011, la violazione stessa debba intendersi rilevante ai fini della decadenza dalla intera tariffa incentivante, ovvero dalla sola maggiorazione del 10% per ottenere la quale era stata prodotta c se il provvedimento di decadenza di cui all’art. 42, comma 3, d.lgs. n. 28 del 2011, nell’ipotesi in cui esso riguardi l’intero beneficio, abbia natura sanzionatoria e, quindi, richieda l’accertamento dell’elemento soggettivo della condotta attiva o omissiva in capo all’interessato, oppure se la perdita dell’intero beneficio – e non della sola maggiorazione perdita da considerare automatica per l’oggettiva insussistenza del presupposto - sia anch’essa la conseguenza della oggettiva insussistenza di tutti i presupposti richiesti per ottenere l’importo complessivamente richiesto. I suddetti quesiti venivano formulati dalla Sezione rimettente nell’ambito di una vicenda riguardante l’impugnazione di un provvedimento con il quale il Gestore Servizi Energetici GSE , a conclusione del procedimento di verifica ex art. 42 d.lgs. n. 28/2011 e del D.M. 31 gennaio 2014 in relazione ad un impianto fotovoltaico, aveva dichiarato la decadenza dal diritto alle tariffe incentivanti per l’impianto in oggetto, disponendo il recupero integrale degli incentivi percepiti. Nella specie, infatti, era stato accertato che, con riferimento all’attestazione dell’origine dei pannelli fotovoltaici, era stato presentato un documento non conforme a quello che lo stesso ente aveva originariamente emesso. Ebbene, ricostruito il quadro normativo e giurisprudenziale di riferimento, la Plenaria risponde ai prospettati quesiti enunciando i seguenti principi di diritto a quando la domanda ha ad oggetto una tariffa incentivante maggiorata rispetto a quella base in ragione del premio contemplato dall’art. 14 del DM 5 maggio 2011, essa deve intendersi come avente un oggetto plurimo, scindibile nei suoi effetti giuridici b quando la violazione riscontrata riguardi una certificazione prodotta al fine di ottenere la maggiorazione del 10% di cui all’art. 14, comma 1, lett. d , del D.M. 5 maggio 2011, la violazione stessa deve intendersi rilevante ai fini della decadenza dalla sola maggiorazione del 10% per ottenere la quale era stata prodotta c l’accertamento necessario ai fini della pronuncia di decadenza ha ad oggetto la sola violazione e la sua rilevanza, prescindendo dall’elemento soggettivo quest’ultimo ha piuttosto rilevanza nel prosieguo del procedimento sanzionatorio presso l’Autorità indipendente di settore cui gli atti sono trasmessi. CONSIGLIO DI STATO, ADUNANZA PLENARIA SENTENZA 7 SETTEMBRE 2020, N. 17 EDILIZIA – PERMESSO DI COSTRUIRE – FISCALIZZAZIONE DELL’ABUSO EDILIZIO. La fiscalizzazione dell’abuso edilizio opera solo per vizi di impossibile rimozione. Con la decisione in commento l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato si sofferma sull’esatta delimitazione dei vizi che consentono, in luogo della demolizione, l’applicazione del regime di fiscalizzazione” dell’abuso edilizio previsto dall’art. 38 d.P.R. n. 380/2001. In particolare, il Collegio offre risposta al seguente dubbio interpretativo se a fronte dell’annullamento in sede giurisdizionale del permesso di costruire, a causa della sussistenza di un vizio sostanziale non emendabile, l’art. 38 del suddetto D.P.R. n. 380/2001 consenta, o meno, all’Amministrazione di imporre la sola sanzione pecuniaria pari al valore venale delle opere o loro parti abusivamente eseguite, con effetti equivalenti al conseguimento del permesso di costruire in sanatoria. Ebbene, all’esito di un articolato percorso motivazionale la Plenaria conclude nel senso che i vizi cui fa riferimento il citato art. 38 sono esclusivamente quelli che riguardano forma e procedura, i quali, alla luce di una valutazione in concreto operata dall’Amministrazione, risultino di impossibile rimozione. CONSIGLIO DI STATO, SEZ. II SENTENZA 7 SETTEMBRE 2020, N. 5379 AMBIENTE – V.I.A. – VALUTAZIONE PRELIMINARE C.D. SCREENING . Valutazione dell’impatto ambientale degli interventi il c.d. screening. Con la brillante sentenza in commento il Consiglio di Stato si sofferma sulle caratteristiche e sulla ratio del procedimento di valutazione preliminare c.d. screening , volto a decidere l’assoggettamento o meno a V.I.A. di un determinato intervento nel caso di specie riferito alla realizzazione di una centrale fotovoltaica . Dopo aver chiarito che il c.d. screening costituisce una fase preliminare ma non necessariamente propedeutica alla V.I.A. in quanto funzionale proprio ad evitarne l’attivazione , il Collegio analizza con attenzione la disciplina procedurale dell’istituto, per come prevista dall’art. 20 del d.lgs. n. 152/2006 c.d. Codice dell’Ambiente . In questo senso, il Consiglio precisa innanzitutto e in linea generale che la V.I.A. è configurata come procedura amministrativa di supporto per l’autorità competente finalizzata ad individuare, descrivere e valutare gli impatti ambientali di un’opera, il cui progetto è sottoposto ad approvazione o autorizzazione in altri termini, trattasi di un procedimento di valutazione ex ante degli effetti prodotti sull’ambiente da determinati interventi progettuali, il cui obiettivo è proteggere la salute umana, migliorare la qualità della vita, provvedere al mantenimento delle specie, conservare la capacità di riproduzione dell’ecosistema, promuovere uno sviluppo economico sostenibile. In questo contesto, il Consesso rileva che lo screening svolge una funzione preliminare per così dire di carotaggio”, nel senso che sonda” la progettualità e solo ove ravvisi effettivamente una significatività della stessa in termini di incidenza negativa sull’ambiente, impone il passaggio alla fase successiva della relativa procedura diversamente, consente di pretermetterla, con conseguente intuibile risparmio, sia in termini di costi effettivi, che di tempi di attuazione. Lo screening, dunque, data la sua complessità e autonomia per come riconosciuta dall’art. 20 del Codice ambientale e, più di recente, dall’art. 9, d.lgs. del 16 giugno 2017, n. 104 , è esso stesso una procedura di valutazione di impatto ambientale, meno complessa della V.I.A., la cui previsione risponde a motivazioni comprensibilmente diverse. Per questo motivo è spesso definito in maniera impropria come un subprocedimento della V.I.A., pur non essendo necessariamente tale. Esso è qualificato altresì come preliminare alla V.I.A., dizione questa da intendere solo in senso cronologico, stante che è realizzato preventivamente, ma solo con riguardo a determinate tipologie di progetto rispetto alle quali alla valutazione vera e propria si arriva in via eventuale, in base cioè proprio all’esito in tal senso della verifica di assoggettabilità. La peculiarità dell’autonomia del procedimento di screening, poi, riposa nel fatto che esso non si conclude mai con un diniego di V.I.A., bensì con un giudizio di necessità di sostanziale approfondimento. In altre parole – spiega il Consiglio – il rapporto tra i due procedimenti appare configurabile graficamente in termini di cerchi concentrici caratterizzati da un nucleo comune rappresentato dalla valutazione della progettualità proposta in termini di negativa incidenza sull’ambiente, nel primo caso in via sommaria e, appunto, preliminare, nel secondo in via definitiva, con conseguente formalizzazione del provvedimento di avallo o meno della stessa. CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA, SEZ. GIURISDIZIONALE SENTENZA 7 SETTEMBRE 2020, N. 759 EDILIZIA – VOLUMETRIA REALIZZABILE. La potenzialità edificatoria delle aree. Con la sentenza in rassegna il C.G.A. valorizza il seguente principio in materia edilizia ogni fabbricato che realizzi una volumetria abitabile, assorbe” una volta e per sempre la c.d. potenzialità edificatoria” risultante dall’indice di edificabilità dell’area sulla quale insiste. Di conseguenza, la costruzione eseguita su un’area che venga poi frazionata in più particelle catastali, continua ad assorbire o a saturare” la potenzialità edificatoria anche delle particelle successivamente staccate”. In senso conforme Cons. Stato, sez. V, 28 maggio 2012, n. 3120. Se così non fosse – rileva il Collegio – sarebbe agevole aggirare la normativa sugli indici di edificabilità, volta proprio a limitare la potenzialità edificatoria delle aree costruendo su una parte marginale di ogni area, e poi procedere al frazionamento della stessa e chiedere una nuova concessione per edificare sulla porzione rimasta libera dall’ingombro volumetrico realizzato dalla costruzione, e poi procedere ad ulteriori frazionamenti in modo da edificare ogni volta sui relitti di area via via rimasti sgombri. In senso conforme C.G.A., sez. giur., 14 maggio 2019 n. 430.