RASSEGNA DEL CONSIGLIO DI STATO

CONSIGLIO DI STATO, SEZIONE III SENTENZA 12 GIUGNO 2020, N. 3759 LICENZA PORTO D’ARMI – DINIEGO - DISCREZIONALITA’. Le cattive frequentazioni inibiscono il porto d’armi. Irrilevante il rapporto dei Carabinieri da cui risulta che l’istante è persona di buona condotta e che non si accompagna né frequenta persone pericolose, giacché non rientra tra i compiti delle Forze dell’ordine di fornire una dirimente prova negativa. In sostanza, non esiste un diritto soggettivo al porto d’armi e la regola generale è costituita dal divieto di detenzione delle armi. L’amministrazione può rimuovere in via di eccezione, in presenza di specifiche ragioni e in assenza di rischi anche solo potenziali, tale divieto, alla luce di una valutazione discrezionale nella quale devono unirsi la mancanza di requisiti negativi e la sussistenza di specifiche ragioni positive. La valutazione che compie l’Autorità di PS in materia è caratterizzata, quindi, da ampia discrezionalità e persegue lo scopo di prevenire, per quanto possibile, l’abuso d armi da parte di soggetti noti pienamente affidabili. Il giudizio di non affidabilità” è giustificabile anche in situazioni che non hanno dato luogo a condanne penali o misure di pubblica sicurezza, ma a situazioni genericamente non ascrivibili a buona condotta”. CONSIGLIO DI STATO, SEZIONE II SENTENZA 12 GIUGNO 2020, N. 3746 PROCESSO AMMINISTRATIVO - TERMINI DI IMPUGNAZIONE. Atto di conferma e meramente confermativo. Un provvedimento è meramente confermativo nel caso in cui venga ribadita la decisione assunta nell’atto precedente, senza alcuna rivalutazione degli interessi, né nuovo apprezzamento dei fatti mentre è di conferma in senso proprio qualora l’Amministrazione proceda ad un riesame della precedente decisione, attraverso una nuova valutazione degli elementi di fatto acquisiti ovvero, l’acquisizione di nuovi elementi , o, ancora, mediante rinnovata ponderazione de gli interessi coinvolti. La distinzione fra conferma” ed atto meramente confermativo”, quindi, si atteggia nel senso che solo la prima – e non il secondo – va a sostituire l’atto confermato, con improcedibilità del ricorso proposto contro di esso il criterio distintivo dovendo ravvisarsi nella circostanza per cui se la conferma è emessa dopo una nuova considerazione della fattispecie concreta, e in particolare dopo una nuova istruttoria diversamente, l’atto meramente confermativo non fa che ripetere la precedente volontà dell’Amministrazione, che come tale non viene toccata. Di conseguenza, solo nel caso del provvedimento di conferma in senso proprio vi è un procedimento e, all'esito di questo, un nuovo provvedimento, sia pure di contenuto identico al precedente, che si sostituisce ad esso. CONSIGLIO DI STATO, SEZIONE II SENTENZA 11 GIUGNO 2020, N. 3730 EDILIZIA PRIVATA - BOX PREFABBRICATO. L’ordine di demolizione e lo stato di necessità. Irrilevante il fatto che il box abusivo sia necessario per le esigenze del ricorrente. L’amministrazione, infatti, non ha alcun margine di discrezionalità nell’ordinarne la demolizione, posto che il provvedimento repressivo dell’abuso è atto vincolato, insensibile a ulteriori fatti non previsti a livello normativo. Peraltro, la precarietà o meno di un manufatto e, dunque, il suo regime giuridico dal punto di vista urbanistico non può essere dettata dal tipo di ancoraggio al suolo o dalla natura dei materiali utilizzati, ma dalla destinazione dell’opera, con la conseguenza che l’installazione di un box prefabbricato, mediante semplice appoggio e senza ancoraggio al suolo, non sottrae, di per sé, l’intervento al regime concessorio. CONSIGLIO DI STATO, SEZIONE VI SENTENZA 9 GIUGNO 2020, N. 3686 EDILIZIA PRIVATA - CONTAINER ABITAZIONE. Nessun privilegio alla Comunità Sinta. Vietato utilizzare un container in zona agricola come abitazione se la sua posa in opera è abusiva, anche se la famiglia cerca di inserirsi nella società mandando i figli a scuola. Non esiste ragionamento giuridico che possa escludere dall’obbligo di osservanza delle norme in materia edilizia soggetti che, per la loro appartenenza etnica”, avrebbero difficoltà a rinvenire una idonea sistemazione abitativa. Ciò in quanto tali doglianze si fondano tutte su considerazioni extragiuridiche che, in quanto tali, non possono, in alcun modo, trovare ingresso in un giudizio amministrativo di legittimità dell’azione amministrativa. Né varrebbe sostenere che il Comune, chiedendo il rispetto di norme imperative poste a tutela dell'interesse pubblico, avrebbe adottato una misura discriminatoria. Tali norme, infatti, sono indistintamente applicabili ai cittadini italiani e non, rappresentando l’attuazione e non la violazione del principio di uguaglianza.