RASSEGNA DEL CONSIGLIO DI STATO

CONSIGLIO DI STATO, SEZIONE V SENTENZA 21 MAGGIO 2020, N. 3225 LEGITTIMAZIONE PROCESSUALE DELLE ASSOCIAZIONI. Il conflitto di interessi tra le categorie rappresentate. L’art. 4 della legge 11 novembre 2011, n. 180 Norme per la tutela della libertà d’impresa. Statuto delle imprese dispone le associazioni di categoria rappresentate in almeno cinque camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura [], ovvero nel Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro e le loro articolazioni territoriali e di categoria sono legittimate a proporre azioni in giudizio sia a tutela di interessi relativi alla generalità dei soggetti appartenenti alla categoria professionale, sia a tutela di interessi omogenei relativi solo ad alcuni soggetti . Di conseguenza sussiste la legittimità processuale della C.N.A. che ha presentato ricorso avverso il regolamento del Comune di Roma, a tutela degli interessi delle imprese artigiane e dei soggetti esercenti la vendita al dettaglio di prodotti alimentari, e non anche degli esercenti l’attività di somministrazione pur essendo soggetti appartenenti alle categorie rappresentate. La soluzione trova indiretta conferma anche nella giurisprudenza per cui è legittimata ad intervenire in giudizio l’associazione rappresentativa di imprese che faccia valere interessi omogenei dei propri iscritti, anche se non sia investita della rappresentanza dell’intera categoria, purché operi per perseguire gli scopi statutari di tutela degli interessi degli operatori aderenti Cons. Stato, Ad. plen., 21 maggio 2019, n. 8 . CONSIGLIO DI STATO, SEZIONE I PARERE 20 MAGGIO 2020, N. 925 RICORSO STRAORDINARIO AL CAPO DELLO STATO. VERIFICAZIONE. Nessun pagamento autonomo al verificatore. Se non v’è dubbio che il ricorso straordinario abbia perso la sua connotazione, tipicamente ed esclusivamente, di rimedio amministrativo perché le novità introdotte dalla legge 18 giugno 2009, n. 69 militano nel senso di un progressivo avvicinamento del ricorso straordinario ai rimedi di tipo giurisdizionale, non si può comunque ritenere che il ricorso straordinario sia totalmente equiparabile ai rimedi giurisdizionali. Di conseguenza, le verificazioni disposte dalla Sezione consultiva, dovendo fisiologicamente essere eseguite dal Ministero che istruisce l’affare, rientrano nell'ambito dell'attività d'ufficio svolta dai dipendenti all'uopo incaricati senza possibilità di corresponsione di compensi ulteriori – trattandosi di attività connessa ai doveri d'ufficio - con la sola eventualità del rimborso delle spese effettivamente sostenute e compiutamente documentate. Tale conclusione non configura una violazione del diritto all’equa retribuzione di cui all’art. 36 Costituzione perché i verificatori intrattengono già un rapporto di lavoro per il quale sono regolarmente retribuiti come è doveroso che sia . CONSIGLIO DI STATO, SEZIONE III SENTENZA 20 MAGGIO 2020, N. 3199 LICENZA PORTO FUCILE USO CACCIA. DISCREZIONALITA’. Quando prefetto e questore decidono diversamente. E’ illegittimo il rigetto dell’istanza di rilascio della licenza di porto di fucile per uso caccia disposto dal questore se il diniego non è sufficientemente motivato. Perché non è sufficiente citare i precedenti giudiziari. Nel vagliare l’istanza del privato, infatti, deve essere svolta un’istruttoria congrua ed adeguata, di cui si deve dar conto in motivazione, che consenta una valutazione complessiva del soggetto e dunque tenendo conto anche del percorso di vita del richiedente successivo agli eventuali episodi ostativi, e ciò in particolare laddove tali episodi siano risalenti nel tempo. Il diniego impugnato, invece, aveva attribuito esclusivo rilievo a tali condotte risalenti, senza considerare gli ulteriori elementi in particolare gli elementi che erano stati valutati dal Prefetto ai fini della revoca del divieto di detenzione di armi e munizioni , che pure emergevano dagli atti e che avrebbero consentito all’Amministrazione una valutazione sull’affidabilità attuale del soggetto. CONSIGLIO DI STATO, SEZIONE II SENTENZA 18 MAGGIO 2020, N. 3158 CODICE DELLA STRADA. CARTELLONISTICA. Quando la strada privata è senza uscita. Illegittimo l’ordine di rimozione di un cartello recante la scritta proprietà privata” posto all’accesso di una via se la strada conduce soltanto a dei condomini. Nel senso che non va applicato l’art. 37 del Codice della Strada, il quale, alla lettera c affida la competenza della segnaletica al comune, sulle strade private aperte all'uso pubblico e sulle strade locali. il Comune avrebbe, infatti, potuto legittimamente ordinarne la rimozione solo laddove la strada fosse risultata, effettivamente, gravata da una servitù d’uso pubblico o, altrimenti, destinata al pubblico transito .