RASSEGNA DELLA CORTE COSTITUZIONALE

20 MAGGIO 2020, N. 96 REATI E PENE. Disposizioni in materia di depenalizzazione a norma della legge n. 67 del 2014 – applicazione delle sanzioni amministrative alle violazioni anteriormente commesse – criteri di determinazione della sanzione amministrativa pecuniaria – trasmissione, da parte dell’autorità giudiziaria all’autorità amministrativa competente, degli atti dei procedimenti penali relativi ai reati trasformati in illeciti amministrativi – non fondatezza. La previsione di cui all’art. 76 Cost. non osta all’emanazione, da parte del legislatore delegato, di norme che rappresentino un coerente sviluppo e un completamento delle scelte espresse dal legislatore delegante, dovendosi escludere che la funzione del primo sia limitata ad una mera scansione linguistica di previsioni stabilite dal secondo. Il sindacato costituzionale sulla delega legislativa deve, così, svolgersi attraverso un confronto tra gli esiti di due processi ermeneutici paralleli, riguardanti, da un lato, le disposizioni che determinano l’oggetto, i princìpi e i criteri direttivi indicati dalla legge di delegazione e, dall’altro, le disposizioni stabilite dal legislatore delegato, da interpretarsi nel significato compatibile con i princìpi e i criteri direttivi della delega. Il che, se porta a ritenere del tutto fisiologica quell’attività normativa di completamento e sviluppo delle scelte del delegante, circoscrive, d’altra parte, il vizio in discorso ai casi di dilatazione dell’oggetto indicato dalla legge di delega, fino all’estremo di ricomprendere in esso materie che ne erano escluse. In senso conforme, cfr. Corte Cost., n. 47/2014 il silenzio del legislatore delegante su uno specifico tema non impedisce al legislatore delegato di disciplinarlo. 20 MAGGIO 2020, N. 95 ESECUZIONE. Pene pecuniarie inflitte dal Giudice di Pace – conversione per insolvibilità del condannato – Giudice competente - abrogazione dell’art. 42 del decreto legislativo n. 274 del 2000, secondo cui l’accertamento della effettiva insolvibilità del condannato era svolto dal Giudice di Pace competente per l’esecuzione – non fondatezza. Il fatto che, in determinati frangenti nella specie, la conversione di pene pecuniarie ineseguite , le speciali sanzioni previste per i reati di competenza del giudice onorario vengano applicate da un giudice professionale non comporta alcuno stravolgimento della coerenza interna del sistema della giurisdizione penale del giudice di pace. In senso conforme, cfr. Corte Cost., n. 79/2020 legislatore gode di discrezionalità particolarmente ampia nella conformazione degli istituti processuali, con il solo limite della manifesta irragionevolezza o arbitrarietà delle scelte operate. 15 MAGGIO 2020, N. 89 SPESE DI GIUSTIZIA. Onorari spettanti all’ausiliario del magistrato – misura stabilita mediante tabelle – mancato adeguamento periodico con decreto dirigenziale – possibile intervento del giudice in sede di liquidazione – omessa previsione – denunciata irragionevolezza - non fondatezza. In tema di onorari degli ausiliari del magistrato, spettando all’amministrazione la competenza per la determinazione degli adeguamenti, non è certo irragionevole che questa possa valutare, preliminarmente, se procedere ad un adeguamento che consenta il mero recupero dell’inflazione o, invece, a più consistenti modifiche tariffarie, secondo criteri di apprezzamento di natura politica. In senso conforme, cfr. Corte Cost., n. 178/2017 l’art. 106-bis del d.P.R. n. 115 del 2002, come introdotto dall’art. 1, comma 606, lett. b , della legge n. 147 del 2013, è costituzionalmente illegittimo – per violazione degli artt. 3 e 24 Cost. – nella parte in cui non esclude che la diminuzione di un terzo degli importi spettanti al consulente tecnico di parte sia operata in caso di applicazione di previsioni tariffarie non adeguate a norma dell’art. 54 dello stesso d.P.R. n. 115 del 2002. La disposizione censurata – che, a fini di contenimento della spesa pubblica, impone una drastica riduzione dei compensi liquidabili per le prestazioni rese nel processo penale di cui sia parte una persona ammessa al patrocinio a spese dello Stato – risulta irragionevole non in sé, ma in quanto incide su tariffe che, inferiori fin dall’origine ai valori del mercato professionale, non sono mai state aggiornate mediante l’adeguamento triennale prescritto dal citato art. 54. In tali termini l’irragionevolezza è stata già accertata dalla sentenza n. 192 del 2015 con riferimento ai compensi spettanti all’ausiliario del magistrato, e non può non estendersi agli onorari del consulente tecnico di parte, la condizione del quale – sotto lo specifico profilo della misura dei compensi determinabili in base al d.m. 30 maggio 2002 – è identica a quella dell’ausiliario, in virtù del rinvio agli artt. 50 e 54 contenuto nell’art. 83 del citato t.u. in materia di spese di giustizia. L’irragionevole decurtazione tra le cui ricadute di sistema non è implausibile includere l’allontanamento dei migliori professionisti dal circuito delle consulenze rende altresì percepibile una disparità di condizione fra le parti del processo penale in cui siano coinvolte persone sprovviste di mezzi e ammesse al patrocinio a spese dello Stato, derivante dalla circostanza – non di mero fatto, e dunque lesiva del diritto di difesa assicurato anche ai non abbienti – che la parte privata può sentirsi opporre un rifiuto della consulenza, motivato dalla prevedibile esiguità del compenso, mentre il pubblico ministero può avvalersi di consulenti i cui onorari non subiscono la riduzione e che non possono rifiutare l’incarico art. 359 cod. proc. pen. . Per il soggetto ammesso al patrocinio a spese dello Stato nel processo penale, la possibilità di nominare un consulente tecnico di parte costituisce un aspetto essenziale del diritto di difesa, anche nel caso in cui il giudice non abbia disposto un incarico peritale. 24 APRILE 2020, N. 73 REATI E PENE. Concorso di circostanze aggravanti e attenuanti – divieto di prevalenza del vizio parziale di mente di cui all’art. 89 cod. pen. sulla recidiva reiterata di cui all’art. 99, quarto comma, cod. pen. – violazione dei principi di ragionevolezza e di proporzionalità, personalizzazione e finalità rieducativa della pena – illegittimità costituzionale parziale. Il principio di proporzionalità della pena rispetto alla gravità del reato esige che la pena sia adeguatamente calibrata, non solo al concreto contenuto di offensività del fatto di reato, ma anche al disvalore soggettivo espresso dal fatto medesimo, in relazione al quale rileva anche l’eventuale presenza di fattori che hanno influito sul processo motivazionale dell’autore, rendendolo più o meno rimproverabile. In senso conforme, cfr. Corte Cost., n. 192/2007 l’applicazione della recidiva in tanto si giustifica in quanto il nuovo delitto, commesso da chi sia già stato condannato per precedenti delitti non colposi, sia in concreto espressivo, non solo di una maggiore pericolosità criminale, ma anche di un maggior grado di colpevolezza, legato alla maggiore rimproverabilità della decisione di violare la legge penale nonostante l’ammonimento individuale scaturente dalle precedenti condanne.