RASSEGNA DELLA CORTE COSTITUZIONALE

10 APRILE 2020, N. 67 ESECUZIONE PENALE. Sospensione della esecuzione delle pene detentive brevi – esclusione nei confronti delle persone condannate per il delitto di furto in abitazione di cui all’art. 624-bis codice penale – manifesta infondatezza. Le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 656, comma 9, lettera a , del codice di procedura penale, sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 27, terzo comma, della Costituzione, dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale ordinario di Salerno, in funzione di giudice dell’esecuzione, sono manifestamente infondate, essendo già state ritenute non fondate dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 216 del 2019. In senso conforme, cfr. Corte Cost., n. 216/2019 è opportuno che il legislatore intervenga a rimediare alla incongruenza cui può dar luogo il difetto di coordinamento attualmente esistente tra la disciplina processuale e quella sostanziale relativa ai presupposti per accedere alle misure alternative alla detenzione, in relazione alla situazione dei condannati nei cui confronti non è prevista la sospensione dell’ordine di carcerazione ai sensi dell’art. 656, comma 5, cod. proc. pen., ai quali – tuttavia – la vigente disciplina sostanziale riconosce la possibilità di accedere a talune misure alternative sin dall’inizio dell’esecuzione della pena. 10 APRILE 2020, N. 66 PROCESSO PENALE. Procedimento per decreto – irrogazione di una pena pecuniaria in sostituzione di una pena detentiva – criteri di ragguaglio – previsione che il giudice, per la determinazione dell’ammontare della pena pecuniaria, deve tener conto della condizione complessiva dell’imputato e del suo nucleo familiare e che il valore giornaliero non può essere inferiore alla somma di euro 75 di pena pecuniaria per un giorno di pena detentiva e non può superare di tre volte tale ammontare – manifesta infondatezza. Le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 459, comma 1-bis, del codice di procedura penale, introdotto dall’art. 1, comma 53, della legge 23 giugno 2017, n. 103 Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all’ordinamento penitenziario , sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 27, terzo comma, della Costituzione, dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale ordinario di Macerata, sono manifestamente infondate, essendo già state esaminate e ritenute non fondate dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 155 del 2019. In senso conforme, cfr. Corte Cost., n. 155/2019 non c’è disparità di trattamento tra gli imputati giudicati con il procedimento per decreto penale da un lato, e gli imputati giudicati con il procedimento ordinario o con altri riti speciali dall’altro lato, avuto riguardo alla finalità di incentivazione della scelta del procedimento per decreto perseguita dal legislatore, il quale non ha dunque travalicato l’ampia discrezionalità di cui gode in materia di determinazione dei trattamenti sanzionatori ex plurimis, sentenze n. 40 del 2019, n. 222 del 2018 e n. 236 del 2016 così come di disciplina degli istituti processualpenalistici ex multis, sentenza n. 236 del 2018 . 10 APRILE 2020, N. 61 IMPIEGO PUBBLICO. Licenziamento disciplinare – falsa attestazione della presenza in servizio, accertata in flagranza ovvero mediante strumenti di sorveglianza o di registrazione degli accessi o delle presenze – azione di responsabilità, da parte della Procura della Corte dei conti, per danno d’immagine della pubblica amministrazione nei confronti del dipendente sottoposto ad azione disciplinare, entro tre mesi dalla conclusione della procedura di licenziamento – previsione che l’ammontare del danno risarcibile è rimesso alla valutazione equitativa del giudice e, comunque, che l’eventuale condanna non può essere inferiore a sei mensilità dell’ultimo stipendio in godimento, oltre interessi e spese di giustizia – illegittimità costituzionale. La disciplina di cui all’art. 55-quater, comma 3-quater, ultimo periodo, del d.lgs. n. 165/2001 c.d. T.U. pubblico impiego , inserito dall’art. 1, comma 1, lett. b , del d.lgs. n. 116/2016, in attuazione dell’art. 17, comma 1, lett. s , della n. 124/2015, relativa al risarcimento del danno d’immagine subito dalla p.a. in conseguenza di indebite assenze dal servizio perpetrate mediante false attestazioni o certificazioni eccede i limiti della delega conferita al Governo la materia delegata è unicamente quella attinente al procedimento disciplinare, senza che possa ritenersi in essa contenuta l’introduzione di nuove fattispecie sostanziali in materia di responsabilità amministrativa. In senso conforme, cfr. Corte Cost., n. 94/2014 la delega per il riordino concede al legislatore delegato un limitato margine di discrezionalità per l’introduzione di soluzioni innovative, le quali devono comunque attenersi strettamente ai princìpi e ai criteri direttivi enunciati dal legislatore delegante. 12 MARZO 2020, N. 52 ORDINAMENTO PENITENZIARIO. Benefici penitenziari – inapplicabilità ai condannati per il delitto di sequestro di persona a scopo di estorsione, pur se sia stata riconosciuta l’attenuante del fatto di lieve entità – denunciata irragionevolezza nonché violazione della finalità rieducativa e del principio di individualizzazione della pena – non fondatezza. La previsione di attenuanti, anche diverse da quelle della lievità del fatto, consente di adeguare la pena al caso concreto, ma non riguarda necessariamente l’oggettiva pericolosità del comportamento descritto dalla fattispecie astratta. In ogni caso, anche la concessione dell’attenuante del fatto di lieve entità è rilevante ai soli fini della determinazione della pena proporzionata al caso concreto, mentre, nella logica dell’attuale art. 4-bis, comma 1, ordin. penit., essa non risulta invece idonea a incidere, di per sé sola, sulla coerenza della scelta legislativa di ricollegare al sequestro con finalità estorsive un trattamento più rigoroso in fase di esecuzione, quale che sia la misura della pena inflitta nella sentenza di condanna. In senso conforme, cfr. Corte Cost., n. 188/2019 al tempo presente, l’unica adeguata definizione della disciplina di cui all’art. 4-bis ordin. penit. consiste nel sottolinearne la natura di disposizione speciale, di carattere restrittivo, in tema di concessione dei benefici penitenziari a determinate categorie di detenuti o internati, che si presumono socialmente pericolosi unicamente in ragione del titolo di reato per il quale la detenzione o l’internamento sono stati disposti. 12 MARZO 2020, N. 50 ORDINAMENTO PENITENZIARIO. Detenzione domiciliare – divieto di applicazione ai condannati per i reati di cui all’art. 4-bis della legge n. 354 del 1975 [nella specie condannati per rapina aggravata] – non fondatezza. Il soggetto interessato dalla preclusione della detenzione domiciliare per la particolare gravità dei reati commessi ex art. 47-ter, co. 1-bis, della legge n. 354/1975, non è solo l’autore di un determinato reato ma, in ciascun caso concreto, è persona dalla pericolosità non contenibile attraverso i presìdi tipici. In senso conforme, cfr. Corte Cost., n. 350/2003 la detenzione domiciliare, contraddistinta all’origine da finalità prevalentemente umanitarie ed assistenziali, ha visto, attraverso i successivi interventi del legislatore, ampliare notevolmente il proprio ambito di applicazione e costituisce ora una modalità di esecuzione prevista per una pluralità di ipotesi, fra loro eterogenee e, in parte, sganciate dalle condizioni soggettive del condannato.