RASSEGNA DEL CONSIGLIO DI STATO

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. IV SENTENZA 22 MARZO 2019, N. 1908 PROCEDIMENTO DISCIPLINARE FALSO. TERMINI DI IMPUGNAZIONE. Giustizia amministrativa e giustizia civile. Il tempo della scoperta della falsità è un dato rilevante nell’ordinamento processuale nel caso di sentenza di primo grado non impugnata con l’appello, la scoperta della falsità deve essere successiva alla scadenza dei termini per l’appello art. 396 c.p.c. ed il ricorso per revocazione, ai sensi dell’art. 395, comma 1, n. 2, deve contenere la data della scoperta della falsità art. 398, comma 2, c.p.c. . Da tale assetto normativo discende che il termine per l’azione di inesistenza o nullità di un provvedimento non può decorrere dal passaggio in giudicato della sentenza dichiarativa di falso. Per consentire, insieme, l’accertamento della falsità del documento e la certezza dei rapporti giuridici che deriva dalla intangibilità degli atti non contestati, l’ordinamento ha contemperato i due valori della verità e della certezza mediante la regolamentazione processuale, escludendo il rilievo a tempo indeterminato della falsità. CONSIGLIO DI STATO, SEZ. III SENTENZA 21 MARZO 2019, N. 1861 CITTADINO EXTRACOMUNITARIO. RICHIESTA RINNOVO PERMESSO DI SOGGIORNO. Quando la partecipazione procedimentale è indispensabile. La comunicazione disciplinata dall’art. 10-bis della l. n. 241 del 1990 ha la funzione di sollecitare il leale contraddittorio fra l’amministrazione e il privato istante nella fase predecisionale del procedimento e rappresenta un arricchimento delle garanzie partecipative degli interessati in chiave collaborativa e, per quanto possibile, deflattiva del contenzioso giurisdizionale e giustiziale. A corollario di tale principio si è giunti altresì a precisare che, affinché il preavviso di rigetto dell’istanza possa adeguatamente svolgere il ruolo che il legislatore le ha assegnato, non può ammettersi che la motivazione del provvedimento finale negativo si fondi su ragioni estranee a quelle già comunicate con il preavviso di diniego e la possibilità, per l’amministrazione, di riaprire la fase istruttoria a seguito delle osservazioni ricevute ovvero di prendere in esame fatti nuovi sopravvenuti deve pur sempre reputarsi condizionata alla preventiva corretta instaurazione del contraddittorio procedimentale con l’interessato, comportante, se del caso, il rinnovo del preavviso. Nel caso specifico erano state contestate irregolarità a delle fatture che l’Agenzia delle entrate aveva invece considerato in regola. CONSIGLIO DI STATO, SEZ. III SENTENZA 20 MARZO 2019, N. 1837 RICHIESTA CITTADINANZA. MOTIVI OSTATIVI. L’illegittimità del diniego al riconoscimento della cittadinanza per fatti che la legge non riconosce espressamente. La guida in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di sostanze psicotrope, pur costituendo una condotta illecita rispettivamente sanzionata a livello contravvenzionale dagli artt. 186 e 187 del codice della strada, non può ritenersi in sé ostativa al riconoscimento della cittadinanza, soprattutto ove sia intervenuta riabilitazione, se la condotta, per le concrete modalità della condotta e per tutte le circostanze del caso, non denoti un effettivo sprezzo delle più elementari regole di civiltà giuridica, ma costituisca un isolato episodio, non ascrivibile a deliberato, pervicace, atteggiamento antisociale o ad una ostinata, ostentata, ribellione alle regole dell’ordinamento. L’amministrazione, nel riconoscere la cittadinanza ai sensi dell’art. 9 l. n. 91/1992, è chiamata insomma ad effettuare una delicata valutazione in ordine alla effettiva e complessiva integrazione dello straniero nella società, ma non può limitarsi, pur nel suo ampio apprezzamento discrezionale, ad un giudizio sommario, superficiale ed incompleto, ristretto alla mera considerazione di un fatto risalente, per quanto sanzionato penalmente, senza contestualizzarlo all’interno di una più ampia e bilanciata disamina che tenga conto dei suoi legami familiari, della sua attività lavorativa, del suo reale radicamento al territorio, della sua complessiva condotta che, per quanto non totalmente irreprensibile sul piano morale, deve comunque mostrare, perlomeno e indefettibilmente, una convinta adesione ai valori fondamentali dell’ordinamento, di cui egli chiede di far parte con il riconoscimento della cittadinanza. CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI SENTENZA 19 MARZO 2019, N. 1815 COMUNICAZIONI ELETTRONICHE E TELEFONIA MOBILE. Il divieto di estensione analogica per l’attività non regolamentata. Comunicazioni elettroniche e stazioni radio base per telefonia mobile. Illegittimo il diniego opposto dal Comune di Roma che fa di tutta l’erba un fascio. Perché se la regolamentazione specifica è limitata alla tipologia per la telefonia mobile non può automaticamente estendersi alle altre tipologie di impianti radioelettrici. Il regolamento del Comune di Roma, in sostanza, rispetto all’astratto potere, conferito dalla norma, di disciplinare gli impianti - cioè tutti quelli espressamente e distintamente elencati dall’art. 8, comma 6, l. n. 36/2001 ha ad espresso oggetto solo una delle tipologie indicate dalla legge come possibile oggetto di disciplina, quelli di telefonia mobile. In disparte della coerenza e legittimità di tale regolamentazione rispetto al servizio di telefonia mobile, non appare possibile estendere in via interpretativa una disciplina speciale e limitativa al di fuori del proprio specifico e predeterminato campo di applicazione.