RASSEGNA DEL CONSIGLIO DI STATO

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V SENTENZA 27 GIUGNO 2018, N. 3940 PROVVEDIMENTO AMPLIATIVO. TUTELA AFFIDAMENTO. Le posizioni di vantaggio conseguite in mala fede non sono salvaguardate. L’art. 21 nonies della l. n. 241/1990 va interpretato nel senso che il superamento del rigido termine di diciotto mesi è consentito a sia nel caso in cui la falsa attestazione, inerente i presupposti per il rilascio del provvedimento ampliativo, abbia costituito il frutto di una condotta di falsificazione penalmente rilevante indipendentemente dal fatto che siano state all’uopo rese dichiarazioni sostitutive nel qual caso sarà necessario l’accertamento definitivo in sede penale b sia nel caso in cui l’ acclarata erroneità dei ridetti presupposti risulti comunque non imputabile neanche a titolo di colpa concorrente all’Amministrazione, ed imputabile, per contro, esclusivamente al dolo equiparabile, per solito, alla colpa grave e corrispondente, nella specie, alla mala fede oggettiva della parte nel qual caso – non essendo parimenti ragionevole pretendere dalla incolpevole Amministrazione il rispetto di una stringente tempistica nella gestione della iniziativa rimotiva – si dovrà esclusivamente far capo al canone di ragionevolezza per apprezzare e gestire la confliggente correlazione tra gli opposti interessi in gioco. CONSIGLIO DI STATO, SEZ. IV SENTENZA 26 GIUGNO 2018, N. 3930 VIABILITA’ E STRUMENTI URBANISTICI Vincoli espropriativi e di inedificabilità. L’indicazione delle opere di viabilità contenute nel P.R.G. riconducibili alle previsioni programmatiche di cui all’art. 7 comma 2 n. 1 della legge n. 1150/1942 implica non già un puntuale vincolo espropriativo, assoggettato a decadenza, sebbene un ordinario vincolo d’inedificabilità, salvo che, in via del tutto eccezionale non possa inferirsi che si tratti in realtà di un tipo di viabilità assimilabile a quella interna alle singole zone, e come tale integri un vincolo espropriativo. CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI SENTENZA 25 GIUGNO 2018, N. 3913 AUTORIZZAZIONE PAESAGGISTICA. MOTIVAZIONE. ANNULLAMENTO Stabilimenti balneari e rimozione invernale delle attrezzature. Legittimo l’annullamento dell’autorizzazione paesaggistica disposta dalla Soprintendenza se il Comune non ha adeguatamente motivato il provvedimento circa la natura maggiormente impattante o meno del mantenimento della struttura per l’intero periodo annuale, rispetto alla sua limitazione al periodo stagionale. Nel caso specifico, nell’autorizzazione comunale non era dato rinvenire accenno specifico alcuno alla questione della natura impattante – sotto uno specifico profilo paesaggistico rapportato ai valori tutelati dal vincolo – della permanenza in loco dell’opera in questione per tutto il periodo annuale, se non l’affermazione apodittica e tautologica che l’aspetto paesaggistico dell’intervento proposto non altera l’equilibrio architettonico dell’ambiente circostante , mentre irrilevante è stato considerato, peraltro, ai fini dell’esclusione del rilevato vizio di carenza motivazionale e d’istruttoria , che siano state impartite delle ‘prescrizioni’ circa le modalità di esecuzione dell’opera, costituenti un posterius rispetto alla valutazione di compatibilità paesaggistica, nella specie priva di adeguata motivazione. CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V SENTENZA 22 GIUGNO 2018, N. 3886 LAVORO PUBBLICO. DIFFERENZA STIPENDIALE Decorrenza termini nel caso di ricorso. La fonte del credito non è costituita dal decreto di inquadramento, ma dal giudicato amministrativo che ha disposto il reinquadramento del dipendente nella qualifica superiore, con effetti decorrenti dalla data in cui avrebbe dovuto essere riconosciuto la qualifica superiore a nulla rilevando che l’effettivo atto di ottemperanza sia stato adottato soltanto successvamente e ciò in virtù di un basilare principio per cui i tempi per la tutela giurisdizionale delle proprie posizioni giuridiche non devono andare a danno del ricorrente che ha ragione, non potendo la scelta dell’amministrazione di procrastinare la corresponsione delle somme dovute risolversi in un pregiudizio patrimoniale per il dipendente.