RASSEGNA DEL CONSIGLIO DI STATO

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. IV SENTENZA 9 FEBBRAIO 2018, N. 840 LEGITTIMAZIONE. VICINITAS. INTERPRETAZIONE. Destinazione urbanistica. Ai fini della legittimazione all’impugnazione di uno strumento urbanistico, le cui previsioni consentono l’insediamento o, come nel caso posto all’attenzione della Sezione, la conservazione di un’attività, il noto criterio della vicinitas deve intendersi integrato ogni qualvolta l’interessato possa allegare un collegamento con l’area normata tale da configurare in via astratta un interesse positivo ad una diversa conformazione della zona Appartiene invece al tema dell’interesse ad agire la individuazione di uno specifico e concreto pregiudizio collegato all’assetto urbanistico-edilizio impresso dalla previsione dello strumento urbanistico generale. Nel fatto in questione, il ricorrente in primo grado, proprietario di un immobile residenziale, che prospetta, da posizione sopraelevata, direttamente su un vallone, in ragione di tale collegamento spaziale ha non solo piena legittimazione bensì interesse a contrastare prescrizioni urbanistiche che risultino in contrasto con sovraordinate previsioni che ammettano soltanto determinate destinazioni ritenute coerenti con i valori ambientali della zona, e quindi maggiormente idonee a salvaguardare quei valori. E’ affatto intuitiva la differenza tra l’insediamento di attività artigianali o produttive connesse all’agricoltura e al contrario di attività produttive e commerciali di ben altro impatto quale appunto, nel caso di specie, un impianto per la produzione e la vendita di calcestruzzo e materiale edile , con riflessi evidenti in termini di immissioni e traffico veicolare pesante. CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI SENTENZA 9 FEBBRAIO 2018, N. 837 IMPRESE ASSICURATIVE ESTERE. REQUISITI. Attività di vigilanza. L’IVASS, Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni, non ha nessuna competenza per valutare la reputazione dell’azionista di riferimento di una società assicurativa avente sede in Romania, spettando in via esclusiva alle autorità competenti dello Stato membro di origine la verifica sul se una impresa di assicurazioni soddisfi la condizione relativa alla onorabilità dei suoi dirigenti. In tal senso si è espressa la Corte di giustizia, secondo la quale la direttiva 92/49 dev’essere interpretata nel senso che osta a che le autorità di vigilanza di uno Stato membro assumano in via d’urgenza, nei confronti di un’impresa di assicurazione diretta diversa dall’assicurazione sulla vita che opera sul territorio di tale Stato membro in regime di libera prestazione di servizi, a tutela degli interessi degli assicurati e degli altri possibili beneficiari delle polizze assicurative sottoscritte, provvedimenti, come il divieto di stipulare nuovi contratti su tale territorio, fondati sulla carenza, originaria o meno, discrezionalmente valutata, di un requisito soggettivo previsto per il rilascio dell’autorizzazione necessaria all’esercizio dell’attività assicurativa, quale il requisito relativo alla reputazione. Nel caso posto all’attenzione della VI Sezione, l’IVASS, quale autorità di vigilanza dello Stato ospitante, aveva adottato in via di urgenza, un provvedimento di divieto di stipula di nuovi contratti sul territorio dello Stato italiano, fondato sulla ritenuta carenza, in radice, in capo all’azionista di riferimento, del requisito soggettivo autorizzatorio costituito dalla reputazione, idonea a garantire una sana e prudente gestione della società. CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI SENTENZA 7 FEBBRAIO 2018, N. 778 APPALTO DI SERVIZI. NOMINA RUP. Principi generali sul procedimento. Non prevedendo l’art. 31 del Codice dei contratti una specifica disciplina da applicarsi alla ipotesi in cui non vi sia stata, nel corso del procedimento selettivo, una formale nomina del responsabile unico del procedimento, risulta applicabile in tal caso la regola generale della l. 241/1990, in particolare propria della previsione recata nell’art. 5, in virtù della quale, nel caso di mancata nomina di un funzionario quale responsabile del procedimento, deve intendersi che tale funzione sia attribuita automaticamente e naturalmente” al dirigente responsabile dell’ufficio e del procedimento ovvero al funzionario che detto ufficio dirige nel caso in cui l’organigramma dell’ente-stazione appaltante non preveda, in pianta organica, la presenza di posizioni dirigenziali . La Sezione ha quindi affermato che, anche nella vigenza del nuovo ‘Codice’ dei contratti pubblici, nel caso di mancata nomina espressa di un responsabile unico del procedimento, deve intendersi automaticamente assunta tale funzione dal dirigente o dal funzionario responsabile dell’ufficio, senza che la mancata espressione manifesta e formale della nomina del responsabile unico del procedimento si possa tradurre in un vizio invalidante della procedura, né possa costituire, come è avvenuto nel caso posto alla sua attenzione, una valida ragione per disporre l’annullamento degli atti di una gara. CONSIGLIO DI STATO, SEZ. III SENTENZA 6 FEBBRAIO 2018, N. 769 COMMISSIONE CENTRALE PER GLI ESERCENTI LE PROFESSIONI SANITARIE. Indipendenza decisionale. Premesso che la composizione della Commissione è e continua a rimanere disciplinata, dall’art. 17 del d. lgs. C.p.S. n. 233 del 1946, senza che sul punto sia necessario, per il suo perdurante funzionamento, alcun intervento normativo a rimodulare la composizione della Commissione, il cui numero si è ridotto da nove a sette membri a seguito della sentenza Corte Cost. 215/2016, la scelta di un nuovo intervento legislativo, può forse sembrare opportuna, anche alla luce di una sensibilmente mutata temperie storica che ha visto, già due anni dopo l’istituzione della Commissione nel 1946, l’entrata in vigore della Costituzione, ma non necessaria, allo stato, garantendo l’attuale formulazione dell’art. 17, un regolare funzionamento della stessa con la composizione di sette e non più di nove membri. Tuttavia, la presenza di dirigenti del Ministero della Salute, all’interno della Commissione, ancorché designati dal Consiglio Superiore di Sanità ai sensi dell’art. 17, comma 1, del d. lgs. C.p.S. n. 233 del 1946 nel testo risultante dalla pronuncia citata, è illegittima per l’assenza, ancora una volta e per le stesse ragioni di sostanza evidenziate dalla Corte nella sentenza, delle necessarie garanzie atte ad assicurare, per detti componenti, la loro autonomia decisoria, potendo essi essere anche assoggettati a revoca del loro mandato o, indubitabilmente, ad azione disciplinare da parte del Ministero della Salute per eventuali voti o giudizi espressi in seno alla Commissione. In sostanza, della Commissione potranno, e dovranno, fare parte componenti designati dal Consiglio Superiore di Sanità tra i suoi numerosi membri, che però non siano soggetti al potere disciplinare del Ministero della Salute, in conformità a quanto stabilito alla sentenza n. 215 del 7 ottobre 2016 della Corte costituzionale, sì da assicurare le necessarie guarentigie di imparzialità e di indipendenza rispetto al Ministero della Salute nell’esercizio delle proprie delicate funzioni quali componenti della Commissione CONSIGLIO DI STATO, SEZ. III SENTENZA 5 FEBBRAIO 2018, N. 744 CANDIDABILITA’ DEI SINDACI IN PROVINCIA. Scadenza mandato. Termini. L’art. 1, comma 60, l. 7 aprile 2014, n. 56, secondo cui sono eleggibili a presidente della provincia i sindaci della provincia il cui mandato scada non prima di diciotto mesi dalla data di svolgimento delle elezioni, ha carattere precettivo, con la conseguenza che non è possibile la candidatura di sindaci con meno di diciotto mesi di mandato residui. Peraltro, ha sottolineato la Sezione, la norma non è sospetta di incostituzionalità. Ciò in quanto la ratio dell’art. 1, comma 60, l. 7 aprile 2014, n. 56, è di assicurare stabilità all’organo presidente della provincia, il quale è eletto tra i sindaci e cessa con il venir meno del mandato sindacale comma 65 . La finalità che la norma consente di conseguire è di evitare di dover ripetere le elezioni prima che sia trascorso il periodo di diciotto mesi, con ciò contenendo la frequenza delle tornate elettorali e tendenzialmente diminuendo le risorse necessarie allo svolgimento delle competizioni nonché gli eventuali ulteriori inconvenienti che possono presumersi connessi all’esistenza di una campagna elettorale c.d. permanente. In definitiva, la previsione del requisito è orientata dal principio di buon andamento dell’organizzazione amministrativa art. 97 Cost. . Inoltre, ha osservato ancora il Collegio, va considerato che l’esistenza di un mandato sindacale residuo avente una durata minima costituisce indice presuntivo della permanenza di un legame con l’elettorato locale di cui il presidente è stato espressione, e con esso di rappresentatività politica. Non può negarsi che il requisito possa comportare una compressione della potenziale rappresentatività degli organi di governo delle organizzazioni territoriali locali, che costituisce esplicazione del principio democratico sancito dall’art. 1 Cost Tuttavia, sempre ad avviso del Consiglio di Stato, tale potenziale compressione è il frutto di una scelta del Legislatore, che non risulta irragionevole, alla luce delle finalità suindicate, e considerando che si tratta di eleggere un organo provinciale c.d. di secondo livello e che quindi, in certa misura, l’esplicazione della sovranità popolare e del principio democratico può ritenersi garantita a monte, nel corretto svolgimento delle elezioni degli organi comunali chiamati poi a loro volta a votare quelli provinciali.