RASSEGNA DELLA CORTE COSTITUZIONALE

17 LUGLIO 2017, N. 208 PROCESSO PENALE. Sospensione del procedimento per incapacità dell’imputato – revoca dell’ordinanza di sospensione – procedimento di prevenzione – non fondatezza. Se la natura del procedimento per l’applicazione della confisca è tale da non comportare necessariamente l’autodifesa da parte del proposto, al punto che esso può avviarsi nei confronti dei terzi successori, non si vede ragione costituzionalmente ineludibile per sospendere il procedimento in caso di incapacità del proposto stesso. L’esercizio del diritto di difesa è infatti legittimamente garantito da parte del tutore o del curatore, una volta chiarito che si può prescindere dalla partecipazione personale del proposto. In senso conforme, cfr. Corte Cost., n. 306/1997 quando viene in gioco il bene supremo della libertà della persona, suscettibile di essere pesantemente inciso da una misura di prevenzione personale, neppure le spiccate peculiarità del procedimento di prevenzione consentono che esso sia sottratto al patrimonio comune delle garanzie normative essenziali, correlate alle diverse caratteristiche procedimentali. 17 LUGLIO 2017, N. 207 REATI E PENE. Esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto – mancata estensione alla fattispecie di cui all’art. 648, comma secondo, cod. pen. [ipotesi attenuata del reato di ricettazione] in ragione del limite massimo della pena astrattamente superiore a cinque anni – non fondatezza. Il limite di cinque anni relativo alla causa di non punibilità previsto dall’art. 131-bis cod. pen. non può considerarsi, né irragionevole, né arbitrario. Infatti, rientra nella logica del sistema penale che, nell’adottare soluzioni diversificate, vengano presi in considerazione determinati limiti edittali, indicativi dell’astratta gravità dei reati e l’individuazione di tali limiti è frutto di un apprezzamento che spetta al legislatore. In senso conforme, cfr. Corte Cost., n. 140/2009 l’estensione di cause di non punibilità, le quali costituiscono altrettante deroghe a norme penali generali, comporta strutturalmente un giudizio di ponderazione a soluzione aperta tra ragioni diverse e confliggenti, in primo luogo quelle che sorreggono la norma generale e quelle che viceversa sorreggono la norma derogatoria un giudizio che appartiene primariamente al legislatore. 17 LUGLIO 2017, N. 206 PROCESSO PENALE. Dibattimento – nuove contestazioni – modifica dell’imputazione – facoltà dell’imputato di richiedere l’applicazione della pena a norma dell’art. 444 c.p.p., relativamente al fatto diverso, emerso nel corso dell’istruzione dibattimentale, che forma oggetto di nuova contestazione – illegittimità costituzionale parziale. L’art. 516 c.p.p. è costituzionalmente illegittimo nella parte in cui non prevede la facoltà dell’imputato di richiedere il patteggiamento al giudice del dibattimento, relativamente al fatto diverso emerso nel corso dell’istruzione dibattimentale, che forma oggetto della nuova contestazione. In senso conforme, cfr. Corte Cost., n. 273/2014 è costituzionalmente illegittimo l’art. 516 c.p.p. nella parte in cui non prevede la facoltà dell’imputato di richiedere al giudice del dibattimento il giudizio abbreviato relativamente al fatto diverso emerso nel corso dell’istruzione dibattimentale, che forma oggetto della nuova contestazione e la cui sussistenza non era in alcun modo desumibile prima dell’istruttoria. 17 LUGLIO 2017, N. 205 REATI E PENE. Concorso di circostanze aggravanti e attenuanti – divieto di prevalenza della circostanza attenuante ad effetto speciale di cui all’art. 219, u.c., del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 [Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell’amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa] sull’aggravante della recidiva reiterata di cui all’art. 99, quarto comma, cod. pen. – illegittimità costituzionale parziale. Va dichiarata l’incostituzionalità, per contrasto con i principi di uguaglianza, di ragionevolezza e proporzionalità della pena, dell’art. 69, co. 4, cod. pen., come sostituito dall’art. 3 della legge n. 251/2005, nella parte in cui stabilisce il divieto di prevalenza della circostanza attenuante di cui all’art. 219, co. 3, del regio decreto n. 267/1942 Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell’amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa sulla recidiva reiterata, prevista dall’art. 99, co. 4, cod. pen In senso conforme, cfr. Corte Cost., n. 251/2012 va dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 69, co. 4, cod. pen, nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza della circostanza attenuante di cui all’art. 73, co. 5, del D.P.R. n. 309/1990 Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti sulla recidiva di cui all’art. 99, co. 4, cod. pen Infatti, il giudizio di bilanciamento tra circostanze eterogenee consente al giudice di valutare il fatto in tutta la sua ampiezza circostanziale deroghe al bilanciamento però sono possibili e rientrano nell’ambito delle scelte del legislatore, e sono sindacabili nel giudizio di legittimità costituzionale solo ove trasmodino nella manifesta irragionevolezza, che nel caso di specie è resa evidente dall’enorme divaricazione delle cornici edittali stabilite dal legislatore per il reato circostanziato e per la fattispecie base prevista dal primo comma dell’art. 73. Inoltre la disciplina censurata, nel precludere la prevalenza delle circostanze attenuanti sulla recidiva reiterata, realizza una deroga rispetto al principio di proporzionalità della pena, la quale diviene adeguata al caso di specie anche per mezzo dell’applicazione delle circostanze. 14 LUGLIO 2017, N. 199 CONTENZIOSO TRIBUTARIO. Appello alla Commissione tributaria regionale – facoltà delle parti di produrre nuovi documenti – non fondatezza. La previsione che un’attività probatoria possa essere esperita in appello non è di per sé irragionevole, poiché il regime delle preclusioni in tema di attività probatoria come la produzione di un documento mira a scongiurare che i tempi della sua effettuazione siano procrastinati per prolungare il giudizio, mentre la previsione della producibilità in secondo grado costituisce un temperamento disposto dal legislatore sulla base di una scelta discrezionale, come tale insindacabile. In senso conforme, cfr. Corte Cost., n. 401/2000 la possibilità che l’attività probatoria rimasta preclusa nel giudizio di primo grado sia esperibile in appello non può dirsi in contrasto con l’art. 24 della Costituzione sotto il profilo dell’asserita costrizione alla instaurazione del gravame per produrre il documento non tempestivamente depositato, poiché il diritto di difesa ben può essere assoggettato a limitazioni e condizioni, entro il limite della ragionevolezza, che non può dirsi valicato allorché il suo esercizio è condizionato da una libera scelta della parte che, pur potendo produrre il documento entro il termine ex art. 184 c.p.c., non lo ha fatto. 13 LUGLIO 2017, N. 180 STATO CIVILE. Rettificazione giudiziale di attribuzione di sesso – possibilità subordinata alle intervenute modificazioni dei caratteri sessuali della persona istante – conseguente ritenuta necessità che quest’ultima si sottoponga previamente alla modificazione dei propri caratteri sessuali primari mediante intervento chirurgico demolitivo e ricostruttivo – non fondatezza. L’interpretazione costituzionalmente conforme della legge n. 164/1982 consente di escludere che la rettificazione di attribuzione di sesso sia condizionata dal requisito dell’intervento chirurgico di normoconformazione. E tuttavia ciò non esclude affatto, ma anzi avvalora, la necessità di un accertamento rigoroso, non solo della serietà e univocità dell’intento, ma anche dell’intervenuta oggettiva transizione dell’identità di genere. In senso conforme, cfr. Corte Cost., n. 221/2015 la legge n. 164/1982, in tema di rettificazione degli atti anagrafici per la modifica del sesso, deve essere interpretata nel senso che il trattamento chirurgico modificativo dei caratteri sessuali primari non costituisce prerequisito per accedere al procedimento di rettificazione, ma è solo un possibile mezzo, rimesso alla scelta del soggetto che chiede la rettificazione, funzionale al conseguimento di un pieno benessere psicofisico. 13 LUGLIO 2017, N. 178 PROCESSO PENALE. Patrocinio a spese dello Stato – compensi per il consulente tecnico della parte ammessa al patrocinio a carico dell’Erario – prevista riduzione di un terzo degli importi spettanti – esclusione di tale riduzione in caso di applicazione di previsioni tariffarie non adeguate – illegittimità costituzionale parziale. L’art. 106-bis del d.P.R. n. 115/2002 Testo unico in materia di spese di giustizia − Testo A , introdotto dall’art. 1, co. 606, lett. b , della legge n. 147/2013 c.d. legge di stabilità 2014 , è costituzionalmente illegittimo nella parte in cui non esclude che la diminuzione di un terzo degli importi spettanti ai consulenti tecnici di parte dell’imputato ammesso al gratuito patrocinio sia operata in caso di applicazione di previsioni tariffarie non aggiornate. In senso conforme, cfr. Corte Cost., n. 192/2015 è costituzionalmente illegittimo, per violazione dell’art. 3 Cost., l’art. 106-bis del D.P.R. n. 115/2002, come introdotto dall’art. 1, co. 606, lett. b , della legge n. 147/2013, nella parte in cui non esclude che la diminuzione di un terzo degli importi spettanti all’ausiliario del magistrato sia operata in caso di applicazione di previsioni tariffarie non adeguate a norma dell’art. 54 dello stesso D.P.R. n. 115/2002. L’intervento di riduzione dei compensi spettanti doveva tener conto dell’aggiornamento triennale, previsto dal summenzionato art. 54, in relazione alla variazione, accertata dall’ISTAT, dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati. Tale adeguamento, tuttavia, non risulta essere attuato da oltre un decennio, comportando, in tal guisa, l’irragionevolezza della scelta legislativa di riduzione della spesa erariale in materia di giustizia. 13 LUGLIO 2017, N. 176 PRIVILEGIO, PEGNO E IPOTECA. Disciplina dei privilegi erariali introdotta dal decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 – crediti dello Stato per le imposte e le sanzioni dovute secondo le norme in materia di IRPEF, IRPEG, IRES, IRAP e ILOR, assistiti da privilegio generale mobiliare ai sensi del novellato art. 2752, primo comma, cod. civ. – collocazione sussidiaria, in caso di infruttuosa esecuzione sui mobili, sul prezzo degli immobili, con preferenza rispetto ai crediti chirografari – estensione di tale regime ai crediti sorti in data anteriore al 6 luglio 2011 – illegittimità costituzionale. L’estensione, in via sussidiaria, sul prezzo degli immobili, del privilegio già accordato sui beni mobili ai crediti dello Stato per le imposte dirette, sorti anteriormente alla data di entrata in vigore della legge di riforma, previsto dal combinato disposto dell’art. 2776, co. 3, cod. civ., così come modificato dall’art. 23, co. 39, del decreto legge n. 98/2011 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 111/2011 , nonché dello stesso art. 23, co. 39, del decreto legge n. 98/2011, come convertito, determina un’indebita ingerenza sullo svolgimento del processo esecutivo ed un orientamento della soddisfazione dei crediti tributari in favore dello Stato a detrimento del legittimo affidamento riposto dagli altri creditori, senza che sussistano motivi imperativi di interesse generale che lo giustifichino. In senso conforme, cfr. Corte Cost., n. 170/2013 l’art. 23, 37° comma, ultimo periodo, e 40° comma del decreto legge n. 98/2011 disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria , che ha esteso, con efficacia retroattiva, il privilegio generale sui beni mobili del debitore ai crediti erariali derivanti dall’IRES e dalle sanzioni dovute sulla base delle disposizioni in materia di imposte dirette è costituzionalmente illegittimo per violazione degli artt. 3 e 117, 1° comma, Cost., in relazione all’art. 6 della CEDU.