RASSEGNA TAR

Violenti litigi coniugali sono incompatibili con il possesso di armi. In materia di licenze di polizia, l’intervento della forza pubblica nella casa coniugale, su segnalazione di violento litigio, è di per sé un riscontro oggettivo, grave e decisivo nell’indirizzare l’esercizio del potere discrezionale della Questura nell’ottica di un intervento volto prudenzialmente a scongiurare un uso improprio delle armi detenute da uno dei due soggetti coinvolti nella lite un grave stato di tensione esistente tra marito e moglie non è, come tale, compatibile con il possesso di armi. Il Tribunale ha affermato che un grave stato di tensione esistente tra marito e moglie non è, come tale, compatibile con il possesso di armi. La pronuncia ha infatti posto in rilievo che nel provvedimento di revoca della licenza di porto di fucile ad uso caccia, il Questore deve dare atto del presupposto di fatto da cui sia partita la valutazione di non affidabilità compiuta in relazione ad elementi di valutazione tratti da riscontri oggettivi. Nella specie, il ricorrente aveva chiesto l’accertamento dell’illegittimità del silenzio tenuto dal Prefetto in relazione al ricorso gerarchico presentato avverso il decreto di revoca della licenza di porto di fucile uso caccia, asserendo la violazione dell’art. 6 d.P.R. n. 1199/1971, oltre che il difetto di istruttoria e di motivazione afferenti al provvedimento di revoca. La Sezione ha anzitutto disposto la conversione dell’azione di silenzio proposta in azione di annullamento del provvedimento di revoca, in quanto il silenzio tenuto dal Prefetto sul ricorso amministrativo ha valore di limite di legge oltre il quale, al dichiarato fine acceleratorio dei procedimenti, l’interessato non è tenuto ad attendere l’esito del ricorso amministrativo da lui stesso promosso e può senz’altro adire il giudice per tutelarsi in sede di legittimità contro l’atto amministrativo reputato lesivo” cfr., tra le altre, Cons. di Stato Sent. 1920/2014 . Inoltre, riguardo all’asserita assenza di adeguata istruttoria e motivazione, il Collegio ha rilevato che la valutazione operata dall’amministrazione – che in materia di armi gode di ampia discrezionalità – non prestava il fianco a censure di eccesso di potere, giacché nel provvedimento di revoca della licenza di porto di fucile ad uso caccia il Questore dava atto del presupposto di fatto da cui era partita la valutazione di non affidabilità intervento della forza pubblica nell’abitazione del ricorrente, a seguito di una violenta lite tra lo stesso e l’ex coniuge , nonché del giudizio finale sul grave stato di tensione esistente tra marito e moglie, come tale non compatibile con il possesso di armi. Ciò posto, il TAR – considerato che la richiesta di archiviazione da parte del Pubblico Ministero del procedimento penale aperto a carico di entrambi i coniugi il marito per maltrattamenti e violenza sessuale, la moglie per minacce, lesioni e ingiurie non incideva in alcun modo sull’accertata e oggettiva tensione esistente tra i coniugi in via di separazione – ha pertanto respinto il ricorso, in quanto dalla serie costante ed incresciosa di litigi – attuati su un piano di parità e volti verosimilmente ad ottenere condizioni economiche più vantaggiose all’atto della separazione – e dall’intervento della forza pubblica in casa ne derivava il corretto giudizio di inaffidabilità operato dall’amministrazione, atteso che un grave stato di tensione esistente tra marito e moglie non è, come tale, compatibile con il possesso di armi.