RASSEGNA DELLA CORTE COSTITUZIONALE

10 MARZO 2016, N. 52 CONFESSIONI RELIGIOSE. Intese tra lo Stato e le confessioni religiose diverse dalla cattolica – deliberazione del Consiglio dei Ministri di diniego alla richiesta di apertura delle trattative formulate dall’Unione degli atei e degli agnostici razionalisti – sentenza delle Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione, con la quale è stato respinto, per motivi di giurisdizione, il ricorso proposto dal Presidente del Consiglio dei Ministri avverso la decisione del Consiglio di Stato che aveva affermato la sindacabilità del giudice amministrativo della suddetta deliberazione del Consiglio dei ministri – conflitto di attribuzione tra i poteri dello Stato – accoglimento. Nel nostro ordinamento, per ragioni istituzionali e costituzionali, non è configurabile una pretesa giustiziabile all’avvio delle trattative preordinate alla conclusione di un’intesa ex art. 8, terzo comma, Cost Spetta, infatti, al Consiglio dei ministri valutare l’opportunità di avviare trattative con una determinata associazione, al fine di addivenire, in esito ad esse, alla elaborazione bilaterale di una speciale disciplina dei reciproci rapporti. Di tale decisione – e, in particolare, della decisione di non avviare le trattative – il Governo può essere chiamato a rispondere politicamente di fronte al Parlamento, ma non in sede giudiziaria. Pertanto, non spetta alla Corte di Cassazione affermare la sindacabilità, da parte dei giudici comuni, del diniego opposto dal Consiglio dei ministri alla richiesta del soggetto interveniente di avviare le trattative finalizzate alla conclusione dell’intesa, ai sensi dell’art. 8, terzo comma, Cost In senso conforme, cfr. Corte Cost., n. 346/2002 in una situazione normativa in cui la stipulazione delle intese è rimessa, non solo alla iniziativa delle confessioni interessate, ma anche al consenso del Governo, quest’ultimo non è vincolato a norme specifiche per quanto riguarda l’obbligo, su richiesta della confessione, di negoziare e di stipulare l’intesa. 10 MARZO 2016, N. 51 AMBIENTE. Misure urgenti in materia ambientale e per la mitigazione del dissesto idrogeologico introdotte dal decreto legge 12/09/2014 n. 133 c.d. sblocca Italia” – previsione che qualora gli enti locali non aderiscono agli enti di governo dell’ambito, individuati ai sensi del comma 1 entro il termine fissato dalle Regioni e dalle Province autonome e, comunque, non oltre sessanta giorni dalla delibera di individuazione, il Presidente della Regione stessa esercita, previa diffida all’ente locale ad adempiere entro ulteriori trenta giorni, i poteri sostitutivi, ponendo le relative spese a carico dell’ente inadempiente – illegittimità costituzionale parziale. Lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige attribuisce alla Provincia autonoma di Trento competenza legislativa primaria in materia di acquedotti e lavori pubblici di interesse provinciale art. 8, numero 17 , assunzione diretta di servizi pubblici e loro gestione mediante aziende speciali art. 8, numero 19 , urbanistica art. 8, numero 5 ed opere idrauliche art. 8, numero 24 , nonché competenza legislativa concorrente in tema di utilizzazione delle acque pubbliche , igiene e sanità art. 9, numeri 9 e 10 . Muovendo dalla ricognizione complessiva e sistematica delle menzionate attribuzioni statutarie e delle relative norme di attuazione, la Corte Costituzionale ha riconosciuto in più occasioni in capo alla Provincia autonoma di Trento una competenza primaria in materia di organizzazione del servizio idrico, comprensiva della sua organizzazione e della sua programmazione, nonché dell’individuazione dei criteri di determinazione delle tariffe ad esso inerenti. L’art. 7, co. 1, lett. b , n. 2 , del decreto-legge n. 133/2014 Misure urgenti per l’apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l’emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive , convertito, con modificazioni, dall’art. 1, co. 1, della legge n. 164/2014 – presupponendo l’applicazione del modello di gestione del servizio idrico integrato dettato dal d.lgs. n. 152/2006 anche sul territorio delle province autonome – ha senza dubbio invaso un ambito che è precluso all’intervento del legislatore statale in ragione delle richiamate competenze statutarie. La disposizione impugnata è, quindi, costituzionalmente illegittima limitatamente alle parole e dalle province autonome . In senso conforme, cfr. Corte Cost., n. 357/2010 la riforma del Titolo V della Parte II della Costituzione, in forza del principio ricavabile dall’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, non restringe la sfera di autonomia già spettante alla Provincia autonoma, con la conseguenza che la competenza legislativa in ordine al servizio idrico integrato nella Provincia di Trento, riconosciuta alla Provincia dalla precedente normativa statutaria, non è stata sostituita dalla competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela della concorrenza e di tutela dell’ambiente.