RASSEGNA TAR

TAR SICILIA, CATANIA, SEZ. I 18 GENNAIO 2013, N. 159 EDILIZIA ‒ PERMESSO DI COSTRUIRE ‒ EFFICACIA TEMPORALE E DECADENZA. Rinuncia al permesso di costruire e restituzione delle somme per gli oneri di urbanizzazione. Allorché il privato rinunci o non utilizzi il permesso di costruire ovvero anche quando sia intervenuta la decadenza del titolo edilizio, sorge in capo alla p.a., anche ex artt. 2033 o, comunque, 2041 c.c., l’obbligo di restituzione delle somme corrisposte a titolo di contributo per oneri di urbanizzazione e costo di costruzione e conseguentemente il diritto del privato a pretenderne la restituzione. Con la sentenza in commento il Tar di Catania chiarisce che, allorché il privato rinunci o non utilizzi il permesso di costruire ovvero anche quando sia intervenuta la decadenza del titolo edilizio, sorge in capo alla p.a., anche ex artt. 2033 o, comunque, 2041 c.c., l’obbligo di restituzione delle somme corrisposte a titolo di contributo per oneri di urbanizzazione e costo di costruzione e conseguentemente il diritto del privato a pretenderne la restituzione. In questo senso, si osserva che il contributo concessorio è strettamente connesso all'attività di trasformazione del territorio e quindi, ove tale circostanza non si verifichi, il relativo pagamento risulta privo della causa dell’originaria obbligazione di dare, cosicché l’importo versato va restituito il diritto alla restituzione sorge non solamente nel caso in cui la mancata realizzazione delle opere sia totale, ma anche ove il permesso di costruire sia stato utilizzato solo parzialmente cfr Cons. Stato, sez. V, 2 febbraio 1988 numero 105 Id. , 12 giugno 1995, numero 894 Id. , 23 giugno 2003, numero 3714 Tar Lombardia, Milano, sez. II, 24 marzo 2010, numero 728 e Tar Abruzzo, 15 dicembre 2006, numero 890 . TAR CALABRIA, REGGIO CALABRIA, SEZ. I 8 GENNAIO 2013, N. 9 EDILIZIA ‒ REGOLAMENTI EDILIZI COMUNALI ‒ CONTENUTO. Distanze tra fabbricati e principio di prevenzione. Il termine decadenziale per l'impugnazione di un permesso di costruire decorre dalla piena conoscenza dell'esistenza e dell'entità delle violazioni urbanistiche o del contenuto specifico del progetto edilizio, in modo che si renda palese ed oggettivamente apprezzabile la lesione del bene della vita protetto. Il principio della prevenzione quale risulta dal combinato disposto degli artt. 873 - 877 c.c., secondo cui il proprietario che costruisce per primo ha facoltà di scegliere le distanze dal confine da tenere, condizionando così le scelte edificatorie del proprietario confinante non opera quando gli strumenti urbanistici locali prevedono una distanza minima dal confine. In presenza di una norma regolamentare che prescriva una distanza tra fabbricati con riguardo al confine, si pone l’esigenza di un’equa ripartizione tra proprietari confinanti dell'onere di salvaguardare una zona di distacco tra le costruzioni viceversa, in presenza di una norma che prescrive esclusivamente distanze tra fabbricati, deve trovare applicazione il principio della prevenzione. Nel caso in cui le previsioni regolamentari comunali sulle distanze impongano il rispetto di una distanza assoluta dai confini” potrà escludersi sia la possibilità di costruire sul confine, sia l’operatività del principio civilistico della prevenzione. La sentenza in commento si sofferma sulle distanze da rispettare in caso di attività edificatoria intrapresa nelle vicinanze del confine con la proprietà vicina. In premessa, il Tar di Reggio Calabria chiarisce che il termine decadenziale per l'impugnazione di un permesso di costruire decorre dalla piena conoscenza dell'esistenza e dell'entità delle violazioni urbanistiche o del contenuto specifico del progetto edilizio, in modo che si renda palese ed oggettivamente apprezzabile la lesione del bene della vita protetto così, da ult., Cons. St., IV, 17 settembre 2012, numero 4923 Tar Campania, Salerno, II, 17 ottobre 2012 numero 1868 . Ciò detto, e con specifico riferimento al tema principale, il Collegio rileva che il principio della prevenzione quale risulta dal combinato disposto degli artt. 873 - 877 c.c., secondo cui il proprietario che costruisce per primo ha facoltà di scegliere le distanze dal confine da tenere, condizionando così le scelte edificatorie del proprietario confinante non opera quando gli strumenti urbanistici locali prevedono una distanza minima dal confine. A questo punto, però, il Tar si pone il seguente interrogativo quali disposizioni dello strumento urbanistico comunale sono idonee ad escludere l’operatività del principio di prevenzione, quelle che prescrivono una distanza tra fabbricati con riguardo al confine o quelle che prescrivono esclusivamente le distanze tra fabbricati? In risposta, il Collegio evidenzia che, in presenza di una norma regolamentare che prescriva una distanza tra fabbricati con riguardo al confine, si pone l’esigenza di un’equa ripartizione tra proprietari confinanti dell'onere di salvaguardare una zona di distacco tra le costruzioni viceversa, in presenza di una norma che prescrive esclusivamente distanze tra fabbricati, deve trovare applicazione il principio della prevenzione così Cass., S.U., 1 agosto 2002 numero 11489 . Da tanto deriva quindi che, soltanto nel caso in cui le previsioni regolamentari comunali sulle distanze impongano il rispetto di una distanza assoluta dai confini” potrà escludersi sia la possibilità di costruire sul confine, sia l’operatività del principio civilistico della prevenzione. TAR PUGLIA, LECCE, SEZ. II 8 GENNAIO 2013, N. 26 DEMANIO E BENI PUBBLICI ‒ SERVITÙ PUBBLICHE. Rimozione di cavi telefonici collocati in appoggio su proprietà privata decide il G.O La controversia avente ad oggetto la rimozione di cavi telefonici precedentemente collocati in appoggio su proprietà privata da parte della società Telecom Italia spa esula dal raggio di azione dell’art. 92 del D.Lgs. numero 259/2003 e va devoluta alla cognizione del G.O., non venendo in rilievo, nella fattispecie concreta, la spendita di poteri autoritativi della società stessa concernenti la fase genetica della imposizione della servitù. Con la sentenza in rassegna, resa in materia di imposizione di servitù telefoniche, il Tar di Lecce chiarisce che sussiste la giurisdizione del giudice ordinario in relazione ad una controversia avente ad oggetto l’impugnazione di una nota con la quale Telecom ha subordinato la rimozione di alcuni cavi telefonici posti in appoggio ad una abitazione privata, al pagamento delle spese dell’intervento. A sostegno dell’assunto, il Tar leccese richiama l’art 92, comma 1, del D.Lgs. numero 259/2003, a tenore del quale, Fuori dei casi previsti dall'articolo 91, le servitù occorrenti al passaggio con appoggio dei fili, cavi ed impianti connessi alle opere considerate dall'articolo 90, sul suolo, nel sottosuolo o sull'area soprastante, sono imposte, in mancanza del consenso del proprietario ed anche se costituite su beni demaniali, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, numero 327, e della legge 1° agosto 2002, numero 166”. Dal precetto richiamato il Tar ritiene di dover desumere che, in mancanza di consenso del proprietario, le modalità di costituzione di una servitù di appoggio di cavi telefonici sono quelle previste per l’esercizio della potestà ablatoria della P.a., chiara essendo la natura sostanzialmente espropriativa della servitù in questione e la conseguente necessità che i relativi poteri vengano esercitati, al di fuori della esplicitazione del libero consenso del privato, in forme procedimentalizzate dalla legge, con previsione di un indennizzo per il privato gravato. Si rammenta, poi, che il successivo comma 9 della richiamata disposizione legislativa individuava nelle controversie aventi ad oggetto l’imposizione di servitù di appoggio di cavi una ipotesi ulteriore di giurisdizione esclusiva del G.A. tale disposizione, letta in chiave restrittiva dalla giurisprudenza amministrativa, si ritiene che debba essere intesa nel senso che la giurisdizione esclusiva del G.A. si radica solo quando si tratta del momento genetico, ossia della fase costitutiva della servitù telefonica in argomento, il che si desume del resto, dallo stesso tenore letterale della norma che parla di imposizione della servitù di appoggio”. Esulano quindi da questo ambito tutte le controversie che attengono alla fase di esercizio della servitù e ogni altra controversia che possa insorgere tra gestore dell’impianto e privato gravato vedi Tar Puglia, Lecce, sez II, 18.4.2006, numero 1697 . Così opinando, il Tar conclude nel senso che la controversia avente ad oggetto la rimozione di cavi telefonici precedentemente collocati in appoggio su proprietà privata da parte della società Telecom Italia spa esula dal raggio di azione dell’art. 92 del D.Lgs. numero 259/2003 e va devoluta alla cognizione del G.O., non venendo in rilievo, nella fattispecie concreta, la spendita di poteri autoritativi della società stessa concernenti la fase genetica della imposizione della servitù. TAR SARDEGNA, CAGLIARI, SEZ. II 4 GENNAIO 2013, N. 1 AUTOTUTELA ‒ ANNULLAMENTO D'UFFICIO. Annullamento d’ufficio di un titolo edilizio occorre la comunicazione di avvio del procedimento. La revoca, come anche l’annullamento, d’ufficio di un titolo edilizio richiede la comunicazione di avvio del procedimento di cui all’art. 7 della Legge 241/1990, essendo essa un atto discrezionale suscettibile di ledere posizioni soggettive consolidate. In caso di revoca o di annullamento d’ufficio di un titolo edilizio, non può trovare applicazione l’art. 21‒octies, comma 2, Legge 241/1990, stante la natura discrezionale del potere esercitato dall’amministrazione comunale. La sentenza in rassegna offre un’interessante confronto tra i provvedimenti di annullamento d’ufficio ex art. 21-nonies della L. numero 241/1990 e l’istituto del c.d. vizio non invalidante” di cui all’art. 21-octies, comma 2, L. numero 241/1990 , affrontando in particolare il caso della revoca del permesso di costruire, non preceduta dalla comunicazione all’interessato dell’avvio del procedimento. In argomento, il Tar di Cagliari afferma innanzitutto che, per giurisprudenza pacifica, la revoca, come anche l’annullamento, d’ufficio di un titolo edilizio richiede la comunicazione di avvio del procedimento di cui all’art. 7 della Legge 241/1990, essendo essa un atto discrezionale suscettibile di ledere posizioni soggettive consolidate in senso conforme, TAR Salerno, sez. I, 27 febbraio 2012, numero 391 Cons. Giust. Amm. Sicilia, sez. giurisd., 12 novembre 2008, numero 930 . Ciò detto, il Consesso rileva che nel caso di specie non può trovare applicazione l’art. 21‒octies, comma 2, Legge 241/1990, stante la natura discrezionale del potere esercitato dall’amministrazione comunale. Così decidendo, il Tar di Cagliari sembra escludere in radice che ai provvedimenti di cui all’art. 21-nonies della L. numero 241/1990 sia applicabile la disciplina dei cc.dd. vizi non invalidante”, di cui al precedente art. 21-octies, comma 2, L. numero 241/1990 solo che l’incompatibilità delle suddette discipline viene poggiata unicamente sulla rilevata discrezionalità che accompagna l’emanazione dei provvedimenti ex art. 21-nonies.