RASSEGNA TAR

TAR LAZIO ROMA, SEZ. III QUATER 29 MARZO 2012, N. 3006 CONTRATTI PUBBLICI – AVVALIMENTO. Il divieto di avvalimento parziale non si applica negli appalti diversi da quello di lavori. E’ consentito il ricorso al c.d. avvalimento parziale nel caso di appalti di servizi, posto che il comma 6 dell’art. 49 del D.Lgs. 163/2006, a seguito della modifica introdotta dal D.Lgs. 152/2008, prevede il divieto legale di avvalersi di più imprese ausiliarie per ciascuna categoria di qualificazione solo nell’ipotesi di appalto di lavori. La sentenza in esame ha ribadito il principio secondo il quale non è consentito un utilizzo frazionato” dell’avvalimento in relazione all’affidamento di appalti di lavori. A diversa soluzione si deve invece pervenire qualora si tratti di appalti di servizi, o comunque, di appalti diversi da quelli di lavoro ed infatti, a seguito della contestazione della Commissione europea nota C 2008 0108 del 30.1.2008 secondo cui l’Italia avrebbe optato per un recepimento dell’istituto dell’avvalimento eccessivamente restrittivo, il terzo decreto correttivo D. Lgs. 11.9.2008, n. 152 ha novellato il comma 6 dell’art. 49 del Codice dei contratti pubblici, il quale, nel testo attuale, prevede che solo per i lavori si applica il divieto legale di avvalersi di più imprese ausiliarie per ciascuna categoria di qualificazione. TAR LAZIO ROMA, SEZ. III 29 MARZO 2012, N. 2972 AUTORITÀ PER LA VIGILANZA SUI CONTRATTI PUBBLICI DI LAVORI, SERVIZI E FORNITURE – FUNZIONI. L’annotazione è illegittima se l’AVCP non valuta autonomamente la gravità della falsa dichiarazione. L'esercizio del potere sanzionatorio da parte dell'Autorità deve riguardare, per essere giustificato sul piano della razionalità e della ragionevolezza, un comportamento più grave ed ulteriore rispetto al mancato possesso dei requisiti per la partecipazione alle gare pubbliche. Ne discende che è illegittima l’annotazione ai sensi dell’art. 6 comma 11 D. Lgs. 163/2006 nel caso in cui l’AVCP non abbia autonomamente valutato la falsità della dichiarazione ascritta alla società ricorrente sotto il profilo dell'imputabilità e della gravità. La pronuncia in rassegna si occupa dei presupposti necessari affinché l’AVCP possa validamente disporre l’annotazione ai sensi dell’art. 6 comma 11 del Codice dei Contratti pubblici a carico della concorrente che abbia omesso di dichiarare in sede di gara pubblica una sentenza penale di condanna ai sensi dell’art. 444 c.p.p Com’è noto, la sanzione che l’Autorità ha il potere di comminare nei casi innanzi descritti determina per la dichiarante l’interdizione dalla partecipazione dalle procedure di affidamento di appalti pubblici per un tempo pari ad un anno dall’annotazione. Afferma il Collegio che non è sufficiente ai fini sanzionatori che la concorrente abbia reso dichiarazioni false, richiedendosi al riguardo all’Autorità l’accertamento di un comportamento più grave ed ulteriore rispetto al mancato possesso dei requisiti – che espone già l'operatore economico partecipante alla gara all’esclusione dalla stessa –, nonché un’autonoma valutazione sotto il profilo dell'imputabilità e della gravità della falsità della dichiarazione ascritta alla società ricorrente. Nel quadro dei principi innanzi delineato è stato ritenuto illegittimo il provvedimento dell’annotazione per non aver l’AVCP in alcun modo motivato in ordine all’insussistenza della buona fede che la società ricorrente aveva correttamente invocato a proprio favore per escludere l'imputabilità della falsità accertata, atteso che - il reato non dichiarato ed oggetto di falsa dichiarazione era stato successivamente abrogato e che come chiarito dal Consiglio di Stato sez. V, n. 1795/2011 l'abrogazione della norma incriminatrice fa cessare l'esecuzione e gli effetti penali della condanna e che tale conseguenza favorevole si produce indipendentemente dalla formale pronuncia di revoca della precedente condanna, trattandosi di accertamento con funzione meramente dichiarativa - in ogni caso, nell'ambito del procedimento attivato presso la resistente Autorità, la concorrente sanzionata aveva depositato il provvedimento del GIP con il quale era stata disposta la revoca della sentenza. TAR LAZIO ROMA, SEZ. I QUATER 26 MARZO 2012, N. 2832 EDILIZIA – PERMESSO DI COSTRUIRE. Cambio di destinazione d’uso da residenza a studio privato. Occorre il permesso di costruire? Il cambio di destinazione d'uso in mancanza di opere evidenti non implica necessariamente un mutamento urbanistico-edilizio del territorio comunale e, come tale, non richiede il rilascio di concessione edilizia qualora non sconvolga l'assetto dell'area in cui l'intervento edilizio ricade tuttavia, il mutamento da residenza a studio privato abbisogna di permesso di costruire se si ricade in zona A di PRG. La sentenza in rassegna ha affrontato la questione relativa alla necessità di permesso di costruire per il cambio di destinazione d’uso di un immobile, da abitazione a ufficio privato, qualora non siano state rilevate opere edilizie. Il Collegio ha richiamato copiosa giurisprudenza secondo la quale il semplice cambio di destinazione d'uso, effettuato senza opere evidenti, non implica necessariamente un mutamento urbanistico-edilizio del territorio comunale e, come tale, non richiede il rilascio di concessione edilizia qualora non sconvolga l'assetto dell'area in cui l'intervento edilizio ricade cfr., tra le tante, TAR Lazio, sez. II, 7.10.2005 n. 8002 e TAR Abruzzo, L'Aquila, sez. I, 2.4.2009 n. 236 . Tuttavia, tale soluzione non si appresta a trovare applicazione qualora, come nella fattispecie in esame, si ricada in zona A di PRG di talché, il mutamento da residenza a studio privato abbisogna di permesso a costruire. TAR SICILIA CATANIA, SEZ. IV 26 MARZO 2012, N. 839 CONTRATTI PUBBLICI - INEFFICACIA DEL CONTRATTO IN CASI DI VIOLAZIONI NON GRAVI - STRUMENTI DI TUTELA. Il Giudice decide la sorte del contratto alla luce degli elementi di cui all’art. 122 c.p.a Va dichiarato inefficace il contratto secondo la valutazione del Giudice ai sensi dell’art. 122 c.p.a. se per l’impresa subentrante è conveniente ultimare i lavori da un punto di vista economico ed ai fini del proprio curriculum d’impresa e se dagli atti di causa risulta ormai in modo certo e definitivo che l’aggiudicazione in favore dell’impresa caducata è stata annullata. Con la pronuncia in esame, la sezione catanese del Tar Sicilia ha affrontato una serie di questioni inerenti alla complessa tematica dell’inefficacia del contratto qualora nel corso dell’esecuzione dei lavori intervenga l’annullamento in sede giurisdizionale dell’aggiudicazione. Il Collegio ha ritenuto nel caso di specie non fondata la domanda dell’aggiudicataria del contratto caducato affinché fosse accertato il proprio diritto ad ultimare i lavori previa declaratoria di efficacia del contratto medesimo. Sotto un primo profilo, è stato osservato che nei casi di violazioni non gravi”, l’art. 122 c.p.a. attribuisce al giudice il potere di decidere se dichiarare oppure no inefficace il contratto, in base ad una serie di parametri che, seppure oggettivi, sono però da combinare in vario modo tra loro, in relazione alle specifiche e variabili caratteristiche della situazione di fatto di volta in volta in esame, ovvero - gli interessi delle parti - l’effettiva possibilità per il ricorrente di conseguire l’aggiudicazione alla luce dei vizi riscontrati - lo stato di esecuzione del contratto e dalla correlata possibilità di subentrare nel contratto, sempreché il vizio dell’aggiudicazione non comporti invece il mero obbligo di rinnovare la gara, e la domanda di subentrare sia stata proposta. Tanto detto, l’inefficacia del contratto va dichiarata nel caso in cui l’aggiudicazione primitiva risulti annullata e l’impresa subentrante prevalga in sede contenziosa, in specie qualora quest’ultima possa subentrare nell’esecuzione della quota parte dei lavori residui pari al 27% dell’intero, per un importo complessivo ad € 1.081.611,67, anche ai fini dell’arricchimento del proprio punteggio curriculare. Sotto altro aspetto, il Collegio ha precisato che l’ulteriore accertamento in sede di CTU dei maggiori costi per la stazione appaltante nel caso in cui i lavori vengano affidati ad altra concorrente piuttosto che vengano proseguiti della precedente aggiudicataria non può giustificare la permanenza dell’efficacia del contratto, a maggior ragione qualora tale differenza sia di poco superiore ai 5.000 Euro. Ed infatti, la disciplina pur richiamata dalla ricorrente e contenuta nell’art. 121, comma 2, del Codice del processo amministrativo – sebbene non applicabile nel processo de quo perché riguardante le soli violazioni gravi” – prevede che - gli interessi economici possono essere presi in considerazione come esigenze imperative, che rendono doveroso il mantenimento degli effetti del contratto, solo in circostanze eccezionali in cui l'inefficacia del contratto conduce a conseguenze sproporzionate, avuto anche riguardo all'eventuale mancata proposizione della domanda di subentro nel contratto nei casi in cui il vizio dell'aggiudicazione non comporta l'obbligo di rinnovare la gara - non costituiscono esigenze imperative gli interessi economici legati direttamente al contratto, che comprendono fra l'altro i costi derivanti dal ritardo nell'esecuzione del contratto stesso, dalla necessità di indire una nuova procedura di aggiudicazione, dal cambio dell'operatore economico e dagli obblighi di legge risultanti dalla dichiarazione di inefficacia. In ultimo, conclude il Tar etneo, va però dichiarata fondata la domanda dell’impresa caducata laddove è chiesto l’annullamento del provvedimento della stazione appaltante che intende agire per la ripetizione dell’utile d’impresa percepito in virtù della illegittima aggiudicazione e limitare le somme dovute alla stessa quale esecutore dei lavori privo di titolo nei limiti di quanto dispone l’art. 936 c.c.”. Ed infatti, tale questione assume rilevanza concreta solo se il contratto è dichiarato inefficace anche o solo per la parte di lavori già eseguiti, il che viene escluso nella specie dal Collegio conseguentemente, per questa e per analoghe ipotesi, il compenso previsto va certamente corrisposto per la parte di lavori eseguiti.