RASSEGNA DEL CONSIGLIO DI STATO di Daniele Giannini

di Daniele Giannini SEZ. VI 5 SETTEMBRE 2011, N. 5002 RISARCIMENTO DEL DANNO. Revoca della gara di appalto - Responsabilità precontrattuale. Il riconoscimento della legittimità della revoca di una gara d'appalto non contraddice l'eventualità di un risarcimento per responsabilità precontrattuale, ma ne fonda anzi la condizione imprescindibile giacché, in caso di illegittimità della revoca e quindi del suo annullamento, si imporrebbe la ripresa della gara, ovvero il risarcimento per equivalente anche in relazione al mancato utile relativo alla specifica gara revocata . Nel caso di revoca legittima degli atti della procedura di gara, può sussistere una responsabilità precontrattuale della pubblica amministrazione nel caso di affidamenti suscitati nella impresa dagli atti della procedura ad evidenza pubblica poi rimossi, potendo aver confidato l'impresa sulla possibilità di diventare affidataria e, ancor più, in caso di aggiudicazione intervenuta e revocata, sulla disponibilità di un titolo che l'abilitava ad accedere alla stipula del contratto stesso. Il comportamento tenuto dall'Amministrazione fonda la responsabilità ex art. 1337 Cod. civ. ove risulti contrastante con le regole di correttezza e di buona fede, e ove tale comportamento abbia ingenerato un danno in chi ha incolpevolmente fatto affidamento nella legittimità dell'azione della stazione appaltante. In tal caso il risarcimento riguarda il solo interesse negativo spese inutilmente sostenute in previsione della conclusione del contratto e perdite sofferte per non aver usufruito di ulteriori occasioni contrattuali , mentre non è risarcibile il mancato utile relativo alla specifica gara d'appalto revocata, invece da considerare in caso di revoca illegittima. Nel quadro di una procedura ad evidenza pubblica, i doveri di correttezza e buona fede di cui è espressione l'art. 1337 Cod. civ si traducono in primo luogo nell'obbligo di rendere al partecipante alla gara in modo tempestivo le informazioni necessarie a salvaguardare la sua posizione, su eventi, o sulla rinnovata valutazione dell'interesse pubblico alla gara che possano far ipotizzare fondatamente la revoca dei relativi atti, in modo da impedire che si consolidi un pericoloso affidamento sulla, invece incerta, conclusione del procedimento affidamento che deve ritenersi tanto più formato quanto più è avanzato il procedimento di gara. SEZ. V 1 SETTEMBRE 2011, N. 4905 ACCESSO. Accesso agli atti di gara - Prima dell'aggiudicazione non si può accedere agli atti relativi alla verifica delle offerte anomale. L'accesso agli atti di una gara pubblica, pur se detti atti sono stati presentati dallo stesso ricorrente, non può, fino al momento dell'aggiudicazione, estendersi al contenuto delle valutazioni della Commissione in ordine alla verifica delle anomalie. La sentenza in rassegna si sofferma sull'accesso agli di gara, interrogandosi sulla legittimità, o meno, del differimento dell'accesso agli atti di gara nel caso di istanza ostensiva riguardante gli atti del subprocedimento di verifica delle offerte anomale. In argomento, il Consiglio rammenta che l'art 13 del D.Lgs numero 163/06, al co. 2, prevede specifiche ipotesi di differimento dell'accesso. In particolare - alla lett. c , in relazione alle offerte, dispone il differimento fino all'approvazione dell'aggiudicazione - alla lett c -bis, in relazione alla verifica di anomalia dell'offerta, dispone il differimento fino all'aggiudicazione definitiva lett. aggiunta dall'art. 2 del D.Lgs. numero 152/08 . Il co. 3 del cit. art. 13 prevede, inoltre, che gli atti di cui al co. 2, fino ai termini ivi previsti non possono essere comunicati a terzi o resi in qualsiasi altro modo noti . Interpretando il quadro normativo, il Collegio afferma che le citate previsioni risultano avere un contenuto precettivo generale e non derogabile, come si deduce anche dal fatto che il cit. art 13, al co. 3, dispone che gli atti richiamati non possono essere resi in qualsiasi altro modo noti , mentre le possibilità di deroga alle prescrizioni in esso contenute v. co. 6 in riferimento al co. 5, lett. a e b sono specificamente individuate. Del resto, si osserva che le disposizioni trovano logica giustificazione nell'esigenza che la Commissione proceda alla valutazione delle offerte senza possibili turbative, che potrebbero derivare dalla conoscenza, all'esterno, delle valutazioni adottate prima della conclusione del procedimento il differimento, poi, non comprime la tutela degli interessati, perché riguarda atti endoprocedimentali, non autonomamente impugnabili. Così opinando, il Consiglio conclude nel senso che l'accesso agli atti, pur se presentati dallo stesso ricorrente, non può, fino al momento dell'aggiudicazione, estendersi al contenuto delle valutazioni della Commissione in ordine alla verifica delle anomalie. SEZ. V 1 SETTEMBRE 2011, N. 4895 PROCESSO AMMINISTRATIVO DI PRIMO GRADO. Termini e forme speciali di notificazione ? Decorrenza. Ai fini della piena conoscenza di un provvedimento lesivo non è necessario che esso sia conosciuto nella sua integralità ma è sufficiente la concreta percezione dei suoi elementi essenziali, posto che la completa successiva cognizione di tutti gli aspetti del provvedimento o del procedimento può consentire la proposizione di motivi aggiunti. La pronuncia in rassegna si sofferma sulla decorrenza del termine per l'impugnazione, affrontando in particolare il tema della ricevibilità, o meno, di un ricorso in materia di gare di appalto proposto dopo 40 giorni dalla comunicazione dell'aggiudicazione. Con riferimento al primo tema, il Consiglio di Stato rileva che, secondo un preciso indirizzo giurisprudenziale, ai fini della piena conoscenza di un provvedimento lesivo non è necessario che esso sia conosciuto nella sua integralità ma è sufficiente la concreta percezione dei suoi elementi essenziali, posto che la completa successiva cognizione di tutti gli aspetti del provvedimento o del procedimento può consentire la proposizione di motivi aggiunti cfr., fra le tante, Cons. St., sez. V, numero 138 del 2008 . Ciò posto, e con particolare riferimento alle impugnazioni in materia di gare pubbliche, il Consiglio rileva che il citato indirizzo interpretativo è stato fatto proprio dall'art. 120, co. 5, c.p.a. che ha imposto alla parte ricorrente di impugnare gli atti delle gare di appalto nel termine perentorio di trenta giorni .decorrente dalla ricezione della comunicazione di cui all'articolo 79 del decreto legislativo 12 aprile 2006, numero 163 . . Pertanto, si osserva che la comunicazione prevista dall'art. 79, co. 5 bis cit., rappresenta la condizione sufficiente per realizzare la conoscenza piena del provvedimento lesivo idonea a far decorrere il termine decadenziale, a nulla rilevando che la parte interessata ignori i documenti interni del procedimento. Peraltro, il Collegio evidenzia che nel nuovo sistema di contenzioso sui pubblici appalti introdotto dal d.lgs. numero 53 del 2010, ancorato ai termini dilatori per la stipulazione del contratto e all'esigenza di una celere definizione della lite, acquista particolare importanza la tempestiva e completa conoscenza o conoscibilità degli atti di gara in vista dell'attivazione degli strumenti precontenziosi e contenziosi in particolare, è stato prescritto che l'accesso agli atti del procedimento è consentito entro dieci giorni dall'invio della comunicazione del provvedimento di aggiudicazione questo implica che è stabilito per legge il termine per l'accesso, a prescindere da un'istanza di parte e dalla necessità di un provvedimento dell'amministrazione di accoglimento dell'istanza lo scopo è evidentemente acceleratorio gli interessati potranno visionare gli atti nel termine legale, e pertanto è dalla scadenza di tale termine che decorre il diverso termine per impugnare o proporre motivi aggiunti. SEZ. IV 29 AGOSTO 2011, N. 4833 ESPROPRIAZIONE. Acquisizione sanante - Espropriazione illegittima la soluzione del C.d.S. prima dell'emanazione dell'art. 42-bis T.U.Espr. In caso di espropriazione illegittima, l'intervenuta realizzazione dell'opera pubblica non fa venire meno l'obbligo dell'amministrazione di restituire al privato il bene illegittimamente appreso e ciò perché la costruzione dell'opera pubblica e l'irreversibile trasformazione non determinano effetti preclusivi o limitativi della tutela in forma specifica del privato. La realizzazione dell'opera pubblica sul fondo illegittimamente occupato è in sé un mero fatto, non in grado di assurgere a titolo dell'acquisto, come tale inidoneo a determinare il trasferimento della proprietà, per cui solo il formale atto di acquisizione dell'amministrazione può essere in grado di limitare il diritto alla restituzione, non potendo rinvenirsi atti estintivi rinunziativi o abdicativi, che dir si voglia della proprietà in altri comportamenti, fatti o contegni. In caso di occupazione illegittima, il risarcimento del danno deve operare in relazione alla illegittima occupazione del bene illecito permanente , e deve pertanto coprire le voci di danno da questa azione derivanti, dal momento del suo perfezionamento fino alla giuridica regolarizzazione della fattispecie.