RASSEGNA DEL CONSIGLIO DI STATO di Daniele Giannini

di Daniele Giannini AD. PLEN. 23 MARZO 2011, N. 3 RISARCIMENTO DEL DANNO. Rapporto con la pregiudiziale amministrativa. La disciplina recata dal nuovo Codice del processo amministrativo in specie, dagli artt. 30, commi 1 e 3, e 34, commi 2 e 3 consacra, in termini netti, la reciproca autonomia processuale tra la tutela caducatoria e quella risarcitoria, con l'affrancazione del modello risarcitorio dalla logica della necessaria ancillarità e sussidiarietà rispetto al paradigma caducatorio. Nel nuovo quadro normativo disegnato dal Codice del processo amministrativo, sensibile all'esigenza di una piena protezione dell'interesse legittimo come posizione sostanziale correlata ad un bene della vita, risulta coerente che la domanda risarcitoria, ove si limiti alla richiesta di ristoro patrimoniale senza mirare alla cancellazione degli effetti prodotti del provvedimento, sia proponibile in via autonoma rispetto all'azione impugnatoria e non si atteggi più a semplice corollario di detto ultimo rimedio secondo una logica gerarchica che il codice del processo ha con chiarezza superato. La disciplina recata dal nuovo Codice del processo amministrativo in specie, dagli artt. 30, comma 3, e 124 , pur negando la sussistenza di una pregiudizialità di rito, dimostra di apprezzare, sul versante sostanziale, la rilevanza eziologica dell'omessa impugnazione come fatto valutabile al fine di escludere la risarcibilità dei danni che, secondo un giudizio causale di tipo ipotetico, sarebbero stati presumibilmente evitati in caso di tempestiva reazione processuale nei confronti del provvedimento potenzialmente dannoso. Peraltro, l'ipotetica incidenza eziologica non è propria soltanto della mancata impugnazione del provvedimento dannoso, ma riguarda anche l'omessa attivazione di altri rimedi potenzialmente idonei ad evitare il danno, quali la via dei ricorsi amministrativi e l'assunzione di atti di iniziativa finalizzati alla stimolazione dell' autotutela amministrativa cd. invito all'autotutela . Sebbene la disciplina recata dal nuovo Codice del processo amministrativo non sia applicabile ad una fattispecie ed ad un giudizio risalenti ad epoca anteriore al 16 settembre 2010, i principi che da questa si evincono in specie con riferimento all'assenza di una stretta pregiudiziale processuale ed all'operatività di una connessione sostanziale di tipo causale tra rimedio impugnatorio e azione risarcitoria , essendo ricavabili anche dal quadro normativo vigente prima dell'entrata in vigore del codice, sono applicabili anche ai fini della soluzione di questioni precedenti all'emanazione del c.p.a Allorquando innanzi al G.A. venga domandato il risarcimento del danno senza la preventiva impugnazione del provvedimento ritenuto illegittimo e dannoso, lo stesso G.A. è chiamato a svolgere un'analisi dei rapporti sostanziali non tanto sul piano dell'ingiustizia del danno ma su quello della causalità detta indagine, infatti, consente in modo più appropriato di introdurre il necessario temperamento all'autonomia processuale delle tutele, cogliendo la dipendenza sostanziale, come fatto da apprezzare in concreto, tra rimedio impugnatorio e azione risarcitoria. Allorquando innanzi al G.A. venga domandato il risarcimento del danno senza la preventiva impugnazione del provvedimento ritenuto illegittimo e dannoso, lo stesso G.A. è chiamato a verificare se nel novero dei comportamenti esigibili dal destinatario di un provvedimento lesivo sia sussumibile, ai sensi dell'art. 1227, comma 2, c.c., anche la formulazione, nel termine di decadenza, della domanda di annullamento, quante volte l'utilizzazione tempestiva di siffatto rimedio sarebbe stata idonea, secondo il ricordato paradigma della causalità ipotetica basata sul giudizio probabilistico, ad evitare, in tutto o in parte, il pregiudizio. L'obbligo di cooperazione di cui al comma 2 dell'art. 1227 ha fondamento nel canone di buona fede ex art. 1175 c.c. e, quindi, nel principio costituzionale di solidarietà da ciò deriva che anche le scelte processuali di tipo omissivo possono costituire in astratto comportamenti apprezzabili ai fini della esclusione o della mitigazione del danno laddove si appuri, alla stregua del giudizio di causalità ipotetica, che le condotte attive trascurate non avrebbero implicato un sacrificio significativo ed avrebbero verosimilmente inciso, in senso preclusivo o limitativo, sul perimetro del danno. La mancata impugnazione di un provvedimento amministrativo può essere ritenuta un comportamento contrario a buona fede nell'ipotesi in cui si appuri che una tempestiva reazione avrebbe evitato o mitigato il danno. La scelta di non avvalersi della forma di tutela specifica e non comparativamente complessa che, grazie anche alle misure cautelari previste dall'ordinamento processuale, avrebbe plausibilmente ossia più probabilmente che non evitato, in tutto o in parte il danno, integra violazione dell'obbligo di cooperazione, che spezza il nesso causale e, per l'effetto, impedisce il risarcimento del danno evitabile. Detta omissione, apprezzata congiuntamente alla successiva proposizione di una domanda tesa al risarcimento di un danno che la tempestiva azione di annullamento avrebbe scongiurato, rende configurabile un comportamento complessivo di tipo opportunistico che viola il canone della buona fede e, quindi, in forza del principio di auto-responsabilità cristallizzato dall'art. 1227, comma 2, c.c., implica la non risarcibilità del danno evitabile. A diversa conclusione si deve invece pervenire laddove la decisione di non fare leva sullo strumento impugnatorio sia frutto di un'opzione discrezionale ragionevole e non sindacabile in quanto l'interesse all'annullamento oggettivamente non esista, sia venuto meno e, in generale, non sia adeguatamente suscettibile di soddisfazione. SEZ. V 21 MARZO 2011 N. 1739 RISARCIMENTO DEL DANNO. Danno da ritardo e da silenzio. Il tempo quale bene della vita. Alla luce dell'art. 117, comma 6, del c.p.a., deve ritenersi ammissibile la domanda di risarcimento proposta unitamente al ricorso avverso il silenzio. È certamente ammissibile la domanda con cui il privato invoca la tutela risarcitoria per i danni conseguenti al ritardo con cui l'amministrazione ha adottato un provvedimento a lui favorevole, ma emanato appunto con ritardo rispetto al termine previsto per quel determinato procedimento. Il ritardo procedimentale determina un ritardo nell'attribuzione del c.d. bene della vita anche il tempo, infatti, è un bene della vita per il cittadino, sicchè il ritardo nella conclusione di un qualunque procedimento è sempre un costo, dal momento che il fattore tempo costituisce una essenziale variabile nella predisposizione e nell'attuazione di piani finanziari relativi a qualsiasi intervento, condizionandone la relativa convenienza economica. Ogni cittadino e ogni impresa hanno diritto ad avere risposta dalle amministrazioni alle proprie istanze nel termine normativamente determinato, e ciò proprio al fine di programmare le proprie attività e i propri investimenti un inatteso ritardo da parte della p.a. nel fornire una risposta può condizionare la convenienza economica di determinati investimenti, senza però che tali successive scelte possano incidere sulla risarcibilità di un danno già verificatosi. Per ogni ipotesi di responsabilità della p.a. per i danni causati per l'illegittimo esercizio o, come nel caso di specie, mancato esercizio dell'attività amministrativa, spetta al ricorrente fornire in modo rigoroso la prova dell'esistenza del danno, non potendosi invocare il c.d. principio acquisitivo perché tale principio attiene allo svolgimento dell'istruttoria e non all'allegazione dei fatti se anche può ammettersi il ricorso alle presunzioni semplici ex art. 2729 c.c. per fornire la prova del danno subito e della sua entità, è comunque ineludibile l'obbligo di allegare circostanze di fatto precise sicchè, quando il soggetto onerato della allegazione e della prova dei fatti non vi adempie, non può darsi ingresso alla valutazione equitativa del danno ex art. 1226 c.c., perché tale norma presuppone l'impossibilità di provare l'ammontare preciso del pregiudizio subito, nè può essere invocata una consulenza tecnica d'ufficio, diretta a supplire al mancato assolvimento dell'onere probatorio da parte del privato. SEZ. VI 18 MARZO 2011, N. 1672 RISARCIMENTO DEL DANNO. Danno da ritardo e da silenzio. Onere della prova. In tema di responsabilità della pubblica amministrazione da ritardo o da attività provvedimentale lesiva di interessi legittimi pretensivi, il ricorrente ha l'onere di provare la sussistenza e l'ammontare dei danni dedotti in giudizio. In tema di responsabilità della pubblica amministrazione da ritardo o da attività provvedimentale lesiva di interessi legittimi pretensivi, sebbene la prova dell'an e del quantum dei danni possa essere fornita anche in via presuntiva, la stessa deve pur sempre fondarsi su circostanze di fatto concrete e certe, integranti un quadro indiziario connotato da elementi plurimi, precisi e concordanti, che consentano di risalire, in via inferenziale e secondo un criterio di ragionevolezza e di normalità, al fatto ignoto costituente l'oggetto principale di prova. SEZ. III 11 MARZO 2011, N. 1570 OTTEMPERANZA. Aggiudicazione illegittima - Adempimento della PA al giudicato del GA. È ammissibile in sede di ottemperanza la domanda diretta alla attuazione del giudicato di annullamento di una procedura di gara, da realizzare mediante il rinnovo del procedimento e l'accertamento della assenza di effetti del contratto medio tempore sottoscritto dall'amministrazione con la società originariamente aggiudicatrice. Nel caso in cui un giudizio di annullamento di una procedura di evidenza pubblica si sia concluso prima dell'emanazione del D.Lgs. n. 53/2010 e senza che il G.A. abbia preso posizione sulla sorte del contratto medio tempore stipulato, è ammissibile che, in via incidentale, il giudice amministrativo dell'ottemperanza conosca della sorte del contratto e accerti, quindi, l'inefficacia del contratto stesso ciò allo scopo di individuare le misure attuative del giudicato, ritenute più opportune per la realizzazione dell'interesse del ricorrente che abbia ottenuto l'annullamento della aggiudicazione.