RASSEGNA DELLE SEZIONI PENALI DELLA CASSAZIONE

SEZIONI UNITE 29 SETTEMBRE 2020, N. 27104/20 RICORRENTE C. MISURE CAUTELARI PERSONALI. Tribunale del riesame Giudizio di rinvio Decorrenza del termine di dieci giorni per la decisione. Nel giudizio di rinvio a seguito di annullamento di ordinanza che abbia disposto o confermato la misura cautelare personale, il procedimento di riesame si svolge seguendo le stesse cadenze temporali e con le stesse sanzioni processuali previste dall'art. 309, commi 5 e 10, cod. proc. pen., con inizio di decorrenza dei relativi termini dal momento in cui gli atti trasmessi dalla Corte di cassazione pervengono alla cancelleria del tribunale del riesame. La pronunzia, nel solco dell’orientamento maggioritario, chiarisce che nel procedimento di impugnazione in materia cautelare, il giudizio in sede di rinvio è condotto in base agli stessi criteri valutativi propri del giudizio ordinario, che presuppongono un pieno esame del materiale probatorio disponibile al momento in cui il giudizio si svolge, coerentemente con la costante aderenza alla situazione di fatto che è nella natura di tale procedimento. E' pertanto conforme a logica giuridica che, anche sul piano procedurale, il giudizio di rinvio si svolga secondo la stessa sequenza prevista per il giudizio ordinario dall'att. 309 cod. proc. pen. Ne deriva che, essendo parte integrante di detta sequenza l'avviso all’autorità procedente perché la stessa trasmetta al tribunale gli atti presentati a sostegno della richiesta di applicazione della misura cautelare e quelli eventualmente sopravvenuti a favore della persona sottoposta alle indagini, previsto dal comma 5 dell’art. 309, tale passaggio procedurale deve essere seguito anche nel giudizio di rinvio conclusione, questa, peraltro rafforzata dal fatto che questo incombente è specificamente funzionale ad assicurare la disponibilità di tutto il materiale utile per la decisione in materia cautelare. Ne segue altresì che la ricezione di questi atti segna anche in sede di rinvio, come previsto dal comma 10 dell’art. 309 per il giudizio ordinario, la decorrenza del termine per la decisione e che è pertanto a questa ricezione, e non a quella degli atti trasmessi dalla Corte di cassazione, che il comma 5 bis dell'art. 311 fa riferimento. QUARTA SEZIONE 1° OTTOBRE 2020, N. 27239/20 RICORRENTE P.C. in proc. V. ed altro IMPUGNAZIONI. Rigetto dell’impugnazione della Parte civile Condanna integrale alle spese processuali, anche in caso di impugnazione del Pubblico Ministero. In tema di condanna alle spese nei giudizi di impugnazione, il giudice ha l’obbligo di condannare la parte civile al pagamento delle spese del processo, nel caso in cui l'impugnazione da questa proposta contro la sentenza di assoluzione dell'imputato non sia stata accolta, anche quando sia stata proposta e disattesa analoga impugnazione del P.M. Né rileva dalla richiesta di quale parte im¬pugnante le spese siano derivate nella specie le spese della perizia richiesta dall’appellante P.M. . La pronunzia ha ritenuto di non condividere l’indirizzo, minoritario, secondo cui l'abrogazione, per effetto dell'art. 67 della legge n. 69 del 2009, del vincolo di solidarietà fra coimputati nell'obbligo di pagamento delle spese processuali, ha determinato, specularmente, il venir meno della ragione di mantenere l'obbligo di pagamento integrale delle spese a carico della parte civile nel caso di contemporanea soccombenza da parte del P.M. nell'impugnazione. Contra, Prima Sezione, n. 2750/17, CED 269409. SEZIONI UNITE 1° OTTOBRE 2020, N. 27326/20 RICORRENTE C. REATI CONTRO LA PERSONA. Violenza sessuale Abuso di autorità Concetto. L'abuso di autorità cui si riferisce l'art. 609 bis , comma primo, cod. pen. presuppone una posizione di preminenza, anche di fatto e di natura privata, che l’agente strumentalizza per costringere il soggetto passivo a compiere o subire atti sessuali. Invero, la collocazione del delitto di violenza sessuale tra quelli contro la libertà personale e la pacifica natura di reato comune rendono evidente l'intenzione del legislatore di ampliare l'ambito di operatività della fattispecie. Del resto, quando la legge ha inteso riferirsi a soggetti che rivestono una posizione autoritativa formale, lo ha fatto espressamente, come nel caso dell'art. 608 cod. pen., concernente l'abuso di autorità contro arrestati o detenuti, mentre in altre disposizioni il concetto di autorità è inteso in senso ampio, pacificamente comprensivo di posizioni di preminenza non necessariamente di derivazione pubblicistica, come, ad esempio, nel caso dell'art. 61, n. 11 c.p Tale interpretazione è coerente con la esigenza di massima tutela della libertà sessuale della persona che la legge persegue e rende collocabili nella fattispecie astratta di cui al primo comma dell'art. 609 bis c.p. anche situazioni che, altrimenti, ne resterebbero escluse, quali quelle derivanti da rapporti di natura privatistica o di mero fatto, come, ad esempio, nel caso dei rapporti di lavoro dipendente anche irregolare , ovvero di situazioni di supremazia riscontrabili in ambito sportivo, religioso, professionale ed all'Interno di determinate comunità, associazioni o gruppi di individui. La pronunzia chiarisce che la sussistenza oggettiva del rapporto autoritario così come individuato, deve essere inequivocabilmente dimostrata. In particolare, per la configurabilità del reato in esame occorre dimostrare non soltanto l'esistenza di un rapporto di autorità tra autore del reato e vittima diverso dalla mera costrizione fisica e dalle ipotesi di minaccia ed induzione, ma anche che di tale posizione di supremazia l'agente abbia abusato al fine di costringere la persona offesa a compiere o subire un atto sessuale al quale non avrebbe in altro contesto consentito, dovendosi dunque escludere la possibilità di desumere la costruzione in via meramente presuntiva sulla base della posizione autoritativa del soggetto agente. Quanto in precedenza rilevato consente, infine, di ritenere rilevante, per la configurabilità del reato, la valenza coercitiva dell'abuso di autorità tanto nel caso in cui la posizione di preminenza dell'agente sia venuta meno, permanendo tuttavia una condizione di soggezione psicologica derivante dall'autorità da questi già esercitata, quanto in quello di relazione di dipendenza indiretta tra autore e vittima del reato, quando il primo, abusando della sua autorità, concorre con un terzo che compie l'atto sessuale non voluto dalla persona offesa. SECONDA SEZIONE 2 OTTOBRE 2020, N. 27432/20 RICORRENTE I. REATO. Circostanza attenuante di cui all’art. 62 n. 4 c.p. – Incompatibilità con il delitto di indebito utilizzo di carte di credito. Il reato di indebito utilizzo di carte di credito è incompatibile con l'attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità, in quanto inteso a salvaguardare, oltre che la fede pubblica, l'interesse pubblico fondamentale a che il sistema elettronico di pagamento sia sempre utilizzato in modo corretto, sicché l'evento dannoso o pericoloso non può dirsi connotato da ridotto grado di offensività e disvalore sociale. La pronunzia esprime un indirizzo consolidato che, a ben vedere, sembra in contrasto con quanto stabilito dalla recentissima sentenza delle Sezioni unite, n. 24990/20, che pronunziandosi con riferimento a delitti in materia di stupefacenti, ha affermato il principio che l’attenuante in questione è astrattamente applicabile, indipendentemente dalla natura giuridica del bene oggetto di tutela, ad ogni tipo di delitto commesso per un motivo di lucro. TERZA SEZIONE 8 OTTOBREE 2020, N. 27990/20 RICORRENTE S. GIUDIZIO. Periti Incompatibilità Cause. E’ pienamente legittimo che il giudice d'appello, nell'esercitare il proprio potere officioso di integrazione probatoria, dia incarico del supplemento di perizia agli stessi periti incaricati dal giudice di prime cure, non ravvisandosi alcuna ipotesi di incompatibilità. Del resto, non costituisce causa di incompatibilità del perito, ai fini del conferimento di un nuovo incarico nel medesimo procedimento penale, neanche l'espletamento di una perizia dichiarata nulla. Al perito si applicano, invero, i casi di incompatibilità previsti dall'art. 222 c.p.p. e non già le cause di incompatibilità previste per il giudice dall'art. 34 c.p.p., per cui tale circostanza non può costituire motivo di ricusazione. Conforme, tra le altre, Sesta Sezione, n. 43797/12, CED 253814